Andrea Bairati ci ha segnalato, con semplicità e rigore, un fatto: l’alleanza tra Torino e Milano non si è compiuta, nei 10 anni di Alta Velocità.

Come testimone dei pochi successi e delle tante sconfitte dei sostenitori di questa alleanza, azzardo delle risposte alle due domande “classiche” che derivano dall’analisi: perché? che fare?

1. Perché

1.1 Il secolo scorso è vissuto di stereotipi: Torino fordista e Milano commerciale: 2 fatti hanno un valore simbolico in questo confronto: l’acquisto e la successiva chiusura dell’Alfa Romeo, da parte dei “torinesi a Milano”, e la vita tribolata del Lingotto a Torino, senza aiuto alcuno dal nuovo sistema della Fiera di Milano-Rho, al di fuori del tentato scippo del Salone del Libro. Il problema, che questi fatti evidenziano, non sta tanto nei fenomeni in sé, del tutto spiegabili (l’Alfa di Arese non funzionava più e il Lingotto era troppo piccolo), quanto nel sottofondo di livore “familiare” (fratelli – coltelli) con cui entrambi sono stati vissuti dalle élites cittadine (con + rancore da Torino e + snobismo da Milano, se vogliamo sottilizzare): il primo  dei miei “perché” risiede, proprio in questa miopia delle classi dirigenti, con Torino a sognare Barcellona e Milano a imitare Londra, senza guardare più vicino e vedere l’alleato naturale e i comuni obiettivi di sviluppo. Non a caso, il grande “cambio di passo “di Torino, costituito dal piano strategico di Castellani del 98, apre le porte alla capitale culturale delle Alpi e al grande successo olimpico del 2006, ma, sul terreno strategico, si “ferma ai pavesini di Novara” come fanno tuttora gli automobilisti torinesi quando si muovono verso Est. Sempre non a caso il più grande evento del millennio di Milano, Expo 2015, non offrì alcuna sponda al potenziale turistico di Torino; e non fu facile far fermare le Frecce Rosse a Rho Fiera.

1.2 Il secondo “perché“ va ricercato nelle strategie abitative delle 2 Città, causa e conseguenza della struttura dell’impresa edilizia nei 2 contesti: provinciale a Torino e internazionale a Milano: per citare il fatto più appariscente basti ricordare il sofferto parto dei 2 grattacieli torinesi (beninteso, più bassi della Mole!) e la contestuale nascita degli oltre 15 di Milano (quasi tutti, per inciso, più alti della Madonnina). L’edilizia torinese è ferma agli anni della Fiat (il centro ai dirigenti e le periferie agli operai), e, col rallentamento della leva delle assunzioni, ha fermato i cantieri e i prezzi; Milano ha continuato a pompare attrattività (e prezzi) anche nell’area metropolitana, con la conseguenza che un mq abitativo a Sesto San Giovanni o a San Donato ne vale uno in corso Vittorio a Torino. Questa diverse temperie edilizia è conseguenza della qualità del sistema di trasporto locale milanese e dell’affanno di quello torinese.

1.3 Il terzo “perché” va ricercato, a mio avviso, in scelte logistiche nazionali contraddittorie rispetto alla strategia d’area auspicata da Bairati nel suo editoriale. Su questo terreno ho giocato in prima squadra nel 92, negli anni del tracciamento dell’Alta velocità, con una vittoria e una sconfitta. La vittoria fu la scelta stessa della tratta Torino Milano, ottenuta dalle Ferrovie di Lorenzo Necci, al tavolo del tentennante Ministro torinese Reviglio (poi fortunatamente venuto dalla parte giusta, coi suoi consiglieri Tremonti e Siniscalco). La sconfitta, come nel Risorgimento, fu quella di Novara: noi cercavamo, e avevamo ragione, di far prevalere una vecchissima idea di Lucio Libertini: fare la cosiddetta “croce” (Genova-Malpensa/Torino- Milano) con incrocio a Novara (che sarebbe diventata baricentro dell’area), e una spesa molto inferiore alla Milano Genova che fu allora decisa. Oltre ai 40 minuti di Torino Milano, sarebbero stati 40 Milano Genova, 50 Torino Genova, 15 Milano Malpensa, 40 Torino Malpensa e Genova Malpensa). Si opposero, ironia della sorte, un novarese illustre (Oscar Luigi Scalfaro) e il sistema dei piccoli aeroporti (Caselle e Cristoforo Colombo). La Milano Genova ora sarà di 70 minuti, e il costoso aeroporto internazionale di Malpensa rischia di essere l’hub di EasyJet.

1.4 Che fare?

Cercare i perché (per me: cultura, edilizia e logistica), serve a non ricadere nei vecchi errori (ad esempio coinvolgendo Milano e la sua potenza di fuoco politica e mediatica nella partita SI TAV, o lavorando sul sistema abitativo e trasportistico del nuovo centro torinese di Porta Susa) ma, soprattutto, lavorare sulle teste dei giovani. Il modello deve essere quello, ideato da Fiorenzo Alfieri con MITO, ancora unico matrimonio di successo sull’asse delle 2 metropoli. Il nemico sempre in agguato, il corporativismo campanilista delle élite: si pensi all’idiozia dello ”stand alone“ sulle Olimpiadi del 2026 (quando era pronto il progetto “Milano con Torino”), che costerà 135 mln in + a Milano/Cortina (Hockey, Pattinaggio in velocità e Bob) e almeno 1 miliardo in meno di indotto a Torino/valle Susa.

Va in questa linea il progetto di piena integrazione fra i due Politecnici (per ora a livello di Scuole di Dottorato). A questo potrebbe far seguito una estensione alle facoltà scientifiche e, perché no, a un unico collegio universitario internazionale, magari distribuito nelle tappe intermedie del percorso (Vercelli e Novara in particolare). La tratta Torino/Milano ha le caratteristiche fisico geografiche e di sapere scientifico della Sylicon Valley, e un progetto, tutto mirato sull’alta tecnologia, potrebbe essere un filone di sviluppo d’area vasta, sostenibile a livello nazionale. Il modello Mito potrebbe funzionare sulla socializzazione geografica dell’entertainment, unificando, ad esempio, i festival cinematografici, alcune produzioni teatrali o operistiche, settimane del cibo o del libro o del mobile sul versante fieristico espositivo, creando tessere uniche di fruizione di eventi culturali.

Torino potrebbe potenziare le sue realtà piemontesi come Vercelli Novara, come Milano Bergamo Brescia Como Varese. A quel punto, altro che Singapore o Amburgo: potremmo avere un conglomerato urbano bello e sapiente come la California, Londra e Parigi, pensando nuovo e pensando giovane. Ai nostri nipotini più pazienti racconteremo, per addormentarli, di come Milano ci rubò la moda del glorioso SAMIA: potremo conservare queste rivalità come fanno i senesi con le contrade: buone per i turisti.

Cesare Vaciago

 

Leggi qui i precedenti articoli su Milano – Torino:

Una ferrovia, due poli, una regione europea. Torino-Milano dopo dieci anni di alta velocità di Andrea Bairati

Strategie per rilanciare il Progetto Mi-To di Riccardo Rossotto

 

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