Nelle situazioni di crisi è richiesta a una comunità particolare capacità di unità e coesione. Si ritiene doveroso accantonare conflitti e divergenze, per cercare una sintesi con minore difficoltà che in epoca normale, cioè rinunciando con maggiore disponibilità a tenere il punto della posizione di principio. Per tale ragione le polemiche esagerate, le prese di posizione provocatorie in periodo di crisi trovano giustamente minore accettazione nel dibattito.

È per tale ragione che i periodi di crisi sono pericolosi per la democrazia: in essi trova più facilmente presa sulla pubblica opinione la richiesta di coesione intorno a chi esercita il potere in quel momento, così come è più agevole fare apparire come giustificato il ricorso a poteri eccezionali, a misure estreme.

Non soltanto: le crisi gravi operano sulla psicologia della massa: si è di colpo parte di un momento storico, di una fase eccezionale, si diviene tutti parte di un dramma da affrontare, per cui si intravvede la possibilità di afferrare ciascuno una parte dell’eroismo collettivo.

Da ciò non può ovviamente derivare altro che un maggiore conformismo, e si esprime in modo più evidente il desiderio, nei tempi ordinari sopito o comunque contenuto entro soglie accettabili, di normalizzazione di chi si pone in una posizione eccentrica rispetto alla posizione dominante nel dibattito. È così che nei comportamenti privati si passa dalla richiesta di una giusta e proporzionata punizione di chi non rispetta le regole alla delazione del vicino antipatico; nelle decisioni pubbliche si cade nella previsione di regole irrazionali e svolte securitarie. Per tali ragioni nei periodi di crisi è importante mantenere vivo lo spirito critico, la capacità di dire con pacata fermezza ciò che non si ritiene accettabile di quanto è abbracciato acriticamente nel senso comune.

Ebbene, qual è la situazione italiana in questi giorni? Sarà opportuno, non appena sarà più comprensibile comprendere come si stabilizzerà la situazione normativa, svolgere alcune riflessioni sulla legittimità costituzionale degli strumenti che sono stati e saranno utilizzati. In ogni caso, quanto al contenuto degli stessi – e soprattutto delle proposte di ulteriore intervento di queste ore – è importante continuare a svolgere le critiche di contenuto che ciascuno ritiene corretto porre, vincendo il timore ingenerato dall’unanimismo pericolosamente diffuso nel Paese.

In realtà ciò che ciascuno di noi può osservare è che la grandissima maggioranza dei cittadini e delle persone residenti in Italia si sta comportando responsabilmente, nonostante i sacrifici personali ed economici imposti da misure di isolamento sociale di inusitato vigore. L’accettazione di tali regole è una prova di responsabilità sociale in cui l’Italia si sta comportando bene. Peraltro in molti casi vasti gruppi sociali sottostanno a tali regole in spirito di difesa del prossimo più che di se stessi: molti giovani genitori restano a casa con bambini piccoli per molti giorni, rinunciando a recarsi a lavoro – magari autonomo, per cui con conseguenze economiche preoccupanti – rinunciando a ogni aiuto esterno, evitando ogni contatto con i nonni, con la razionale aspettativa di non essere a rischio (i dati su letalità del Covid-19 tra i soggetti infraquarantenni continuano a essere bassissimi), ma di avere il dovere di difendere i soggetti più deboli (altro che il darwinismo alla base delle sciocchezze sull’immunità di gregge alla Boris Johnson…).

Ciò nonostante, il tempo di risposta di tali provvedimenti deve fare i conti con quello di incubazione della patologia: il numero di ricoveri che registriamo in questi giorni descrive la rilevanza dei contagi di circa dieci giorni fa, talché è insensato ritenere che le misure non abbiano avuto sufficiente efficacia. La razionalità consiglierebbe di attendere il tempo necessario per verificarla. Ebbene, al contrario si ritiene di inasprire le misure oggi operanti in ragione dei contagi di dieci giorni fa.

Non solo: si intende vietare ciò che non ha logica razionale, per esempio passeggiare / correre / andare in bici a debita distanza dagli altri, in luogo di riflettere su come consentire ai soggetti anziani di potere evitare di recarsi nei negozi. I giovani in gran parte non stanno frequentando i negozi: per ragioni generazionali sono avvantaggiati nell’utilizzo delle tecnologie digitali e sono in grado di acquistare tutto on line. Così non è per i soggetti più a rischio. Ebbene, non sarebbe forse doveroso cercare di organizzare servizi a domicilio, così da impedire reali possibilità di contagio, piuttosto che procedere a proclami a effetto, senza alcuna ragione scientifica a fondamento di gravi limitazioni della libertà personale?

In terzo luogo vi è l’irragionevolezza di una risposta draconiana che incide sulla vita di tutti, compresa la grande maggioranza disciplinata e responsabile, per colpire la minoranza incivile. Se vengono posti divieti irragionevoli è facile immaginare una loro maggiore violazione, come accade per tutte le norme irrazionali, che sono infatti quasi sempre accomunate dalla caratteristica di essere, oltre che ingiuste, anche inefficaci. Ebbene, cosa potrebbe mai accadere? Centinaia di migliaia di denunce per la contravvenzione di polizia di cui all’art. 650 c.p.? Con quali possibilità di reale perseguimento da parte di un sistema giudiziario già oggi in crisi per l’eccessivo carico di lavoro da smaltire?

Ebbene, occorre vigilare affinché dalle scelte razionali non si passi a decisioni propagandistiche, alla limitazione della libertà personale per il gusto del divieto in se stesso, per l’attrazione verso la sanzione, la misura esemplare, l’esercito nelle strade. Occorre invece ascoltare il parere della scienza, far discendere dalle conclusioni a cui pervengono gli studiosi regole di comportamento che cerchino di eliminare le occasioni di contagio.

Occorre vigilare affinché sia mantenuta la normalità dello Stato di diritto, e impegnarci invece perché a essere eccezionale sia soltanto quanto davvero ci occorre: il senso di responsabilità e di solidarietà sociale di cui purtroppo difettiamo nei periodi normali.

Nicolò Ferraris

Nicolò Ferraris

Nato a Torino nel 1981 è avvocato penalista.

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