Il negoziato formalmente langue.
Anzi, forse, la posizione delle parti si è irrigidita.
Tra gli ambasciatori di Bruxelles e quelli di Varsavia e Budapest continua in modo serrato la trattativa per sbloccare sia il bilancio pluriennale dell’Unione Europea, sia, soprattutto, il Next Generation Fund.
La questione è nota e si incentra sulla istanza di Orban e Morawiecki di non includere nel regolamento sull’erogazione del Next Generation Fund alcuna condizionalità in ordine al rispetto dei principi fondamentali dello Stato di Diritto da parte degli stati membri.
In sintesi, Ungheria e Polonia sostengono che ciascuno stato “a casa sua fa quello che vuole, senza ingerenze improprie”.
Giusto, ma anche in materia di valori fondanti di una democrazia come l’autonomia della magistratura, la libertà di stampa, il diritto delle opposizioni ad… opporsi, tanto per fare alcuni esempi eclatanti?
Si – rispondono duramente magiari e polacchi – anche in queste materie. Non ci fidiamo di Bruxelles. Il Next Generation Fund è una trappola per poter fare poi delle vere e proprie ingerenze politiche all’interno dei nostri Paesi”.
Questa in sintesi la posizione delle parti.
Ci aiuta a capire meglio la tesi dei “dissidenti”, il contenuto di una lettera che l’ambasciatrice polacca  Roma Anna Maria Anders ha recapitato in questi giorni ai maggiori giornali italiani, proprio su questo tema.
Ve la sintetizzo per punti, perché ci aiuta a capire le ragioni, più o meno condivisibili, di una posizione che nel 2020 ci sembra davvero surreale dover registrare e discutere.
Due importanti membri della comunità europea che, forti del meccanismo basato sull’unanimità, bloccano l’approvazione del bilancio comunitario (con tutte le conseguenze che ciò comporta e che vi ho descritto nel mio ultimo articolo su questa spinosa questione) opponendosi ad una apparentemente banale, nel senso di culturalmente acquisita e consolidata da tutti, riaffermazione dei valori e principi fondanti di uno Stato di Diritto.
Il rispetto di tali valori non deve essere posto come condizione per ricevere i fondi europei!
Uscite dall’Unione”, allora, ci verrebbe da dire di getto, di fronte alla sciagurata sfrontatezza di Orban e di Morawiecki.
Invece di cacciarli, trattiamo per cercare di trovare una mediazione, speriamo, non troppo bassa.
Ma ascoltiamo con pazienza ed attenzione le parole della ambasciatrice Anders.

  1. Innanzitutto la diplomatica polacca sottolinea come la posizione della Polonia in questa materia sia sempre stata la stessa, fin dal luglio scorso quando si chiuse l’accordo sulla istituzione del Next Generation Fund.
  2. Già in quella sede la Polonia aveva sollevato seri dubbi sulla legittimità del regolamento di tale nuovo fondo europeo, supportata – scrive la Anders – anche da parte dei servizi giuridici del Consiglio Europeo.
  3. L’ambasciatrice evidenzia come il pubblico, compreso quello italiano, non sia stato adeguatamente informato sulle decisioni del vertice di luglio. Nonostante la mancanza di un consenso unanime la Merkel ha portato avanti i negoziati con il Parlamento Europeo consapevole che c’erano delle obiezioni sia da parte della Polonia sia da parte dell’Ungheria.
  4. Entrando nel merito della questione la Anders scrive che le preoccupazioni del suo paese riguardano la possibilità di una adozione discrezionale delle misure del fondo. Il termine utilizzato nel regolamento è ambiguo: “Grave rischio di incidere sulla sana gestione finanziaria … del bilancio dell’Unione” come presupposto per l’attivazione del meccanismo di erogazione. Tutto diventa discrezionale: non è accettabile secondo i polacchi.
  5. La Polonia ha seri motivi per avere una fiducia limitata nell’imparzialità delle istituzioni dell’UE. “Riteniamo pertanto che i regolamenti debbano essere molto precisi, in maniera da non consentire abusi”.
  6. Bruxelles da anni certifica che la Polonia gestisce e spende i fondi comunitari in maniera corretta ed affidabile. Sebbene non siano state individuate infrazioni “La Commissione potrebbe affermare che esiste il rischio che esse possano sorgere in futuro e, solo su questa base, avviare la procedura per togliere i fondi alla Polonia”.
  7. La controversia tra Varsavia e Bruxelles – sostiene la Anders – sullo Stato di Diritto riguarda sostanzialmente il funzionamento del sistema giuridico. “La Polonia aveva giustificati dubbi sulla imparzialità della Commissione nel corso del procedimento avviato in base all’art. 7 Teu. La procedura nei confronti della Polonia non si è conclusa”.
  8. Il meccanismo proposto dalla Commissione Europea viola tra l’altro il Trattato che richiede chiaramente l’unanimità per constatare una violazione dello Stato di Diritto. “La proposta di regolamento introduce la maggioranza qualificata consentendo così una decisione parziale che non tiene conto delle opinioni di tutti gli stati membri. Lo Stato di Diritto non consiste nel creare regolamenti che di fatto eludono i Trattati”.
  9. L’ambasciatrice polacca lamenta una campagna denigratoria nei confronti del suo paese: “Se non saremo d’accordo con Bruxelles verremo esclusi dalle trattative… sembra che sia già stato emesso un verdetto. Nessuno sta cercando di verificare se ciò che diciamo ha senso”.Secondo la Anders molte delle dichiarazioni dei politici di tutta Europa, di questi giorni, dimostrano chiaramente che lo scopo del meccanismo disciplinato dal regolamento non è quello di proteggere lo Stato di Diritto ma di attaccare Polonia e Ungheria.
  10. L’ esempio più lampante per l’ambasciatrice polacca è la recente dichiarazione del vice presidente del Parlamento Europeo: “che ha esplicitamente dichiarato l’intenzione di far morire di fame l’Ungheria e la Polonia. Dichiarazione che non ha portato a nessuna conseguenza per lei, il che significa che questa posizione è condivisa da molti politici a Bruxelles”.

Nella tradizione dell’Incontro, uno dei punti cardine che ci ha lasciato il suo promotore e attuale collaboratore Bruno Segre, è il rispetto delle opinioni altrui, inclusa la capacità di ascolto anche di tesi non condivise.
Rispettiamo questo principio che condividiamo, dopo di che la versione di Varsavia non ci ha proprio convinto!

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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