Aperta con un buon successo di pubblico, la mostra di Andrea Mantegna (Isola di Carturo 1431 – Mantova 1506), allestita dallo scorso 12 dicembre nelle sale monumentali di Palazzo Madama fino al 4 maggio, ospita le opere che ricostruiscono la figura dell’artista rinascimentale, capace di rivivere l’antico e costruire il moderno. Curata da Sandrina Bandera e Howard Burns, con Vincenzo Farinella quale consultant curator per l’antico, insieme ad un prestigioso comitato scientifico.

Il percorso espositivo allestito a Palazzo Madama evidenzia, con 20 dipinti, tra affreschi, tele e opere su tavola, altrettanti disegni e opere grafiche, oltre ad alcune lettere originali autografe, la formazione, le relazioni con i personaggi dell’epoca e l’attitudine di Mantegna di inserire le figure in uno spazio illusionistico di rappresentazione.

A soli 17 anni Mantegna iniziò la decorazione con affreschi nella Cappella Ovetari della Chiesa degli Eremitani di Padova. Nel 1454 sposò Nicolosia, la figlia del pittore Jacopo Bellini e sei anni dopo si trasferì a Mantova su invito del marchese Ludovico Gonzaga come pittore di Corte, formandosi così in un ambiente colto e raffinato.

La rassegna non è solo dedicata a Mantegna ma riunisce oltre 130 capolavori dei più illustri protagonisti del Rinascimento, che furono in rapporto con l’artista, da Antonello di Messina a Donatello, dal Correggio alla “Madonna con il bambino in braccio” di Giovanni Bellini dei Musei Civici di Pavia, sino al bronzo dorato dell’orafo Pier Jacopo Alari Bonacolsi detto l’Antico. Mancano alla mostra opere troppo delicate da trasportare come il “Cristo Morto” della Pinacoteca di Brera; vi rimedia una proiezione multimediale, allestita nella Corte Medievale di Palazzo Madama che la presenta insieme alla visione dei luoghi ove il Mantegna è vissuto.

La mostra rappresenta un’occasione probabilmente unica di apprezzare opere che vanno dalla passione per l’Antico di Mantegna, capace di passare dalla classicità antica all’esaltazione moderna di un corpo nello spazio, all’amorevolezza di Bellini per la natura.

La mostra è stata realizzata grazie a prestiti internazionali  di oltre 60 musei – tra cui il Victoria ad Albert Museum di Londra, il Metropolitan di New York, il Louvre, le Collezioni del Principe di Liechtenstein, il Kunsthistorisches di Vienna, il Rijksmuseum di Amsterdam, la Galleria Nazionale di Praga, lo Staatliche e il Bode Museum di Berlino per citarne alcuni – e da importanti istituzioni italiane, tra cui le Gallerie degli Uffizi, la Pinacoteca di Brera, il Museo Poldi Pezzoli di Milano, la Pinacoteca del Castello Sforzesco, l’Accademia Carrara di Bergamo, l’Accademia Tadini di Lovere, il Museo Antoniano e i Musei civici di Padova, la Fondazione Cini e le Gallerie dell’Accademia di Venezia, il Museo di Capodimonte e il Museo Archeologico di Napoli, i Musei Civici di Pavia, le Gallerie Estensi di Modena, il Museo Nazionale di Ravenna, il Museo di Correggio, i Musei civici e il Seminario Arcivescovile di Mantova, la Galleria Sabauda, la Biblioteca Reale, la Biblioteca Nazionale e il Museo di Antichità di Torino, con la presenza della Banca Intesa San Paolo quale organizzatrice della Mostra.  Un impegno che sancisce il legame della Banca con la città in campo artistico-culturale, insieme a Civita Mostre e Musei e Fondazione Torino Musei, sottolineando il ruolo di Torino come faro turistico e culturale.

Maria Grazia Toma

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