Il 31 dicembre 2019 la Commissione sanitaria del Municipio della città cinese di Wuhan (provincia di Hubei nella Cina centrale) di 11 milioni di abitanti segnalò all’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) a Ginevra di aver riscontrato in città casi di polmonite (Sars Severe Acute Respiratory Syndrome) ad eziologia ignota, che venne poi identificata in un nuovo ceppo di virus Corona e alla malattia venne dato il nome di COVID (COrona VIrus Disease) 19: era l’inizio di una pandemia che, in breve, si estese in tutto il mondo. Al 31 gennaio di due anni dopo, secondo l’“Health Emergency Dashboard” (Bollettino sulle situazioni di Emergenza della Salute) dell’OMS, nel mondo si contavano 99.638.000 di contagi da Covid-19 con 2.141.000 morti, di cui in Europa erano rispettivamente 33.523.000 e 723.000 e, in Italia, 2.380.000 e 82.000, cifre destinate ad aumentare a causa dell’insorgenza di varianti del virus dovute alla sua costante mutazione.

A fronte di questa emergenza planetaria ogni Nazione mise in atto misure atte a circoscriverne e tentare di bloccarne gli effetti: in Italia, fra tutte quelle realizzate a questo scopo, è da ricordare, come poco nota ma profondamente umanitaria, quella attuata dalla Amministrazione del Comune di Milano a favore degli “homeless” (individui senza casa, poveri, senza famigliari, senza documenti e per lo più immigrati ) che erano vissuti nella città e vi erano deceduti a causa del Covid-19, le cui spoglie non erano reclamate da nessuno, prendendosi carico in proprio della loro sepoltura. In quest’ottica, e a fronte del numero sempre crescente di “homeless” che morivano per la pandemia, il Comune di Milano , nei primi giorni del febbraio 2020 diede inizio all’ampliamento del Campo 87 del Cimitero Maggiore di Musocco nel quartiere Garegnano allo scopo di ricavarne una nuova area di circa 98.000 metri quadrati che sarebbe stata destinata esclusivamente alla sepoltura di quegli “homeless”: una tale area avrebbe consentito di accogliervi 600 fosse singole e a fine anno ne erano state già approntate 270 che accolsero altrettanti “homeless”.

Ciascuno di questi defunti era stato composto in una bara di legno riportante il suo nome, cognome e data di nascita (se conosciuti o semplicemente un numero se ignoti) e di morte, che veniva inumata e su ogni tumulo era stata posta una croce bianca identica a tutte le altre vicine, riportante un numero progressivo: tutto il terreno nel quale venivano interrate queste bare venne seminato a prato ed esse, a pandemia conclusa, sarebbero state esumate e consegnate a eventuali qualificati richiedenti   per la loro definitiva allocazione in altri cimiteri. In assenza di tali richiedenti le salme sarebbero restate nel Campo 87 e le rispettive tombe sarebbero state manutenute a cura della Amministrazione comunale che si era fatta carico anche dell’acquisto delle casse funebri, della composizione delle salme, del loro trasporto e del loro interramento. Una precedente normativa nazionale riguardante   l’inumazione dei cadaveri prevedeva che essa avvenisse entro 30 giorni dal decesso, ma a causa dell’improvviso, contemporaneo aumento dei morti per Covid-19 e della conseguente rapida saturazione degli obitori cittadini, il Sindaco di Milano aveva emesso (marzo 2020) una ordinanza in base alla quale i giorni intercorrenti tra il decesso e l’inumazione di ogni “homeless” venivano ridotti a cinque.

Tutte queste disposizioni sono state prese a Milano, in Italia prima di ogni altro Paese europeo nel rispetto di ogni singolo defunto, anche “homeless”, riconosciuto come individuo avente diritto, comunque, a una sepoltura che lo distingua dagli altri, a fronte delle anonime fosse comuni nelle quali, in altri Stati, le casse funebri contenenti le spoglie di “homeless” venivano accatastate anonimamente senza alcun rispetto per quella che è l’identità di un morto. Ad esempio, in Brasile centinaia di bare di defunti sconosciuti morti per Covid-19 sono state inumate, accatastate, dall’ottobre 2020, nel Parque Taruma di Manaus, capitale dello Stato Amazonas, e nel cimitero di Villa Formosa di Sao Paulo, capitale dello Stato omonimo, in grandi fosse comuni, distinte ciascuna soltanto con un numero, senza che, sinora, siano state prese decisioni per una eventuale loro singola destinazione a pandemia risolta. Analoghe, ma assai più complesse e drammatiche, sono le vicende che riguardano il cimitero statunitense di Akeldama (“campo di sangue”) situato nel “Potter’s Field” (“campo del vasaio” in riferimento al racconto del Vangelo di Matteo,3-10) della Hart Island, piccola isola di 530.000 metri quadri situata a sinistra del promontorio del Bronx, distretto di New York, ove, dal 1861 – anno di inizio della Guerra di secessione americana – erano stati sepolti, a carico dello Stato, in grandi fosse comuni, oltre 1.000.000 di corpi di soldati sconosciuti. La normativa dello Stato nordista prevedeva infatti che i corpi di coloro che non venivano reclamati da alcuno entro cinque giorni dal decesso ,divenissero proprietà dello Stato che avrebbe provveduto in proprio alla loro composizione in bare di legno tutte uguali, numerate, riportanti ciascuna l’iscrizione “Unknown, male , latin” (“Sconosciuto, maschio, latino”) che sarebbero state sepolte in cimiteri a loro riservati, affiancate e accatastate una sopra l’altra, su tre livelli, in cinque file, in grandi fosse comuni che ne avrebbero contenute 150 ciascuna ( nel “Potter Field” esiste peraltro una tomba singola, di un bimbo sconosciuto contrassegnata come S.C. (“Special Child”, bimbo speciale) B1 (“Baby one”, unico bimbo). In seguito, il cimitero venne specificamente destinato ad accogliere in fosse comuni le migliaia di “homeless” morti vittime delle epidemie di febbre gialla (1790), di tubercolosi (1865), di febbre influenzale “spagnola” (1918) e di A.I.D.S. (Acquired Immune Deficiency Syndrome, 1985) i cui corpi non erano stati reclamati da alcuno. La sua gestione\ amministrazione era stata demandata al N.Y.D.C. (Departement of Correction of New York) affinché sfruttasse, per il lavoro di scavo delle fosse e l’inumazione delle casse funebri, i detenuti prelevati dal penitenziario della vicina piccola   Rickers Island, noto come uno dei più grandi e famigerati degli Stati Uniti, e la situazione rimase tale sino al 2012, anno in cui la gestione passò alla Cemetery Division del N.Y.P.D. (Parks Departement of New York) che, all’inizio della pandemia Covid-19, onde evitare che il virus potesse esser trasmesso dai detenuti che lavoravano nel “Potter Field” a quelli del penitenziario della Rickers Island, appaltarono i relativi lavori a imprese private. L’accesso alla Hart Island – che era sempre stato possibile soltanto via mare – venne severamente vietato a chiunque non fosse addetto al funzionamento del cimitero e il personale addetto venne strettamente monitorato durante tutto il periodo del lavoro sull’isola. Tale divieto rimane mantenuto tuttora, nonostante la campagna “Stop of clock of Anonimity” (Fermare il tempo dell’Anonimato) indetta dalla scrittrice e regista canadese Melinda Hurt tesa a ottenere il permesso di ingresso all’isola alle persone che ritenevano di poter riconoscere fra gli inumati anonimi un proprio congiunto.

Attualmente nel mondo, come unica arma efficace contro il Coronavirus 2 responsabile del Covid-19 sono stati ovunque messi in atto i vaccini (farmaci che stimolano il sistema immunitario dell’uomo a produrre anticorpi) che, secondo l’OMS, a fine gennaio 2021, erano 237 in corso di sviluppo nel mondo. In Europa l’E.M.A. (European Medicines Agency , Agenzia Europea del Farmaco) ha sinora autorizzato l’impiego di quelli prodotti da quattro industrie (“Bio N-Tech- Pfizer”, “Moderna”, “Johnson and Jonhson” statunitensi e “Oxford Astra Zeneca” anglo-svedese) mentre, in altre parti del mondo vengono sperimentati ( e talora anche impiegati) vaccini di altre industrie (“Vidprevtyn Sanofi”, “Glaxo-Smith Kline”, “Novavax” e “Comirnaty Pfizer” statunitensi; “Sputnik V” russo ; ”Cure Vac” tedesco ; “ Sinovac”, “Sinopharm”,”Corona Vac”, “Ad5-nCov” cinesi e “ReiThera” italiana) i cui risultati non sono tuttora noti. Speranze di successo nella lotta contro il Covid-19 sono fornite recentemente dall’impiego degli anticorpi monoclonali (essenzialmente quelli prodotti dalle industrie statunitensi “ElyLilly” e “Regeneron”) che pare possano essere efficaci anche contro le varianti inglese (B.1.1.7), brasiliana (P.1.), sudafricana (B.1.351), indiana (B.1.617.2 “Delta”) e peruviana (C.37 Lamda) del Coronavirus 2.

L’auspicio è che gli sforzi degli istituti scientifici mondiali possano al più presto giungere a ottenere prodotti atti a debellare ovunque – come già avvenuto per le precedenti epidemie di “Ebolavirus” (1976/2016) e del Sars CoV 1 (2002/2019) – anche la pandemia Covid-19 fra gli individui (“homeless” compresi) di tutto il mondo.

Gustavo Ottolenghi

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