Il governo non può opporre il segreto sui verbali del Comitato tecnico-scientifico, sulla cui base il presidente del Consiglio ha emesso i Dpcm durante l’emergenza Covid-19. Lo ha stabilito il Tar del Lazio, che ha dato ragione alla Fondazione Luigi Einaudi, che si era vista respingere da Palazzo Chigi la richiesta di accesso agli atti, in relazione ai pareri del Comitato tecnico-scientifico, sulla cui base tra febbraio e aprile sono stati emanati cinque Dpcm «che hanno ridotto ai minimi termini l’esercizio della libertà personale, della libertà di movimento, della libertà di riunione, della libertà religiosa, della libertà d’impresa e del diritto al lavoro». Per questo, ha sostenuto la Fondazione Luigi Einaudi nel suo ricorso, «la mancata conoscenza dei predetti verbali inciderebbe dunque: A) sotto il profilo della possibilità di esercitare il diritto di difesa; B) all’interno del circuito Sovranità-Democrazia, sotto il profilo della possibilità di esercitare l’ordinario controllo politico-democratico».

Nella sua sentenza, il Tar del Lazio evidenzia come il governo abbia opposto alla richiesta di accesso ai verbali del Comitato tecnico-scientifico «solo motivi “formali” attinenti alla qualificazione degli stessi come “atti amministrativi generali”, ma non ha opposto ragioni sostanziali attinenti ad esigenze oggettive di segretezza o comunque di riservatezza degli stessi al fine di tutelare differenti e prevalenti interessi pubblici o privati».

Inoltre il Tar sottolinea come il governo, «dopo aver espresso il diniego di accesso ai richiedenti ha concluso con formula illogica e contraddittoria precisando che “in ogni caso, resta salva la facoltà per questa Amministrazione di valutare l’ostensibilità, qualora ritenuto opportuno, di tali verbali al termine dello stato di emergenza”».

Per questi motivi, il Tar del Lazio ha deciso che «la ratio dell’intera disciplina normativa dell’accesso impone di ritenere che se l’ordinamento giuridico riconosce, ormai, la più ampia trasparenza alla conoscibilità anche di tutti gli atti presupposti all’adozione di provvedimenti individuali o atti caratterizzati da un ben minore impatto sociale, a maggior ragione deve essere consentito l’accesso ad atti, come i verbali in esame, che indicando i presupposti fattuali per l’adozione dei descritti DDPCM, si connotano per un particolare impatto sociale, sui territori e sulla collettività».

A questo punto resta da vedere se il governo si adeguerà alla sentenza del Tar, garantendo quella trasparenza che è alla base dell’esercizio dei diritti democratici da parte dei cittadini, o se deciderà di ricorrere al Consiglio di Stato per cercare di continuare a farsi scudo dello stato di emergenza sanitaria, che si accinge a prorogare, per impedire l’accesso agli atti che stanno alla base delle decisioni che ha adottato dal 31 gennaio scorso e che adotterà fino al cessare dello stato di emergenza.

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