Le due ruote cambiano il mondo? Nella Cina di Mao Zedong la bicicletta fu un simbolo di quella rivoluzione culturale ma non è di quegli eventi che voglio parlare. Resto sull’attualità e su un’Italia, stretta anche nella morsa della crisi energetica, in cui la bici potrebbe essere più di quanto già lo sia il segno di un nuovo stile di vita più sostenibile. Nei personali contributi a L’Incontro mi sono ripromesso di partire dal racconto delle mie uscite in natura, a piedi o in bicicletta, per lasciare qualche traccia sui temi della sostenibilità e dell’ambiente. Questa volta però rimango in città, le sollecitazioni non mancano neppure qui.

400 chilometri, il flash di un autovelox… Zurigo ci aspetta

400 chilometri, il flash di un autovelox, mezz’ora di coda al S. Gottardo e altri 25 minuti per uscire dall’autostrada. Ore 19.45 di un venerdì sera, finalmente a Zurigo. Avevamo già provveduto a pagare anticipatamente online la sosta nelle aree a strisce blu ma dopo 40 minuti di giri inutili ci infiliamo in un parking sotterraneo e abbandoniamo l’auto carica di bagagli. Rimpiangiamo il treno. Non c’è un buco dove parcheggiare, forse perché è venerdì sera, sicuramente perché i posti previsti sono pochi, molto pochi. Non conoscevo Zurigo e al netto del problema della sosta mi appare fin da subito una città non solo bella ma anche vivibile, ordinata, pulita, niente affatto caotica e rumorosa. Con poche auto in giro, tram silenziosi che hanno sempre la precedenza e tante biciclette.

Poche auto perché pochi parcheggi?

Poche auto, pochi parcheggi. O poche auto perché pochi parcheggi? Penso alla Parigi di Anne Hidalgo, alle azioni anti-automobili della sua giunta, ai 250 milioni stanziati nel 2021 per continuare a trasformare l’intera città in un paradiso della bicicletta. Ne ho parlato con amici durante l’estate, il loro nipote che ora ha 6 anni si è sempre mosso in bici: prima a traino con quella di papà, oggi prudentemente con la sua. Andare a scuola in auto non sa cosa significhi.

Bici e auto fianco a fianco

La mattina successiva sposto l’auto sotto casa di mia figlia, nei parcheggi blu di superficie. Diversamente dalla sera precedente, c’è spazio anche per un secondo veicolo. Per i tre giorni zurighesi ci muoviamo a piedi lungo le due sponde del lago, nella città vecchia e nei quartieri di riqualificazione più recente, tra il verde delle colline che avvolgono la città e le montagne, già imbiancate, che scorgiamo non lontane. Come carburante un caffè a Wiedikon, un bratwurst al Rote Fabrik.

I ciclisti sono sempre tanti anche se pioviggina, le auto vanno piano tranne rare eccezioni e si fermano a un metro di distanza dalle strisce pedonali. Girando per Zurigo, così come mi era successo in altre grandi città del nord Europa, mi ripeto che il tema non è solo di strutture. Quelle sono fondamentali ma esiste anche una questione di educazione stradale, di civiltà. Le biciclette viaggiano spesso insieme alle auto, fianco a fianco sulle stesse strade, lungo direttrici ben segnalate in giallo.

Una città senza parcheggi per le auto

Le vie di maggiore scorrimento sono senza parcheggi e quindi più larghe, la velocità è spesso limitata a 30-20 chilometri all’ora (quante polemiche da noi!), i semafori sono impostati per durare poco e scoraggiare le 4 ruote. Di contro l’automobilista rispetta i movimenti dei ciclisti (e dei pedoni) e le corsie a loro destinate. Gli incidenti accadono, però la mia sensazione è che i guidatori sappiano di essere minoranza. Minoranza educata, rispettosa. Chi mi conosce sa che mi piacciono le auto, mi diverte guidarle, amo la velocità e la patente a punti è stata una rovina. Non sono certo anti-auto. Amo anche la bici, il viaggio lento, il silenzio. E cammino molto. Non c’è contraddizione, il mezzo adeguato per ogni situazione. Cambio di mentalità e di abitudini.

Un nuovo modo di vivere le città

Ripenso ai recenti “Sustainability Days di Bolzano. Ho ascoltato riflessioni su auto e sostenibilità con ripetuti riferimenti a Parigi, la “città dei 15 minuti”, e a Barcellona che vuole diventare “la prima città al mondo in cui le automobili non sono prioritarie”. Le giornate in Svizzera mi stimolano, cerco notizie, giusto qualche flash. Nel centro di Copenaghen il numero delle biciclette supera quello delle auto. Sole, pioggia o neve, non c’è problema,382 chilometri di piste e nelle ore di punta i semafori sono coordinati a favore dei ciclisti.

A Utrecht, in Olanda, c’è un parcheggio per 12.656 bici

A Utrecht, in Olanda, sotto la stazione centrale, c’è un parcheggio per 12.656 bici, tre piani sotterranei. A Londra, città dalle dimensioni ben maggiori, il “Cycling Action Plan” voluto dal sindaco Sadiq Khan mira a triplicare il numero delle piste ciclabili in 5 anni, per migliorare ulteriormente l’attuale 63% di passaggi con trasporti puliti (piedi, bici e mezzi pubblici). Leggo di bike line, di ciclabili in sede propria e di superstrade per le due ruote. In Franciagli spot sulle auto dovranno promuovere l’uso della bicicletta, sono indicazioni governative. Mi sposto in area mediterranea, forse il nord Europa è troppo virtuoso.

Biciclette protagoniste ovunque

Mi colpisce ancora Barcellona, 300 piste ciclabili e la sindaca Ada Colau che continua a stravolgere le strade per favorire la mobilità attiva e l’adattamento ai cambiamenti climatici. Sempre in Spagna, Valencia si definisce la città mediterranea con l’uso più elevato della bicicletta, circa 110mila spostamenti quotidiani su una popolazione di 800mila abitanti. La musica non cambia. Provo più lontano, mi limito a due sole suggestioni: in Nuova Zelanda, Julie Anne Genter, parlamentare e ex ministra per le Donne, ha partorito entrambi i figli arrivando in bici in ospedale. E Bogotà è stata premiata come la città che ha fatto più progressi nel mondo per quanto riguarda la diffusione della mobilità ciclistica. Bici protagoniste ovunque.

In Italia a che punto siamo?

Scopro che il nostro Codice della strada ha introdotto le “strade a priorità ciclabile”. Un piccolo passo, importante. In tante città aumentano i chilometri di piste ciclabili, buon segno. Ma è l’esempio di  Milano che spicca. La giunta Sala ha sposato il modello parigino della “città dei 15 minuti” e ha illustrato da poco il programma per 70 chilometri di nuove piste da realizzare nei prossimi due anni. È il capitolo cittadino di “Cambio” l’importante biciplan presentato un anno fa con cui la Città Metropolitana intende collegare il capoluogo con l’hinterland e i diversi Comuni tra loro.

La sensazione è che stiano lavorando per una reale alternativa agli spostamenti in auto. Chiudo con il Piano Generale della Mobilità Ciclistica pubblicato lo scorso agosto dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e mi limito a citare un passaggio-obiettivo: “realizzare un effettivo shift modale all’interno delle città tra l’automobile e la bicicletta”.

Un lungo processo, economico e culturale

Cammino per Zurigo e penso alla strategia italiana. La direzione sembra quella giusta ma resta ancora tanto da fare. Molti chilometri di nuove ciclabili sono un dato positivo, il piano del Ministero contiene linee di indirizzo importanti che occorre trasformare in progetti reali, superando le resistenze. Non è sufficiente aggiungere ai cittadini una possibilità in più, poter usare la bici in città. Servono azioni più profonde. Ricordo come a Torino, in preparazione alle Olimpiadi del 2006, furono pedonalizzate in larga parte le piazze auliche della città, San Carlo, Castello, Vittorio Veneto, un tempo piene di veicoli. Fu un mutamento forte, non senza polemiche. Qualcuno oggi vorrebbe tornare indietro? Quella delle bici sarà una rivoluzione altrettanto potente?

Di quale Rivoluzione stiamo parlando?

I possibili benefici. La migliore qualità dell’aria, in cui l’auto è solo uno degli attori, e la riduzione dell’inquinamento acustico, ad esempio.  L’aumento degli spazi in strada considerando la differenza di dimensioni tra auto e bici. La riduzione del consumo del manto stradale e i relativi risparmi. Il miglioramento dei parametri sanitari grazie all’aumento dell’attività fisica per un popolo così sedentario come il nostro e le conseguenti economie in spese sanitarie. L’energia pulita del pedale è un aiuto al portafoglio in termini di minori uscite. Al tempo stesso, già nel pre-covid, produce ricchezza: oltre 13 miliardi di euro il valore in Europa, con trend in crescita (Bikeconomy, G. Santilli-P. Soldavini, Egea 2019).

La rivoluzione del “Bicycle first”

La città è luogo di incontro, di relazioni. Vivibilità. Usare l’auto solo quando è assolutamente necessario o quando il trasporto pubblico non viene in aiuto, l’ultimo fondamentale tassello. Che significa avere mezzi pubblici efficienti, su cui poter trasportare le bici, interconnessi con le piste ciclabili. E poi c’è l’ebike, un potenziale grande aiuto per chi arriva in città dai Comuni limitrofi ed è costretto ad allungare il percorso.

Ordine e silenzio. Non saranno un filo noiosi?

Rösti mit spiegelei sul lungolago, un piatto semplice, patate e uova molto gustose. Condivido le mie impressioni su Zurigo e mi raccontano che lo scorso anno la popolazione ha votato (79% di SÌ) per destinare quasi 30 milioni di franchi al recupero di una galleria automobilistica sotto la stazione centrale. Era lì fin dagli anni ’80. Le due ruote potranno superare uno dei nodi più pericolosi della città attraverso un passaggio sotterraneo di 200 metri di lunghezza, doppie corsie di marcia e parcheggi con accesso diretto ai binari. Ancora una volta bici al posto di auto. Meno caos, meno rumore, meno motori rombanti, clacson irritanti. Ci godiamo gli ultimi raggi di sole prima di ripartire. “Bicycle first”, ci arriveremo. Ma tanto ordine e silenzio non saranno un filo noiosi?

Alfredo Valz Gris

 

 

 

Alfredo Valz Gris

Biellese dalle radici walser, laurea in economia, oltre trent’anni di attività nella comunicazione. Alla passione per montagna e outdoor abbina l’interesse per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda...

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