Qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l’odore dei limoniEugenio Montale, “I Limoni

C’è stato un tempo lungo, lunghissimo, 700 anni , in cui il territorio di frontiera tra Sanremo e Nizza era un gigantesco giardino di agrumi. Cinquanta km di orti e campi e giardini coltivati, e fiori e frutti colorati (e verde, giallo del limone, arancio dell’arancio, e bianco dei fiori…). Dal medioevo a metà 800 tutto era agrume.

Tutto è turismo

Milioni di frutti. Milioni. Solo a Nizza 10 milioni di arance all’anno. Sanremo 27 milioni di limoni. Undici milioni a Mentone, dai limoni di prima classe ai limoni di quinta classe, con tanto di statistiche, a inizio 800. Proprio se vogliamo fare una stima imperfetta e indicativa diciamo che in 50 km si raccolgono 70- 80 milioni di frutti l’anno. Anche 100.

Un oceano di agrumi da trasportare

Così esportazione verso il nord Europa e barche, navi di ogni tipo, e modalità di conservazione. Casse di legno e carta che avvolge i singoli limoni o arance , botti di legno per il succo dei frutti di limone spremuti, quelli più piccoli e di seconda scelta. Un albero di limone o arancio ha mediamente la vita di un uomo: allora generazioni di alberi e di giardinieri e potature mai finite e innesti, un fiorire oltre che di agrumi, di attività varie, di commerci e di vivai. Nel 1336 il delfino Umberto di Savoia passa da Nizza e compra 20 alberi di arancio, come souvenir.

E poi regolamenti comunali, ciascun comune ne ha uno e ci sono Magistrati eletti dal Sindaco che controllano la raccolta e il commercio, ci sono ordinanze comunali e statuti insomma di tutto e di più. E barche tante in rada, piccole e grandi, con il loro carico di agrumi e poi- non poteva mancare- contrabbando perché bisogna pagare il dazio per pochi metri da un comune all’altro, compreso il certificato obbligatorio del sindaco che ne certifica la provenienza e la qualità.

Barche che, bordeggiando bordeggiando, arrivano fino a Marsiglia da dove partono i bastimenti carichi di agrumi per i porti del Nord Europa: Bordeaux, Anversa, Copenhagen e su’ su’ fino in Russia (per la festa dei Tabernacoli ) . E poi chicche in questo mare di colori: i limoni di XXmiglia resistono di più al viaggio perché più agri, quelli della qualità detta “bignetta” appassiscono ma non marciscono e si conservano in bontà più degli altri.

Ventimiglia produce 3,5 milioni di limoni

E vai con Bordighera e i 9 Capitoli sui limoni del 1776 (documento inedito scoperto da chi scrive negli archivi dipartimentali di Nizza, serie M 377) con 4 persone scelte ogni anno nel mese di aprile come magistrati dei limoni ( capitolo 1) e più avanti nella lettura scopri che ci sono anelli in ferro per misurare i limoni (chissà chi li ha ancora in cantina …?). I diametri degli anelli: “ anelu grossu » con 54 mm di diametro, « anelu de Mentun” con 51, “spezin” 47, e anelu “minuto”35. Ospedaletti, nel suo piccolo produce 2 milioni di limoni, e ringrazia la bontà del suo clima, e lo stemma della città vede un leone appoggiato a un albero di limone, d’oro in campo azzurro.

E infine Sanremo senza dubbio il mercato agrumario più importante dall’ undicesimo al diciannovesimo secolo. Nello statuto del 1582 apprendiamo che il Comune monopolizza la raccolta e la vendita per ricavare i fondi necessari per l’ampliamento del porto. “È noto, e manifesto, che tutto il luogo di S Remo si mantiene delli frutti, quali ivi nascono, e che è il maggiore, e principal negotio, che ivi si faccia massime di cetroni, e limoni, e senza quello luogo se n’anderia distrutto e rovinato”.

Tanto per dare un’idea della sua rilevanza

E del 1662 è il “Ricorso al Serenissimo Senato della comunità di S Remo contro Bernardo Portelli per l’acquisto di 27 milioni di limoni, a condizioni diverse da quelle stabilite dagli statuti“. Ventisette 27 milioni di limoni l’anno … per 10 anni: ecco la proposta del mercante veneziano per monopolizzare il mercato, con l’esclusiva dell’ esportazione in Gran Bretagna, Fiandre, Olanda, Italia del nord. Ma il tutto fallisce, per una sorta di sommossa popolare.

Gilet jaunes dell’epoca!

Tanto per rimanere in tema cromatico. In sostanza è un’opera collettiva, una oceanica opera di tutti: tutti fanno raccolta e coltivazione di agrumi: uomini-donne-bambini . L’aria che respirano sa di agrumi, nell’aria odore di limoni, e così capisci Montale ! Non a caso anche il simbolo di Mentone è un albero di limoni con frutti d’oro su fondo verde, e nel mese di febbraio ancora oggi c’è la grande festa popolare dei limoni con l’esposizione degli agrumi e con i carri a tema, sfilata che risale al 1935. E ancora curiosità, rabastando dalla lettura noiosissima e al tempo stesso interessantissima dei regolamenti, che allora erano vita di tutti i giorni.

I limui a cascia

Limoni alla “tedesca” raccolti verdi senza picciolo, confezionati in casse legate e inchiodate, detti anche “limui a cascia” avvolti in carta speciale, e imballati poi nelle casse appunto. Limoni alla “caravana” con picciolo, ma non buoni per l’esportazione. In più c’è il commercio dell’agro fatto con limoni scartati perché non entrano nei diametri, limoni per succo usato per le bevande, la tintura dei tessuti e in medicina come emostatico e diuretico … e avanti così che le attività si moltiplicano.

E poi i grandi nemici che si manifestano, e si chiamano gelate e malattie. Gelate, grande incognita: la prima citazione di gelata è del 1470, poi quella successiva del 1609. Sembrerebbe così che il 500 sia stato un secolo mite. Monterumici, lo studioso che ci tramanda le notizie statistiche di gelo, grandine o neve, ci segnala che nel 1709 la gelata fu talmente storica da far passare molte coltivazioni da agrumi ad olivo, almeno a Sanremo. La siccità è altrettanto temuta e l’irrigazione era regolata a Sanremo da 3 deputati eletti.

Tutti temi che sembrerebbero attuali, n’est-ce pas?

Per non parlare delle malattie. Parliamo infine anche di religione, della Stagione dei cedri all’ebrea che si svolgeva dal 1 agosto al 15 ottobre. Quando i cedri prendono la via della Germania. Sono per la festa dei Tabernacoli o delle Capanne, come si chiamava la grande festa autunnale degli ebrei, detta anche festa della Raccolta perché segnava il termine dei lavori campestri, e dove i cedri venivano appesi alle foglie di palma. Poi il buio. A metà 800 la luce si è spenta. Poi vennero gli inglesi e iniziò il Turismo. Anche la floricoltura, ma tutto avrà il respiro breve dei tempi moderni. Agrumi di Riviera e di frontiera: che fascinazione il tempo lungo della storia, altro che tweet!

(in memoria del prof. Giovanni Rebora)

Eraldo Mussa

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *