La decisione di Putin di decretare l’annessione dei territori ucraini occupati dalle truppe russe, ricorda tanto … ahinoi troppo, l’Anschluss austriaco del 1938. Il 12 marzo di quell’anno Hitler decretò l’annessione (traduzione letterale del termine tedesco Anschluss) dell’Austria alla Germania. Crediamo posso essere utile ricapitolare, seppur in sintesi, cosa accadde nella primavera di quel 1938 contrassegnato dai “venti di guerra”.

L’importanza del Trattato di Versailles per gli equilibri europei

La fine della I guerra mondiale aveva registrato il dissolvimento contestuale di tre imperi. Quello russo, quello prussiano e, soprattutto ai fini della storia che stiamo ricostruendo, quello austro-ungarico.  Sul tavolo dei negoziatori del Trattato di Versailles, nel 1919, uno dei temi più spinosi fu proprio quello di determinare i nuovi confini di questo nuovo stato chiamato Austria. In un territorio ben diverso e ben più piccolo rispetto a quello dell’impero degli Asburgo. Da un lato, bisognava riconoscere agli austriaci il diritto di avere un loro stato, dall’altra parte bisognava proteggerlo da eventuali futuri rischi di invasione.

Il diritto all’autonomia e all’indipendenza

Così, l’articolo 80 del Trattato di Versailles vietava espressamente l’inclusione dell’Austria nella Germania. Tale divieto, fu solennemente ribadito dall’articolo 88 del Trattato di Pace di Saint-Germain-en-Laye del 10 settembre 1919. La nuova Austria dovette confrontarsi presto, al proprio interno, tra una parte della popolazione che rivendicava il diritto all’autonomia e all’indipendenza, sul modello delle democrazie occidentali. E una parte degli austriaci che invece, durante l’ascesa di Hitler nella vicina Germania, immaginavano una grande unione fra i due popoli per prendersi una rivincita del vergognoso Trattato di Versailles.

Il tentativo di arginare Hitler

Proprio per cercare di evitare il rischio di nazisticazione dell’Austria, il Cancelliere Engelbert Dollfuss, nel 1933, instaurò un governo autoritario, sul modello del fascismo di Mussolini e allacciò rapporti diplomatici di collaborazione proprio con l’Italia. Il progetto di Dollfuss era quello di riuscire ad arginare le mire espansionistiche di Hitler costruendo un’alleanza tra l’Austria, l’Italia e l’Ungheria. Il 17 marzo 1934 i tre paesi firmarono i Protocolli di Roma con l’impegno reciproco ad intervenire militarmente in caso di invasioni di eserciti nemici. Ovviamente questa soluzione cozzava con i propositi di annessione dei nazisti austriaci che nel luglio del 1934 tentarono un colpo di stato che fallì.

Un pretesto che il Fuhrer non si fece scappare

Durante gli scontri Dollfuss fu ammazzato e gli austriaci non nazisti si ritrovarono senza il loro punto di riferimento. Il Presidente della Repubblica Miklas nominò cancelliere Kurt Alois von Schuschnigg, un sostenitore dell’indipendenza dell’Austria. Il nuovo Presidente del Consiglio fece arrestare e condannare a morte tutti gli austriaci nazisti coinvolti nel tentativo di colpo di stato e chiese aiuto a Mussolini che come risposta schierò ai confini del Brennero l’esercito italiano, dando un preciso segnale a Berlino. Gli eventi successivi dimostrarono che Hitler non cercava altro che degli spunti per espandere i confini della Germania: così era avvenuta in Renania nel marzo del ’36 e così si temeva potesse avvenire anche in Austria.

Ma non ci fu nulla da fare

Von Schuschnigg cercò di aprire una trattativa con Hitler sperando che le vie diplomatiche potessero svuotare di contenuto l’incubo di una annessione. In realtà, ogni tentativo fu vano. Il fuhrer aveva in testa l’occupazione del territorio, spinto anche dalle richieste dei nazisti austriaci vogliosi di vendicarsi dopo il golpe fallito nel ’34. Il Presidente del Consiglio, sotto pressione di Berlino, incluse nel governo anche alcuni rappresentanti del partito nazista austriaco. E  inoltre si impegnò ad abrogare il divieto di ricostituzione del partito nazista austriaco, pur di evitare lo scontro armato.

Roma non sarebbe intervenuta!

L’ultimo tentativo di von Schuschnigg fu quello di indire un plebiscito attraverso il quale il popolo austriaco potesse esprimersi sul futuro del paese. Rimanere libero ed indipendente oppure farsi assoggettare dai tedeschi. La mossa di von Schuschnigg irritò non poco il fuhrer che voleva evitare di essere “messo in un angolo” di fronte ad una probabile volontà della maggioranza del popolo austriaco di non farsi annettere dai turbolenti vicini tedeschi. Bisognava però risolvere il problema dell’alleanza fra Vienna e Roma. Fu incaricato, da Berlino, il Principe Filippo d’Assia di recarsi a Roma e di sentire il polso e le volontà del nostro duce. Dopo 48 ore di intensi incontri e trattative, l’emissario del fuhrer poté confermare ad Hitler il “via libera”: Roma non sarebbe intervenuta!

