Ho apprezzato la presa di posizione di Ernesto Galli della Loggia sulla questione Regeni.

Finalmente un autorevole opinionista ha cinicamente ma realisticamente inquadrato il tema, lasciando da parte ipocrisie, velleitarismi, disgustose manipolazioni politiche.

Stiamo parlando di un giovane ragazzo italiano ammazzato in circostanze apparentemente misteriose in un paese, l’Egitto, in cui vige un ferreo controllo dell’ordine pubblico.

Una tragedia privata gestita malissimo dalla politica e dal governo.

Dopo aver dato la piena solidarietà umana ai familiari di Giulio, privati con una atroce violenza del loro affetto più caro, ma poi “usati” in una tragica giostra di grida, minacce, promesse e falsi diktat di cui tutti devono (ministri, magistrati e giornalisti) assumersi un pro quota di responsabilità, provo a rileggere la questione “al netto” di ogni contaminazione politica o emotiva.

Un Paese serio non tratta una vicenda come quella di Giulio Regeni – ha scritto Galli della Loggia – nel modo come l’ha trattata l’Italia, a cominciare dal suo governo per finire con la sua opinione pubblica (stampa compresa, se posso aggiungere)”.

Abbiamo richiesto e invocato Giustizia, montando una protesta, anche popolare, comprensibile, sapendo, però, di non poterla ottenere.

Questo è il passaggio grave e inaccettabile di tutta questa storia.

La vergognosa responsabilità di chi ha gestito la vicenda con dilettantismo, creando speranze che si sono rivelate presto mere illusioni.

Partiamo dai dati di fatto e cerchiamo di ragionarci sopra.

1.  Giulio Regeni è stato sicuramente mandato a svolgere un’inchiesta sul sindacalismo in Egitto da una, speriamo, solo irresponsabile professoressa di Cambridge che, se in buona fede, ha sottostimato i rischi dell’incarico al giovane ricercatore italiano.

1.  Giulio Regeni ha incominciato a svolgere il suo compito frequentando al Cairo ambienti considerati pericolosi dall’establishment egiziano. La tragedia nasce proprio da questi suoi contatti che hanno fatto scattare un ingiustificato ma immediato intervento dei servizi segreti egiziani.

2.  Che Regeni sia stato prima arrestato poi torturato e poi ucciso da uomini dei servizi del governo egiziano, è stato chiarissimo fin dai primi giorni della sua scomparsa.

3.  Assolutamente goffa e non credibile la versione ufficiale del governo di Al-Sisi, rilasciata nelle ore immediatamente successive alla sua scomparsa: l’addebitare, cioè, l’assassinio ad una banda di delinquenti comuni.

4.  Proprio in quel momento è partita una strategia del governo italiano puerile e puramente mediatica, non rispettosa del dolore dei genitori di Giulio.

5.  Era chiaro, infatti fin da quel gennaio di due anni fa, che il governo di Al-Sisi non avrebbe mai ammesso pubblicamente le proprie responsabilità, mettendo conseguentemente sul banco degli imputati i vertici della propria Intelligence o, come richiesto dalle nostre istituzioni, consegnandoli all’Italia.

6.  Al-Sisi, poggia il suo potere su un rigoroso controllo dell’ordine pubblico proprio nell’ottica di prevenire e arginare le mosse dei fratelli mussulmani, i veri nemici del dittatore egiziano. Per questo motivo era logico immaginare che mai avrebbe smentito e consegnato alla giustizia i protagonisti materiali del “lavoro sporco” che si sta facendo nei confronti degli oppositori al regime in Egitto.

7.  In questo contesto bisogna aggiungere un altro elemento che mi porta a giudicare in modo estremamente negativo le scelte operate dal nostro governo. L’importanza dell’Egitto per la nostra economia e soprattutto per l’Eni.

