L’incertezza regna sovrana, almeno quella. Il calendario Brexit ha due tappe fondamentali:

  1. il 30 settembre scade il termine unilateralmente indicato dalla UE affinché giunga una proposta di accordo da parte di UK, che formalmente rifiuta tale termine, ma pare che abbia già inviato qualche carta a Bruxelles;
  2. il 17-18 ottobre si terrà l’ultimo vertice europeo nel quale tentare un deal, tenendo conto che, prima di essere sospeso, il Parlamento è riuscito ad approvare una legge che proroga la Brexit al 31 gennaio 2020 nell’eventualità in cui il menzionato vertice europeo si chiuda con un no-deal.

La notizia del giorno è però che la Corte Suprema ha dichiarato illegittima la sospensione del Parlamento, una decisione controversa e difficile poiché tale sospensione era stata approvata dalla Regina e giudicata costituzionale da altra Corte londinese, che addirittura si era dichiarata carente di giurisdizione in materia politica (che paese civile!). Una decisione molto netta poiché, giudicando nullo l’atto del governo, ne sterilizza ogni effetto ex tunc (sin dall’inizio), con la conseguenza che i lavori parlamentari possono riprendere immediatamente.

E chi si ammanta di verde per non dirsi rosso esulta! Ma fa male.

Fa male perché l’opposizione è priva di ogni guida e di idee e si dice neutrale sulla Brexit, con la conseguenza che non si possono fare previsioni su cosa accadrà.

Boris Johnson potrebbe prorogare nuovamente, ma la Corte ha detto che il tempo tipico va da quattro a sei giorni e non sarebbero sufficienti.

Potrebbe dichiarare i propri sforzi verso un deal e riacciuffare la maggioranza del Parlamento.

Potrebbe chiamare il Parlamento ad un voto di fiducia, ma l’opposizione allargata ha paura delle elezioni: i red perché le perdono, i rebels perché Bo Jo non li ricandida.

Rimane altresì l’incertezza di cosa voglia fare l’UE perché, in ogni caso e comunque, le proroghe si fanno in due.
Insomma, tutti insieme appassionatamente contro il presunto tiranno, ma tutti molto simili a Don Abbondio sul sentiero in vista dei Bravi: “Che fare?”. Poca bussola, poco coraggio. Perché a dire che Bo Jo è pericoloso son capaci tutti, ma a dirsi contro Brexit ed affrontare le elezioni nessuno.

Le fibrillazioni continuano ad essere solo politiche, non è in discussione l’uscita e le sue conseguenze non fanno paura.

Il sentimento pro Brexit nasce da tre esigenze fondamentali rappresentate dalla necessità di avere le mani libere a livello commerciale, uscire dal giogo della cosiddetta austerity imposta dalla Germania e regolare meglio l’immigrazione. Tre esigenze che permangono in UK e che solo la Brexit può garantire.
Quanto ai costi essi paiono di minor portata rispetto ai benefici, che vanno da una rinnovata e più importante posizione geopolitica, ad un intensificarsi dei rapporti economici con le locomotive Cina, Usa e Giappone. Tanta roba come si suol dire. Quanto ai rapporti con l’Ue non c’è nulla che non si possa risolvere con un accordo di libero scambio.
In questo scenario, da una parte incerto, dall’altra poco preoccupante (anzi) visto oltremanica, la Brexit continua ad essere un ottimo viatico per fare riflessioni più ampie sul fallimento europeo e sulle istanze vitali di cambiamento che si registrano nei vari paesi e che una certa politica continua a non vedere ed a contrastare con violenza burocratica e con paura della democrazia. Una certa politica stanca e senza idee che crea mostri qua e là e sulla difesa dal mostro che non c’è costruisce muri ideologici che si rivelano sempre più fragili. Il tutto evidentemente ammantato di snobismo supposto culturale e di buoni sentimenti. Vecchi riti, vecchi miti. Categorie e linguaggi superarti.
Un esempio.

Il correttissimo Guardian ha pubblicato un estratto di una novella (“brexit-inspired”) di Ian McEwan.

Un uomo, Jim Sams, si sveglia un mattino in un letto con il corpo di scarafaggio (che fantasia). Dopo i primi momenti di panico cerca di ricostruire come è arrivato lì e l’unico ricordo sfocato che ha è di essere uscito la sera prima in modo furtivo dal Palazzo di Westminster. Ricorda di essersi soffermato su una fetta di pizza margherita, la sua preferita, lasciata per terra, di essersi così sfamato. Man mano la rimembranza fa il suo corso e delinea l’animale intento ad accedere con fatica ad un marciapiede, che si rivela molto pericoloso poiché percorso in quel momento da 10.000 persone urlanti, con trombe, cori e bandiere azzurre con stelle gialle. Rischiano di ucciderlo lo spaurito insetto, rischiano di schiacciarlo. Egli sfrutta uno spazio tra due ondate di folla oceanica per raggiungere l’altro lato della strada, dove trova altri scarponi, ma molto più rassicuranti, quelli della polizia.

Ad un certo punto si apre una porta nera di una villetta lussuosa ed esce una signorina in tacchi a spillo. Attratto dai battiscopa fregiati e dall’ambiente familiare, lo scarafaggio entra e, spaventato da un gatto sulla soglia, prende le scale e raggiunge lentamente l’ultimo piano, dove si rifugia in un letto e si addormenta. Viene svegliato dal trillo del telefono e dall’entrata, dopo poco, di una avvenente donna che, rivolgendosi a lui con l’appellativo di “Primo Ministro”, gli ricorda l’agenda del giorno. Piano piano Jim prende coscienza delle proprie fattezze umane, consuma una colazione e scende al piano terreno dove una serie di collaboratori ossequiosi lo attendono. Uno, quello più freddo ed esperto, chiede di potergli parlare in disparte ed inizia tra loro un discorso convulso, da cui non emerge alcun progetto, ma solo l’impellenza di salvare la faccia perché, dice il consulente, “la gente ha terrore dell’ignoto, i sondaggi dicono che le persone hanno paura di ciò che hanno scatenato con il loro voto”…..

…..e man mano il sogno svanisce e si scopre, leggendo il Sunday Times, che Adrew Fisher, il principale consigliere e stratega dei Laburisti si dimette lasciando uno scritto nel quale definisce i vertici del partito della sinistra “privi di professionalità, competenza e umana decenza”. Da svegli si scopre che i Laburisti non hanno un idea che sia una, che anche sulla Brexit non sanno e non dicono (Corbyn si è dichiarato neutrale sul punto) e che gli elettori non li riconoscono più, non sanno quali siano le loro ricette per risolvere i principali problemi del paese.

Ti svegli e scopri che c’è anche un rischio legato ad un’indagine della Commissione Pari Opportunità e Diritti Umani sull’antisemitismo di Corbyn (un vizietto abbastanza tipico di certi illuminati, ma che in UK vivono male). Ti svegli e scopri che i sondaggi danno la sinistra al 23%, sette punti sotto i Conservatori ed un solo punto sopra i Liberal Democratici in grande rimonta.

Insomma, ti svegli e scopri che Kafka, quello vero, è morto, e che per scrivere qualcosa devi trarre spunto dal passato appropriandotene illegittimamente; scopri che non hai più idee e la gente non ti segue più.

Come si usa dire, tutto il mondo è paese.

#sognidiscarafaggio

#kafkaquellovero

#tuttoilmondoepaese

Fabio Ghiberti

Questo articolo è stato originariamente pubblicato da La Marianna

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