Nel corso delle celebrazioni dell’80esimo anniversario del 25 aprile, il presidente Sergio Mattarella ha ricevuto a Genova i partigiani più vecchi. Tra questi, il nostro storico collaboratore Gustavo Ottolenghi che, qui di seguito, racconta la sua storia.

Milo Goj

 

1944  Piemonte Basso Monferrato. Una famiglia composta da padre di origine ebraica, madre e un figlio (12 anni) vi si era rifugiata nell’intento di sfuggire alla cattura e alla deportazione in Germania ad opera delle SS naziste e delle truppe della Repubblica di Salò in ottemperanza ai Decreti legge antisemiti emanati nel novembre 1938, nel novembre 1943 e nel luglio 1944.

Nell’ottobre 1944 il capo famiglia decise di separare i relativi membri onde evitare che, nel caso di cattura di tutti loro insieme, potessero essere tutti soggetti alla stessa sorte di deportazione con fine tragica in lager tedeschi. Il padre si sarebbe recato al Comando C.L.N.A.I. (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) a Torino col quale da tempo era in contatto, mentre la madre sarebbe stata inviata presso una Brigata partigiana del luogo come infermiera/vivandiera e il figlioletto sarebbe stato affidato alla protezione di un’altra diversa Brigata partigiana della zona.

Il bambino, alquanto disorientato e impaurito, venne amorevolmente accolto nella Brigata “Tumino”  della VII Divisione autonoma Monferrato (sede Cocconato d’Asti) al comando di Gabriele Cotta. I componenti della Brigata diedero al bambino il nome di battaglia “Robin” e gli affidarono progressivamente compiti di staffetta, di recapito ordini, di osservazione di movimenti di truppe fasciste nel territorio, compito quest’ultimo espletato da postazioni situate sulla cima dei campanili dei vari paesi ove la Brigata si spostava.

Documenti e ordini scritti su “pizzini” che venivano nascosti negli zoccoli (“Ciabot”) che Robin portava attraverso campi, boschi e vigneti di tutto il Basso Monferrato del tutto ignorando quella collocazione (gli fu rivelata a guerra finita). Il 26 aprile la Brigata “Tumino” mosse verso Torino e vi entrò provenendo da est e si unì  alle altre Brigate che giungevano dalle Langhe e dal Roero.

Robin seguì tutte le vicende della sua Brigata, sempre protetto dai più giovani partigiani che si erano affezionati a quel bambino. Il 28 aprile la città fu dichiarata “completamente liberata” e i partigiani cominciarono a rientrare alle proprie case e alle proprie famiglie che avevano lasciato mesi prima. Robin a poco a poco restò solo e si rifugiò nella Caserma Cernaia, sede del Comando della Brigata non sapendo cosa fare.

12 anni abbandonato nel turbinio della vittoria appena conseguita! Si ricordò  che suo padre, al momento del distacco, aveva detto a lui e a sua madre: “Alla fine della guerra, se tutto andrà bene, ci ritroveremo a Torino in Piazza Castello sotto il Monumento al Duca d’Aosta”. Robin si recò presso quel monumento ma per due giorni non vide nessuno. Tornò ancora e il  terzo giorno, a sera, vide spuntare suo padre.

Per altri due giorni insieme si recarono sotto il monumento, sempre più angosciati, ma al quarto giorno ecco spuntare la madre.  Avevano vinto!!!  E il padre aveva avuto ragione nel momento drammatico del distacco dell’ottobre 1944.  Robin crebbe negli anni successivi sino a che lo si può ritrovare, oggi, come…

Gustavo Ottolenghi

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