8.  L’Eni ha infatti bisogno di mantenere una buona relazione con il governo di Al-Sisi per estrarre l’ingente quantità di idrocarburi e di gas che ogni anno vengono lavorati dalle sue raffinerie (129 milioni di barili di petrolio e 15.5 miliardi di metri cubi di gas). Inoltre l’Eni ha in corso numerose altre iniziative nel campo della ricerca di nuovi giacimenti nel Delta del Nilo e comunque in tutto l’Egitto.

9.  È assolutamente velleitario pensare che, in un contesto economico come quello che il nostro Paese sta vivendo, si possa pregiudicare lo sviluppo di tali relazioni di business per una vicenda come quella di Regeni.

10.  Entriamo in un tema che si chiama “Ragione di Stato” in cui gli interessi strategici di un Paese non possono essere barattati (che ciò sia giudicato giusto o non giusto dal punto di vista etico) con vicende private che riguardano cittadini italiani uccisi in quel paese.

11.  Prendiamone amaramente atto: l’Italia oggi non dispone né di strumenti diretti né di alleanze potenti che le possano permettere una pressione politica sull’Egitto tale da costringere Al-Sisi a consegnarle i criminali che hanno ucciso Giulio.

12.  Aver continuato a gridare, scrivere, minacciare, “Giustizia per Giulio Regeni” è stata una scelta sbagliata che ha manipolato gli animi degli italiani sapendo benissimo che non avrebbe portato a nessun risultato concreto.

13.  Il nostro Paese – dobbiamo, lo ripeto, essere lucidi nel prenderne amaramente atto – non ha un posizionamento internazionale che possa consentire una rottura con l’Egitto: troppi sono i vitali interessi economici in quel paese per impostare un braccio di ferro sicuramente perdente.

14.  Che fare dunque? Nessuno, mi risulta, ha fatto qualcosa di concreto al di là di “ritirare il nostro ambasciatore” dopo l’ennesimo rifiuto da parte dei giudici egiziani di accogliere le domande italiane.

15.  Allora sarebbe stato corretto e comprensibile, certo in un tragico contesto emotivo, prendere in considerazione un altro tema. Quello di risarcire almeno nella memoria collettiva i genitori di Giulio.

Questi i fatti storici intervenuti: Galli della Loggia affronta con grande lucidità delle possibili forme di risarcimento, non economico ma etico, dei congiunti del nostro giovane studente massacrato al Cairo.

Proprio perché come paese – ha scritto Galli della Loggia – non siamo stati e non siamo in grado di ottenere giustizia e perché siamo anche costretti a far prevalere la ragione di Stato (una ragione di Stato che torna a vantaggio di tutti noi, non dimentichiamolo) sulle ragioni della giustizia, questa morte chiama in causa direttamente la responsabilità di noi tutti in quanto collettività nazionale”.

E a questo punto Galli della Loggia fa la sua proposta “Di intitolare a suo nome una via o una piazza in tutti i comuni della Penisola, a cominciare da quelle dove hanno sede le rappresentanze diplomatiche del governo egiziano”.

Inoltre, Galli della Loggia propone anche una bellissima ed emozionante iniziativa che riguarderebbe l’Eni come promotrice: “Assai significativo mi sembrerebbe intitolare al nome di Giulio Regeni un certo numero di borse di studio (magari chiamando l’Eni a contribuire al loro finanziamento) da riservare ai giovani ricercatori egiziani desiderosi di venire a specializzarsi in Italia in materie affini a quelle di cui si occupava Giulio”. E per le quali, aggiungo io, Giulio è stato sequestrato, torturato e ucciso.

“Sarebbe un modo evidente – conclude il suo ragionamento Galli della Loggia – per dimostrare che l’Italia sa distinguere bene tra il governo dell’Egitto e il suo popolo”.

Meglio concentrarsi su proposte forse banali ma che almeno dimostrano un impegno del Paese di farsi carico della memoria di un’ingiustizia.

Meglio di promesse inevitabilmente destinate a farsi sempre più rituali, sempre più tenui e a finire in un nulla”.

Come dargli torto?

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *