Due sono i rischi che corriamo di fronte allo scandalo che sta travolgendo la credibilità del Consiglio Superiore della Magistratura.

Il primo è che dopo tanto rumore non cambi nulla.

Il secondo è che qualche forza politica ne approfitti per tentare di ridurre l’autonomia e l’indipendenza del terzo potere dello Stato.

Il Presidente Mattarella è intervenuto prontamente sul tema, senza ipocrisie corporative. Ha però lanciato l’allarme che le condotte illecite, o meglio, in certi casi, inopportune di alcuni magistrati, non permettano ai “male intenzionati” di provare a dare una spallata al potere giudiziario, riducendone l’autonomia garantita costituzionalmente dalla ripartizione trinaria dei poteri dello Stato. Una ripartizione che costituisce una peculiarità virtuosa del nostro sistema istituzionale che prevede una magistratura sottratta al controllo del potere esecutivo.

Una virtù questa che però i magistrati devono gestire, proteggere e valorizzare non con il “metodo Palamara”, facendo cioè diventare il CSM un mercato di poltrone in cui la politica e una parte della magistratura si scambiano favori (speriamo davvero non personali come quello che viene ipotizzato per il caso Lotti-Consip), ma dimostrando che l’assoluta terzietà del corpo giudiziario è garanzia di una giustizia giusta. Non contaminata dal potere politico.

Come valorizzare questo passaggio storico negativo per il potere giudiziario trasformandolo in una opportunità per riformare davvero e finalmente il CSM, da almeno trent’anni oggetto di critiche e polemiche, anche all’interno della stessa magistratura (ricorderete tutti le durissime parole di Giovanni Falcone che L’Incontro ha pubblicato di recente e che furono scritte nel 1988, trent’un anni fa!)?

Abbiamo provato a sintetizzare le varie opinioni-proposte che alcuni autorevoli esperti della materia hanno sviluppato in questi giorni nell’acceso ed infiammato dibattito scaturito dall’affaire CSM. L’obiettivo è quello di cercare di far chiarezza nella confusione mediatica ascoltando pareri, anche diversi, da parte di illustri giuristi con esperienze dirette nel CSM.

Partiamo dal durissimo giudizio di Vladimiro Zagrebelski, ex magistrato, sull’ipotesi di sorteggiare i membri del CSM per evitare il mercato delle poltrone: “Ora circola l’idea strampalata, oltre che incostituzionale, di far eleggere i magistrati del CSM mediante sorteggio. Nel clima creatosi attorno al CSM per l’imperdonabile colpa di quei signori, si parla seriamente di elezione mediante sorteggio! Si dice che si vogliono eliminare le deviazioni clientelari che si nascondono sotto le diversità, che nascono dal dibattito sui caratteri della funzione del magistrato. Pur attenuate esse però esistono ancora, meritano rispetto e valorizzazione. La soluzione del sorteggio tende invece a eliminarle dal luogo in cui, secondo Costituzione, l’autonomia e indipendenza della magistratura dovrebbe essere garantita”.

Più articolato e propositivo ci è sembrato il ragionamento del prof. Stefano Passigli: “A questo punto occorre procedere ad un intervento radicale, o introducendo un divieto per i magistrati di organizzarsi in correnti, così come è loro vietata l’adesione ai partiti, o modificando alla radice il sistema elettorale per la nomina dei membri togati del CSM. Oggi l’adesione a questa o a quella corrente – ha scritto Passigli sul Corriere della Sera – è una conditio sine qua non per chiunque abbia ambizioni di carriera all’interno della magistratura, e sino ad oggi nessun sistema elettorale tra quelli presi in esame sembra poter dare garanzie che le correnti non si trasformino in gruppi di potere”.

Passigli è favorevole all’utilizzo dello strumento del sorteggio ma a certe condizioni: “Credo che la migliore delle possibili soluzioni sia una combinazione di voto e sorteggio, dando a ogni singolo magistrato la possibilità di votare uno o due nomi scelti all’interno dell’intero corpo della magistratura, procedendo in seguito ad un sorteggio tra il vasto numero di designati dei 16 membri togati del CSM… Sicuramente un meccanismo in cui il sorteggio e cioè il caso, avrebbe un ruolo determinante ridimensionando il peso delle correnti, riportandole alla loro logica iniziale e annullandone il potere di determinare la composizione del CSM espropriando l’intero corpo della magistratura del suo diritto di eleggere liberamente i propri rappresentanti”.

Passigli ha sottolineato un concetto che L’Incontro ha più volte ribadito nei suoi interventi sullo scandalo del CSM: “Anche un organo che nella configurazione che ne ha dato la  Costituzione ha un valore di modello, che rende l’autonomia e l’indipendenza della magistratura italiana dal potere politico superiore a quella di cui godono i magistrati in qualsiasi altro ordinamento, può “perdersi” per il venir meno di alcuni ai doveri della loro funzione, e per il predominare di interessi personali e di fedeltà correntizie e politiche sulla propria autonomia di giudizio. A norma di Costituzione “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”. Oggi il rischio è che essi siano sempre più soggetti ai vincoli corporativi delle correnti e a logiche e interessi di gruppo che non rispondono più alle correnti organizzate.

A mali estremi … estremi rimedi dunque – conclude Passigli – l’insostenibile peso delle correnti e della mala politica nel funzionamento della giurisdizione va contrastato e annullato”.

Sul tema è intervenuto anche l’ex Vice Presidente del CSM dal 1996 al 1998, il prof. Carlo Federico Grosso: “Speriamo che non ci sia qualcuno che cerchi solo di fingere di cambiare, mentre tutto rimane lo stesso o quasi”.

