Negli Stati Uniti, all’apertura delle nuove candidature per le presidenziali, sei donne sono scese in campo.

È un segnale importante che va oltre le quote di genere e le minime rappresentanze. È forse il primo segnale da oltreoceano, come è stato per le elezioni di Ursula Von Der Leyen e Christine Lagarde, di una maggiore equità. Ma non solo.

Sei donne sul palco dei candidati hanno cambiato i paradigmi. Sei donne non sono più la solita sola rappresentanza femminile che catalizza l’attenzione per cose di poco rilievo quali: come è vestita, come è pettinata, come cammina o come si muove. Tutti argomenti di discussione decisamente poco interessanti che riescono comunque sempre a alimentare la stampa e soprattutto a scatenare la reattività social media.

Sei donne sul palco dei candidati hanno portato qualcosa di diverso. Hanno dimostrato di essere lì per competenza e per bravura e non perché la loro presenza era prevista da una norma. Hanno parlato a lungo in modo deciso e assertivo. Si sono sostenute a vicenda. Hanno alzato l’attenzione su materie tenute sempre troppo ai margini, anche in società che si proclamano da decenni sviluppate. Ognuno di noi potrà più o meno condividere i programmi politici presentati ma non si può non notare che è stato posto l’accento su diritto al lavoro, uguaglianza salariale, sostegno alle nascite, diritto alla scelta per l’aborto, lotta alla violenza contro le donne.

Quattro anni fa Hillary Clinton aveva affrontato alcune di queste questioni ma, come sempre, una voce sola non può essere efficace.

Sei donne hanno rappresentato la speranza in una vera rappresentatività. Non una quota quindi, perché le quote di genere, che siano apprezzate o meno, hanno il grande merito di sensibilizzare e di aprire la strada al cambiamento ma non sono sufficienti ad influire e determinare un vero cambio culturale.

Queste sei donne hanno origini, visioni, progetti diversi ma cosa le accomuna è uno stile di leadership nuovo. È uno stile che siamo poco abituati a vedere e ad ascoltare ma che può essere un complemento di valore allo stile tradizionale che governa da sempre politica, organizzazioni, aziende pubbliche e private.

Il 3 Novembre 2020 si terranno le elezioni presidenziali negli Stati Uniti per scegliere il successore dell’attuale inquilino della Casa Bianca.

Forse non è ancora tempo per una donna.

Forse Donald Trump conquisterà il suo secondo mandato.

In ogni caso, queste sei candidature danno un segnale forte del fatto che le cose stanno cambiando e che arriveremo a modelli culturali nuovi, più sostenibili, più equi, più inclusivi.

Valeria Ferrero

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