Il cancelliere filo-tedesco Seyss-Inquart non evitò l’Anschluss

Hitler poté dare, allora, l’ordine di esecuzione dell’intervento militare denominato Operation Otto. Von Schuschnigg, proprio nell’ottica di evitare spargimenti di sangue, si dimise e il Presidente della Repubblica Miklas fu costretto a nominare cancelliere il filo-tedesco Seyss-Inquart. Un minuto dopo la sua nomina, il neo cancelliere chiese alla Germania di intervenire militarmente in Austria per porre fine ai disordini scoppiati nel paese. L’11 marzo 1938, legittimato dalla “chiamata” del capo del governo, l’esercito tedesco entrò in Austria senza alcuna resistenza da parte dell’esercito austriaco. Lo stesso giorno, ed ecco qui il parallelo con la nostra drammatica attualità, la Germania proclamò l’annessione (l’Anschluss) dell’Austria alla Germania.

Il plebiscito tedesco del 10 aprile 1938

Al progetto di Berlino mancava ancora soltanto un tassello: la certificazione della volontà del popolo austriaco. Il rispetto, in altre parole, di quel principio coniato dal Presidente degli Stati Uniti Wilson, proprio alla vigilia della fine della I guerra mondiale: la salvaguardia della autodeterminazione dei popoli. Un principio fondamentale per il Presidente americano che, secondo molti storici, fu la causa di tutti i disastri del secolo scorso e, aggiungiamo noi, anche di questo secolo iniziato proprio con pericolosissimi “venti di guerra”. Hitler, per legittimare l’Anschluss, fece indire dal governo austriaco un plebiscito che si tenne il 10 aprile 1938. I dati ufficiali ci tramandano che i favorevoli furono il 99,73% dei votanti, il “no” ottenne solo lo 0,27%!

L’affluenza al voto fu altissima, il 99,71%

Fin qui la ricostruzione dell’Anschluss austriaco. Torniamo alla nostra complessa attualità, lasciando ai lettori valutare le analogie, le coincidenze, i risultati dell’operazione di Putin nel Donbass. Abbiamo visto tutti in televisione come gli elettori dei territori annessi siano stati “liberamente” messi in condizione di esprimere il loro voto! E così non ci siamo sorpresi troppo di una adesione oceanica all’Anschluss delle quattro regioni ucraine diventate formalmente russe, quasi una fotocopia di cosa avvenne in Austria nel ’38. Conoscendo le successive mosse di Hitler da quel marzo del ’38 fino al 1° settembre del ’39, quando le sue truppe invasero la Polonia, non c’è veramente nulla per stare allegri. Vediamo come si modifica il contesto della guerra russo-ucraina dopo questa proditoria annessione.

L’annessione del Donbass a Mosca: 100mila km quadrati

Incominciamo col dire che per la prima volta da quando esiste, la federazione russa avrà un confine non riconosciuto dalla comunità internazionale. E’ importante capire anche la dimensione dell’annessione che verrà deliberata il 4 ottobre degli ex territori ucraini. Complessivamente Putin si sta annettendo più 100.000 chilometri quadrati di territorio, pari a oltre il 15% della superficie totale dell’Ucraina. Una estensione sostanzialmente analoga a quella del Portogallo!
Diventando territori russi, le quattro regioni ex ucraine diventano, come detto, parti della federazione. Quindi ogni tipo di attacco militare, dal cielo e dalla terra, verrà considerato un attacco diretto a Mosca, con, di conseguenza, tutte le “legittime” reazioni russe ad una “aggressione straniera”!

Cina e India ci ripensano?

Potrebbe sembrare a prima vista un paradosso, ma dal punto di vista del diritto internazionale è una drammatica realtà. Proprio per opporsi, sia formalmente sia sostanzialmente, a questa decisione del governo di Mosca, l’ONU ha proposto, nelle ultime ore, l’assunzione di una mozione di condanna alla decisione russa. Ovviamente Mosca ha opposto il diritto di veto e quindi la mozione non è passata. E’ importante sottolineare come questa volta l’astensione di paesi come Cina e India alle decisioni di Putin, stia “girando” da una neutralità piena ad una “preoccupata astensione”. Anche Pechino e New Delhi temono il rischio di una escalation militare.

Secondo Mosca ora la pace è più vicina

La pace è più vicina? Secondo Putin, sì. Infatti ha già dichiarato di essere pronto a negoziare. Per il governo ucraino no, perché l’eventuale pace vorrebbe dire riconoscere il diritto della Russia non solo ad annettersi la Crimea, ma anche le quattro regioni oggetto dell’ Anschluss: uno scenario inaccettabile! Tra l’altro contaminato da un plebiscito in cui, come si è visto, non sono stati rispettati i diritti degli elettori. Concludiamo questa panoramica, partita dal precedente austriaco e completata con le decisioni che verranno assunte dal parlamento russo di ratifica dell’annessione con una dolorosa ammissione.

Si assiste a una preoccupante escalation militare

Il rischio di una escalation militare si è alzato di molto. L’ipotesi di utilizzo di bombe nucleari convenzionali da parte dei russi è attentamente preso in considerazione dalla Nato. I tempi del conflitto si allungano ancora con tutte le conseguenze dal punto di vista sia militare, sia, soprattutto, economico per tutti noi europei. C’è un’unica garanzia in questo tragico contesto, quella denunciata dal Papa dal balcone di San Pietro: continueranno, senza sosta e senza pudore, le atrocità connesse agli scontri militari.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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