Chi a Washington visitasse l’imponente “Library of Congress” incontrerebbe al piano terreno la “George and Ira Gershwin Room”, una sala che dal 1998 ospita il pianoforte, la scrivania di George, la macchina da scrivere di Ira, i contratti, le partiture, i testi, le lettere di questi due fratelli (figli di ebrei russi immigrati negli USA) che espressero in musica lo spirito dell’America dei primi anni ’30 del Novecento.

Era l’epoca del boom economico, del proibizionismo all’alcool, del jazz emigrato da New Orleans a Chicago, della Grande Depressione dopo la crisi del 1929, del New Deal. George Gershwin interpretò il crogiuolo di etnie diverse che riempivano le strade di New York, componendo musiche totalmente americane perché provenienti dall’America più genuina e profonda.

Fra i soggetti che lo ispirarono il testo scritto da Du Bose e Dorothy Heyward, intitolato “Porgy” raccontava la storia di un mendicante storpio innamorato di una ragazza, Bess di facili costumi, incerta fra l’amore sincero di Porgy e quello possessivo e violento di Crown. L’ambiente una località portuale presso Charleston (South Carolina), abitata da una comunità di negri discendenti dagli schiavi sfruttati nei campi di cotone.

Nell’opera “Porgy and Bess” rappresentata per la prima volta il 30 settembre 1935 a Boston e poi per 124 volte a New York, e nel 1954 a Venezia e nel 1955 a Torino, con la regia del famoso cineasta Ruben Mamoulian, la vicenda amorosa della giovane Bess – che richiama alla memoria la storia dell’immortale Carmen – si sviluppa tra la folla di negri, dediti alla pesca e immersi in una serie di superstiziose invocazioni a Gesù. Così sfilano sul palcoscenico anziane donne obese, venditori ambulanti, trafficanti di droga, poliziotti bianchi, personaggi tipici dalla pelle nera e dall’istinto di danzare e cantare le musiche popolari degli “spirituals” e dei “folksongs” (famosa “Summertime”).

Autore della celebre “Rapsodia in blue”, Gershwin ebbe il merito di introdurre sulla scena dei più importanti teatri lirici americani e poi di quelli di tutto il mondo una musica nuova, tra jazz e melodie popolari, legate ad antiche tradizioni e superstizioni, al dinamismo dei personaggi e alla tematica sentimentale.

In sintesi la vicenda, divisa in tre atti, racconta la vita nel cortile di un caseggiato popolare, l’omicidio commesso dal violento Crown. Lo storpio Porgy ha trovato la felicità con la bella Bess, ma Crown desidera la donna come una sua proprietà, la ghermisce e la possiede. Porgy sa quanto è accaduto a Bess e la perdona, ottenendo una promessa di amore. Ma quando sopraggiunge Crown, Bess è di nuovo in pericolo. Stavolta Porgy da una finestra del cortile allunga un coltello ed uccide Crown. Il mattino successivo la polizia conduce Porgy al riconoscimento del cadavere, ma lui rifiuta e resta in carcere qualche giorno.

Nel frattempo lo spacciatore Sporting Life approfitta dell’assenza di Porgy per circuire Bess sollecitandola a seguirlo a New York e ivi fare la bella vita. La donna, allettata dall’uso di qualche droga, si lascia incantare e lo segue. Quando Porgy, liberato, torna nel cortile cerca invano Bess. I residenti lo informano ed allora lui, follemente parte, trascinandosi in ginocchio su un carretto, alla volta di New York per ritrovare l’amore fuggito, accompagnato dalle preghiere e dalle parole di speranza della gente del cortile.

Lo spettacolo, in scena dal 2 al 7 luglio, con l’interpretazione della Compagnia “New York Harlem Theatre” composta da attori di colore, la direzione artistica di William Barkhymer e la regia di Baayork Lee, ha ottenuto un meritato successo per la drammaturgia del soggetto, la originalità delle musiche e la eccellente prestazione degli attori.

Intanto il Teatro Regio ha già annunciato il programma della prossima stagione 2019/20, che comprende le opere “I pescatori di perle”, “Tosca”, “La bisbetica domata”, “Fuego”, “Carmen”, “Il flauto magico”, “Nabucco”, “La Boheme”, “La dannazione di Faust”, “Don Pasquale”, “Simon Boccanegra”, “Il Barbiere di Siviglia”, “My fair lady”, ecc.

Bruno Segre

Foto della Fondazione Teatro Regio di Torino

Bruno Segre

Avvocato e giornalista. Fondatore nel 1949 de L'Incontro

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