In questi momenti così difficili per alcune banche e per i loro correntisti viene poderosamente alla memoria la figura di un italiano d’America, Amadeo Peter Giannini, figlio di emigrati liguri, che, partendo da una piccola banca rionale a San Francisco nei primissimi anni del secolo scorso, costruì il più grande impero bancario di tutti i tempi. La storia di Giannini è pressoché sconosciuta alla grande massa ma sarebbe molto utile che le sue imprese venissero ricordate, se non studiate, anche fra i giovani.

Molti sono gli insegnamenti che dalla sua vita potrebbero derivare perché si sappia che l’etica e la solidarietà non sono nemiche del profitto. Il suo lavoro ne è l’esempio più eclatante.

Giannini è, ancora oggi, ricordato perché, dopo il terremoto di San Francisco del 1906, mise un banco da verduriere sul molo del porto e imprestò i soldi a quelli che avevano perso tutto. Senza contratti, senza garanzie, solo una stretta di mano e pezzi di carta firmati a malapena con una X. Così facendo divenne il maggior artefice della ricostruzione della città. Quello che non si sa invece, è che quei debiti vennero onorati per il 95% mentre quelle banche che imprestarono con adeguate garanzie ed alti tassi d’interesse ebbero solamente il 75% di rimborsi. Di Giannini però non si ricorda che da giovanissimo, quando ancora faceva il frutticultore, si inventò molte cose, come il mailing, ad esempio, per contattare nuovi clienti, né che scoprì che era meglio raccogliere la frutta acerba, sarebbe durata più a lungo, e molto altro. Aveva appena 14 anni, era già un fenomeno e aveva già imparato dalla vita che per denaro si può morire. Il ricordo dell’assassinio del padre per 1 dollaro gli rimase impresso finché visse.

Creò la prima banca “popolare” ricercando, per la prima volta in America, un azionariato diffuso dove non vi fosse un azionista “proprietario” ma che tutti fossero uguali. Creò una banca per poter aiutare i deboli, offriva piccoli finanziamenti a tassi accettabili agli artigiani, ai piccoli commercianti e agli agricoltori. Negli Stati Uniti dei primi anni del secolo quella è stata una vera rivoluzione il cui successo gli permise di diventare sempre più grande e di espandersi prima in California e, successivamente, in tutta l’Unione. Non si lasciò mai sopraffare dai grandi banchieri di New York come J.P. Morgan o Rockfeller, che lo ostacolarono in ogni modo, anzi, li combatté a lungo e, dopo tanti anni, vinse.

Ma la sua lungimiranza non era riservata solo alle pratiche bancarie, fu infatti il finanziatore del Golden Gate Bridge, scoprì artisti come Charlie Chaplin, Walt Disney e Cecile DeMille, favorì la costituzione e finanziò le grandi case cinematografiche e più di 100 pellicole: vorrei citare solamente “Il Monello” di Charlie Chaplin, “Via col vento” dal libro di Margaret Mitchell e “Biancaneve e i sette nani” di Walt Disney.

Fu anche un attivo fautore del lavoro femminile e sostenne il suffragio universale. Durante la crisi del ’29 anticipò con sostanziosi finanziamenti il New Deal di Roosevelt così come fece con il Piano Marshall per l’Italia dopo la seconda guerra mondiale.

La sua storia è talmente densa di avvenimenti straordinari in ogni campo che il fatto che la sua Bank of Italy sia diventata Bank of America, ancora oggi il più importante gruppo bancario del mondo, potrebbe passare quasi in secondo piano.

Mi fa piacere notare che la pubblicazione del mio libro, “Il banchiere Galantuomo”, romanzo sulla prima parte della vita di Giannini (cui seguirà a breve la seconda parte), ha provocato, fra i lettori, molta curiosità sul personaggio tanto che un importante imprenditore di Arezzo, affascinato dal libro, ha commissionato un busto di Giannini ad uno scultore e l’ha posizionato nel viale della sua villa.

Giorgio. A. Chiarva

 

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