Pechino

“Le case vengono costruite per essere abitate”. I leader cinesi ci paiono talvolta scontati, memorabile fu il gatto bianco o nero di Deng Xiaoping, ma sbagliamo. Il Presidente Xi Jinping continua a tuonare contro la speculazione immobiliare. Il Governo ha preso provvedimenti per sgonfiare la speculazione del mercato immobiliare. Gradualmente punta a orientare gli investimenti sullo sviluppo della tecnologia, campo di prova della futura competizione globale con l’occidente. Il mattone, il calcestruzzo però non sono facili da fermare e le dinamiche costruttive qui restano sostenute.

Lasciate alle spalle le migliaia di gru di Shanghai Xian e Pechino per andare verso l’interno, in cuor nostro speriamo finalmente di vedere la Cina rurale dei cappelli di paglia a forma di cono delle immagini più stereotipate. Basta con i megaschermi e le nove dieci corsie delle autostrade urbane, con il micidiale corpo a corpo in metropolitana sotto un’aria condizionata assassina. Voglia di respirare aria di antico.

Lo Hunan è una provincia del sud est della Cina dal clima sub tropicale. Qui vivono 68 milioni di cinesi in 212 mila kmq. Si coltivano kiwi, tabacco, thè, riso, pesche, peperoncini. Regione montuosa, è celebre per i picchi lunari di Zhangjiaji, set naturale di Avatar, e per bellissime cittadine sull’acqua.

Di qui venne l’uomo che ha cambiato la Cina. Il 26 dicembre del 1893 Mao Zedong nacque a Shaoshan, da Mao Yichang coltivatore benestante e dalla madre Wen Quimei, praticante buddista. Il 1° ottobre del 1949 proclamava la nascita della Repubblica popolare cinese, assumendone la presidenza. Quest’anno la Cina celebrerà così i 70 anni della rivoluzione nata dalla campagna.  I festeggiamenti a Pechino si annunciano imponenti. A Shanghai se ne parla meno, il business se ne frega anche di Mao. I giovani intellettuali e artisti sono più preoccupati dal presente. Mao per loro è lontano.

Fenghuang, Hunan, Cina

Nella campagna dello Hunan, qua e là ci sono segni del 70° anniversario, qualche stella rossa sui cartelloni. L’immagine di Mao che indica la strada è usata con parsimonia.  Qui regge qualche frammento di ruralità e tradizione. Sparisce la già scarsa lingua inglese, gli occidentali si contano sulle dita di una sola mano e il turismo, vivacissimo, è solo interno. La nuova ossessione cinese per l’igiene è meno stringente. Le pietanze si fanno piccanti. Ritrovate la gente accovacciata che mangia, si vedono segni di evidenti povertà e stili di vita più sobri. Le auto non sono più elettriche. I centri commerciali quasi non ci sono.

La campagna cinese però ha ormai anche un altro sapore, non solo di thè e di timida retorica della marcia contadina maoista. Si sente un po’ ovunque la presenza di un polverino sottile. Copre i fianchi delle strade, le case e la vegetazione delle carreggiate. In lontananza si notano segni di sventramento delle montagne.

È il traino cinese dell’economia: cemento e calcestruzzo. Qualcuno sostiene che l’edilizia cinese vale un paio di punti di PIL mondiale. I numeri ci dicono che ogni anno in Cina si consuma la stessa quantità di calcestruzzo utilizzata dagli Stati Uniti in tutto il xx secolo. Ovunque vi troviate vedrete palazzi di almeno quindici piani, molti vuoti o non finiti. Grigi per lo più.  Ci sono anche bei progetti in luoghi impensabili, un museo sospeso sul fiume e un centro per la tecnologia a Jinshou, che non hanno nulla da invidiare a Londra o Parigi. I viadotti hanno dimensioni e incroci impressionanti, tra le guglie delle montagne dello Hunan. Se ne costruiscono ovunque. Per non perdere l’allenamento gli abitanti lavorano il cemento e piegano tondini davanti alla soglia di casa, tra pannocchie di mais a essiccare e un banchetto di kiwi da vendere.

Se a Pechino e Shanghai si comincia a pensare che si è esagerato col radere al suolo il vecchio e si mettono sotto tutela i vecchi hutong, vicoli con le tradizionali case siheyuan e shikumen, la lunga marcia del cemento migra in campagna. Il faccione di Mao su un cartellone rosso del 70° grigio dal cemento sollevato dai camion di cantiere sembra in attesa di essere coperto del tutto e scomparire dalla memoria definitivamente.

Andrea Bairati e Maria Teresa Roberto

Fenghuang, Hunan, Cina

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