Grosso è stato molto duro nel giudicare lo scandalo delle toghe: “E’ stato un fatto assolutamente vergognoso. E’ inaudito che i magistrati, componenti di una istituzione di garanzia come il CSM, partecipino a riunioni con politici per discutere, e addirittura per concordare, se non per farsi dettare la linea, per la nomina di alcuni dei dirigenti dei più importanti uffici giudiziari”.

“La netta maggioranza dei magistrati – ha scritto il prof. Grosso – si comporta in modo corretto ed è lontanissima da prospettive di questo tipo. Ma è inevitabile che fatti simili si riverberino sull’immaginario collettivo per cui l’intera magistratura finisce nel mirino della gente. Non vorrei che questa inevitabile debolezza possa aprire la strada a riforme contro la magistratura e la sua indipendenza … Il grosso rischio è che parte della politica ne approfitti per cercare di fiaccare la magistratura”.

Grosso ricorda poi la sua esperienza di Vice Presidente del CSM, oltre vent’anni fa: “Quando ero al CSM già si coglievano i segnali di un degrado del sistema delle correnti che da centri di cultura e politica della giustizia si stavano trasformando in centri di potere. Ma eravamo ad anni luce di distanza da oggi. Ho l’impressione che stiamo toccando il fondo del barile, anzi, speriamo di averlo già toccato”.

La questione relativa alla necessaria riforma del CSM appassiona Grosso che però è molto cauto sulle soluzioni da adottare: “E’ un discorso molto delicato. Ho visto l’uso del sorteggio per l’elezione dei componenti delle commissioni per i concorsi universitari. Mi pare proprio che il risultato non sia stato particolarmente apprezzabile perché abbiamo avuto dei commissari del tutto non idonei a valutare i futuri professori. Qui si propone un sorteggio ampio e poi una selezione. Ma poi chi ti garantisce che dovendo votare tra molti sorteggiati le correnti non si impadroniscano del sistema? Per cui la preoccupazione è che, se si fa il sorteggio in questo modo, si rischi di non porre regole effettivamente forti. Se invece si facesse un’estrazione limitata, penso che affidare alla sorte la selezione dei consiglieri del CSM sarebbe un rischio fortissimo, perché si potrebbero mandare lì persone del tutto inadeguate sotto il profilo tecnico e culturale”.

Proprio in queste ore si sta consumando nel nostro Parlamento un presunto tentativo di “spallata” all’autonomia della magistratura, il pericolo paventato da molti. E’ approdata in aula alla Camera infatti una proposta di legge che potrebbe trasformarsi da subito in un incubo per molti magistrati. La norma consta di un solo articolo. Qualora sia accertata una “ingiusta detenzione”, oltre all’indennizzo per il cittadino interessato, ogni fascicolo dovrebbe essere girato automaticamente ai titolari dell’azione disciplinare per le valutazioni del caso.

Si vorrebbe dunque disciplinare un principio che crei un collegamento diretto ed immediato tra la “ingiusta detenzione” e un procedimento disciplinare per i magistrati responsabili dell’errore.

Il tema è estremamente delicato ed è molto facile valutarlo e giudicarlo sulla base della comprensibile emotività scatenata da una propaganda mirata a colpire la magistratura nel suo complesso.

Gli obiettivi della riforma partono dalla constatazione che sono circa 1000 ogni anno i casi di “ingiusta detenzione” con conseguenti indennizzi di quasi 1 miliardo di euro già pagati dallo Stato: bisogna quindi creare degli strumenti di controllo e sanzione per quei giudici che fanno male il loro mestiere e oggi sono praticamente impuniti.

L’eventuale approvazione della norma potrebbe comportare che 1 magistrato su 10 potrebbe subire un giudizio mirato a stabilire eventuali sue responsabilità nell’aver causato l’errore giudiziario.

L’attuale testo della proposta normativa prevede che tale accertamento dovrebbe avvenire automaticamente da parte della Procura Generale della Cassazione e dal Ministero della Giustizia. I critici propongono che invece tale vaglio debba essere preventivamente demandato alla Corte d’Appello competente al fine di chiarire preliminarmente se l’errore è dovuto a negligenza grave (e allora la procedura si fermerebbe a quel punto) oppure a violazione di legge (e il fascicolo passerebbe alla valutazione della Procura Generale della Cassazione e al Ministero).

Il relatore della proposta di legge è l’Onorevole Zanettin di Forza Italia che fino a un anno fa era un membro laico del CSM: “Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Economia – ha scritto recentemente Zanettin – nel solo 2018 lo Stato ha pagato quasi 48 milioni a titolo di indennizzo per “ingiusta detenzione”. Il dato del ristoro economico è solo sintomatico della gravità del fenomeno di cui si parla. Nessuna somma può mai risarcire chi ingiustamente ha perso magari il lavoro, la famiglia e comunque sempre la propria credibilità e il proprio onore”.

Al di là del merito della norma, oggetto dell’attuale discussione alla Camera, l’aspetto che preoccupa è che il dibattito possa essere fortemente contaminato dalla vergognosa fotografia di quanto accaduto nel CSM. L’auspicio è che la politica non si vendichi di quei magistrati protagonisti di inchieste che hanno spesso colpito anche i membri del nostro Parlamento.

Proprio qui sta il punto centrale, a nostro avviso, del rischio di un frullatore mediatico e politico negativo nei confronti dell’intero corpo della magistratura italiana che scateni immediatamente una serie di riforme normative mirate a condizionare fortemente l’autonomia di giudizio e la serenità del lavoro di tutti quei magistrati che ogni giorno lavorano in mezzo a mille difficoltà con la finalità di portare avanti il concetto di una giustizia giusta. Poche “pecore nere” non devono stravolgere i principi e le regole di funzionamento del terzo potere dello Stato.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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