Ce lo chiede l’Europa: l’Italia non accampi scuse, rispetti le sentenze e riscuota finalmente le somme dell’ICI non pagate dagli enti ecclesiastici cattolici fra il 2006 e il 2011, quando era in vigore un regime speciale di esenzione.

Bruxelles rinnova la richiesta sinora sempre ignorata da Roma, anche dal “governo del cambiamento” Conte-Salvini-Di Maio che si comporta come i governi che lo hanno preceduto. In un carteggio – parzialmente pubblicato da Repubblica (16 giugno) – fra la commissaria europea alla concorrenza, la danese Margrethe Vestager, e il ministro dell’Economia italiano, Giovanni Tria, emerge il solito canovaccio: l’UE chiede all’Italia di rientrare delle tasse non pagate da enti ecclesiastici e non profit, l’Italia risponde picche perché troppo complicato fare i conti. Ma stavolta la procedura di infrazione potrebbe scattare davvero.

Ripartiamo dall’inizio. L’Unione aveva già bocciato l’esenzione sugli immobili di proprietà ecclesiastica e non profit come improprio aiuto di Stato, ma senza obbligare l’Erario a farsi restituire le tasse non versate.

Sino a novembre 2018, quando i giudici della Corte di giustizia dell’UE annullarono le precedenti decisioni e stabilirono che lo Stato italiano avrebbe dovuto recuperare l’ICI non pagata.

Ad essere azzerate dalla Corte sono state due deliberazioni della stessa UE. La prima del 2012, quando l’IMU sostituì l’ICI: la Commissione approvò la nuova misura («non implica aiuti di Stato dal momento che le esenzioni si applicheranno solo agli immobili dove sono condotte attività non economiche») esentando però l’Italia dal chiedere la riscossione dell’ICI non pagata, perché sarebbe stato «impossibile» in base ai dati catastali e fiscali determinarne l’entità.

La seconda del 2016, quando il Tribunale UE respinse un ricorso della scuola elementare (privata) “Montessori” di Roma (insieme ai Radicali) contro la decisione della Commissione del 2012: noi paghiamo l’ICI, le scuole cattoliche nostre concorrenti no, quindi sono ingiustamente privilegiate. Tesi rigettata dal Tribunale.

La Corte di giustizia, con la decisione di novembre, diede ragione alla “Montessori” e ai Radicali, cancellando i pronunciamenti del 2012 e del 2016, e spiegando che le «difficoltà organizzative» dell’Italia non potevano determinare un colpo di spugna sul passato (respinto invece il ricorso sull’IMU). Un conto salatissimo che, secondo alcune stime, sarebbe di 4-5 miliardi di euro. Addirittura il triplo se venissero conteggiati gli anni precedenti, a partire dal 1992, quando venne istituita l’ICI.

Da novembre ad oggi, però, non è successo nulla. Cioè il governo italiano ha fatto finta che la sentenza della Corte di giustizia di Lussemburgo non fosse mai stata pronunciata, ribadendo la solita argomentazione: è passato troppo tempo, ormai non siamo in grado di determinare i soggetti e l’entità delle tasse non pagate da restituire.

È contro questa tesi che ora l’UE è tornata alla carica. «Le argomentazioni delle autorità italiane non dimostrano l’impossibilità assoluta di recuperare gli aiuti» concessi agli enti ecclesiastici, si legge in una lettera riservata che i tecnici della Commissione hanno spedito a Tria ai primi di giugno, replicando appunto alle giustificazioni del Ministero dell’Economia, secondo cui sarebbe impossibile determinare l’entità delle tasse non versate. «Affermare che le informazioni necessarie al recupero sarebbero relative ad anni fiscali passati sembra insufficiente a dimostrare che non c’è alcun metodo alternativo» per individuare i beneficiari e le somme da essi dovute.

La commissaria dà anche un suggerimento: «sembra sorprendente che nessuno degli ottomila Comuni italiani abbia un registro delle imposte». Ovvero se i tecnici del MEF non sono capaci a fare i conti, chiedano ai Comuni, gli enti locali danneggiati dal mancato pagamento dell’ICI, che sicuramente hanno tutte le carte per farsi restituire i soldi. Il problema vero non sta nell’incapacità di fare i conti, ma nella volontà di non aprire un conflitto con le istituzioni ecclesiastiche. (Agenzia Adista)

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