Il mondo del calcio italiano è in piena crisi. Non solo e non tanto per ragioni sportive, ma come modello di business sostenibile. La decisione sulla Juventus (e su altre società sportive coinvolte comunque in analoghi illeciti o sportivi o penali, almeno come prospettazione) mette un riflettore specifico su condotte che, al di là della loro rilevanza penale o comunque di illegalità, dimostrano che il modello economico “fa acqua”, si regge in piedi grazie a furbizie o marchingegni contabili non conformi alla normativa in vigore.

È in corso, in Italia, un confronto tra il mondo del calcio e la politica per rivisitare, anche normativamente, l’impostazione del modello che necessita di un nuovo approccio. Dobbiamo però registrare che proprio in queste ore, in Parlamento, l’emendamento Lotito, che prevedeva la proroga dei diritti televisivi proprio per agevolare le società professionistiche, è tornato in discussione per l’opposizione di numerose forze politiche anche della maggioranza. Un altro segnale che “la pacchia è finita”!

Dallo scandalo Hooligans al modello di business di successo internazionale

Proprio in questo dibattito sul futuro che verrà nel mondo del pallone, può essere utile dare uno sguardo a cosa sta succedendo all’estero e in particolare nel paese dove è nato questo sport, l’Inghilterra. Tra l’altro, un paese che, alla luce dello scandalo degli Hooligans proprio una trentina di anni fa, ha avuto il coraggio di avviare una profonda meditazione su come invertire una deriva culturale (il tifo violento) e sportiva (i bilanci in rosso delle squadre e gli scarsi risultati sul campo) che rischiava di far chiudere gli stadi inglesi. Oggi l’Inghilterra è un modello economico che costituisce un esempio internazionale di riferimento per tutti gli operatori.

Con i fondi arabi tutto è possibile…

Il procedimento giudiziale che si è aperto nei giorni scorsi nei confronti del Manchester City (una denuncia per bilanci falsi che investe un arco di tempo pluriennale!) non contamina il giudizio positivo sullo stato patrimoniale della Premier League. Semmai incomincia a dare delle risposte a un quesito che molti tifosi di calcio in Europa si erano posti da parecchio tempo: come mai il Manchester City e anche il PSG francese potevano permettersi delle campagne acquisti con centinaia di milioni di euro apparentemente investiti nel calcio? Sì certo, per il tipo di azionista (i fondi arabi) che garantiva risorse finanziarie illimitate. Però, come sta emergendo, probabilmente non immesse nel circuito in maniera legittima e coerente con la normativa statale.

Abbiamo ricavato dal sito di Statista, un centro di ricerca e dati statistici molto autorevole nell’Unione Europea, una serie di informazioni utili ad arricchire le nostre idee su come riformare in modo virtuoso il nostro amato football nazionale. Nel 2022 il campionato inglese ha speso più di tutti gli altri tornei europei con un volume complessivo di acquisti di calciatori di ben 586 milioni di euro. Vale la pena di ricordare che nella classifica dello scorso anno, la lega francese è al secondo posto con circa 74 milioni di euro, terza è la Bundesliga con poco meno di 68 milioni.

La nostra Serie A, nella classifica 2022, è soltanto decima con 19 milioni di euro. Vista da un’altra angolazione la Premier League ha speso dunque 30 volte di più delle nostre squadre di Serie A. I dati forniti da Statista evidenziano come gli investitori inglesi abbiano capito che il business del pallone era prima di tutto uno show, lasciando forse da parte, fin troppo aggiungiamo noi, l’importanza dei settori giovanili dove effettivamente gli inglesi sono tutt’altro che degli esempi virtuosi. Venendo ai diritti televisivi, dal campionato 2014-2015 i ricavi della Premier League sono raddoppiati passando da 1,7 miliardi a 3,1 miliardi di sterline. Le sponsorizzazioni sono passate in questi 8 anni da 987 milioni a 1,65 miliardi. Paradossalmente, in questo boom delle entrate sono cresciuti molto meno i biglietti delle partite saliti soltanto nello stesso periodo 2014-2022, da 583 milioni a 700 milioni.

Il segreto? La cura degli stadi

Come registrato anche dalla Deloitte nella sua annuale relazione sullo stato dell’industria del football in Europa, nonostante la pandemia, i club della massima serie inglese hanno avuto una crescita dei ricavi dell’8% proprio nella stagione 2020-2021 passando da 4,5 miliardi di sterline a 4,9 miliardi di sterline: quasi un miracolo tenendo conto della tragedia pandemica. Una delle ragioni che vengono poste a fondamento di questo enorme successo economico della massima serie inglese, è costituito dalla gestione degli stadi. In Italia le strutture sono spesso abbandonate e obsolete: in Inghilterra rappresentano il cuore del business del pallone.

Sono state rinnovate, modernizzate e sono diventate dei centri commerciali e residenziali di grande appeal sul mercato. Come dicevamo, nel giro di trent’anni, il calcio inglese è diventato un benchmark internazionale, mentre il calcio italiano è a poco a poco declinato, sia dal punto di vista sportivo sia soprattutto da quello della reddittività economica, in una posizione quasi fallimentare.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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