Emmanuel Macron ha deciso di chiudere l’Ena, la più famosa scuola al mondo per la formazione delle classi dirigenti, soprattutto della pubblica amministrazione. Un mito in tutto il mondo. Invidiato e studiato ovunque.

In un paese come il nostro, dove il tema della formazione universitaria e delle classi dirigenti è dibattuto senza riforme apprezzabili da almeno 30 anni (già!), la notizia è passata abbastanza inosservata, ma per i lettori attenti è stato un autentico colpo. Alcuni si sono sorpresi, altri compiaciuti, altri ancora molto preoccupati.

La sera del tragico rogo di Notre Dame, nel suo discorso alla nazione, il Presidente francese avrebbe dovuto rendere pubblica la sua decisione. Proprio il figlio dell’École Nationale d’Administration, colui che è cresciuto in quelle aule solenni ed autorevoli e anche grazie a quel percorso formativo è arrivato fino all’Eliseo, ha decretato la fine della più reputata scuola di formazione dell’amministrazione pubblica del mondo intero.

Cosa è successo dietro le quinte del potere francese per arrivare a tale decisione?

Apparentemente, un semplice, cinico e pragmatico compromesso con il movimento dei Gilet Gialli.

Dopo tante contestazioni, proteste, disordini di piazza (che continuano sabato dopo sabato, con una violenza di nuovo in aumento) contro le élite ree di aver affamato il popolo, Macron ha deciso di dare una risposta forte, di grande impatto emotivo.

Sono le élite, formatesi proprio all’Ena, ad aver causato il malessere che scorre in tutte le piazze francesi ed europee?

Chiudiamo l’Ena allora!

Un luogo di formazione per i Presidenti

Sembra di assistere a un videogame, non a una notizia che, se confermata, avrebbe i contorni, a nostro avviso, di una folle operazione difensiva della Presidenza della Repubblica francese: l’offrire come preda e contropartita alle opposizioni di piazza il destino della miglior scuola di formazione esistente in Francia.

L’École Nationale d’Administration è stata la grande culla di presidenti, primi ministri, prefetti e ambasciatori, amministratori pubblici e privati. Degli 8 Presidenti della Quinta Repubblica francese, i primi 3, De Gaulle, Pompidou e Mitterand, non l’hanno frequentata, in quanto troppo vecchi. Degli altri 5, 4 si sono formati proprio lì, su quei banchi. Giscard, Chirac, Hollande e Macron, unica eccezione dunque Sarkozy.

Secondo alcuni non così strano. Dei 18 Primi Ministri, da metà degli anni ’70 in poi, 9 si sono diplomati all’Ena, compreso quello in carica, Edouard Philippe. È incredibile pensare che sono dunque due allievi della scuola, il Presidente della Repubblica e l’attuale Primo Ministro, a decretarne la morte.

Per i Gilet Gialli, l’Ena rappresenta proprio la culla di quella schiera di tecnocrati che hanno causato tante sofferenze alla gente comune. La scuola, trasferitasi da tempo a Strasburgo (1991), è stata oggetto, proprio nel gennaio scorso, di una violenta manifestazione di protesta davanti alla sua sede, degenerata in scontri con la polizia.

L’École nationale d’administration è stata istituita il 9 ottobre 1945 dal Governo provvisorio di de Gaulle per garantire la formazione di una nuova classe dirigente di formazione democratica e repubblicana dopo la sconfitta del regime di Vichy. L’obiettivo era quello di creare una classe amministrativa unitaria affermando il principio meritocratico contro quello clientelare e di cooptazione tipico della Terza Repubblica.

Gaspard Gantzer, 39 anni, compagno di corso all’Ena di Emmanuel Macron, poi Consigliere per la comunicazione con Hollande e oggi candidato sindaco a Parigi, ha detto nei giorni scorsi a La Stampa: “Prima o poi questa decisione doveva arrivare ed è arrivata. Nella seconda metà del XX secolo, l’Ena è stata molto utile per formare un’élite amministrativa competente. Il problema è che poi non si è saputa riformare, per rendere più moderno l’accesso alla scuola e anche la formazione impartita.

Adesso, si deve creare un nuovo sistema, forse un’altra scuola, ma con un nome diverso. E che soprattutto dia più spazio alla creatività e all’innovazione. Credo anche che se ne dovrebbe limitare l’accesso solo a chi ha già un’esperienza lavorativa, escludendo coloro che fino a quel momento hanno solo studiato. Non so se fosse il momento migliore per annunciare una decisione del genere. Però, lo ripeto, era inevitabile.

Se Macron crede di poter risolvere la crisi dei Gilet Gialli facendo fuori l’Ena, si illude. I veri problemi della Francia di oggi sono il potere di acquisto troppo basso per una parte della popolazione, e la disoccupazione. E non certo gli énarques, come si chiamano coloro che provengono dall’Ena. Alla fine sono così pochi e non influenti come si immagina!”.

Le conclusioni

Lascia l’amaro in bocca soprattutto un aspetto di questa triste e controversa vicenda. Per obiettivi politici a breve termine, si contrabbanda la sopravvivenza di uno degli istituti più blasonati del mondo proprio nel formare le nuove classi dirigenti. In un momento in cui “lo spirito dei paesi” tende a sminuire la competenza, puntando su un modello di accesso al potere, di tutti e a prescindere dal loro talento e dalla meritocrazia, uno dei leader mondiali, più autorevole, cede alle pressioni della piazza e abolisce un centro di competenza unico al mondo.

Le élite avranno le loro responsabilità sulla crisi economica che stiamo vivendo, ma non per questo si deve buttar via l’acqua con il bambino insieme. Mi sembra un errore grave e che denota poca visione. Non è cedendo alle grida sguaiate del neopopulismo e abolendo le scuole di formazione che una leadership moderna e avveduta può pensare di gestire la crisi, superandola positivamente. Si offre soltanto un’impressione di fragilità, di coscienza sporca. Tutti fattori che portano a consolidare le pretese, le velleitarie ambizioni di movimenti neo-populisti che infestano le piazze delle capitali europee, in questa delicata fase di vigilia delle elezioni per il Parlamento dell’UE.

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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