Arriva una telefonata concitata da Babrujsk (o Bobruisk) , Bielorussia, 400 Km da Kiev. E’ ufficiale, la Bielorussia entra in guerra armata contro l’Ucraina.

Oggi primo allarme generale di prova.

Chi mi parla è la mia figlia “di cuore”, venuta in Italia 20 anni fa da un orfanotrofio con il progetto Chernobyl e rimasta con noi , accrescendo la nostra famiglia anche di uno splendido bambino.

Mai avrei creduto nella mia vita di poterla considerare un nemico.

Fino a l’altro ieri le nostre telefonate parlavano delle fabbriche di trattori che chiudono perché non hanno componenti elettronici forniti in passato anche dall’Italia. E del conseguente aumento della disoccupazione. Della penuria di generi alimentari, di negozi con scaffali sempre più vuoti, dei prezzi in vertiginoso aumento, dei pomodori che costavano 1 euro e ora, se li trovi, 3,5 euro al kg. Ma anche degli assorbenti da donna che non ci sono più così come i medicinali negli ospedali. E dei dollari ed euro che non esistono più come valuta sostituiti all’improvviso dagli Yuan che saranno, si dice, la valuta di riferimento

Dei russi che arrivano in Bielorussia per fare la spesa perché versano in condizioni ancora peggiori. A San Pietroburgo le scuole sono chiuse perché manca la carta per scrivere, la gente si azzuffa per lo zucchero. I pannolini per bambini sono merce rara e il loro prezzo è passato da 2.400 a 16.000 rubli a confezione.

Ieri però la voce era più ansiosa. Questo perché nella sua città, che ospita l’aeroporto militare che fa da base per i caccia russi, sono arrivati migliaia di giovani reclute russe. Dice “Sono bambini, ti giuro, hanno massimo 19 anni. Sono piccoli, magri, spauriti”.

Mi raccontava dei canali alternativi alla propaganda di guerra da dove arrivano le voci dei loro coetanei dal fronte che raccontano della voglia di tornare a casa, della fame, del freddo e della paura. Racconta delle fonti ufficiali che parlano di 800 soldati morti e di quelle non di regime che portano il numero a 12.000 vite spezzate.

E di chi scappa dalla Bielorussia distruggendo il passaporto con la scritta “Slava Ucraina” (Ucraina Libera). Persone che in Bielorussia non torneranno più perché sarebbero arrestati come tutti gli oppositori al regime.

Ma per chi non vuole o non può fuggire non ci sono alternative alla povertà, già endemica in Bielorussia, aggravata dal futuro ma ormai certo conflitto. I visti per lavoro per l’Italia sono sospesi da anni, quelli per la Polonia vengono concessi con il contagocce. I bielorussi non sono profughi, nessuno li accoglie a braccia aperte, sono dalla parte sbagliata della storia.

Nessuno ci ha difeso quando siamo scesi in piazza per protestare contro i brogli elettorali. Nessuno si occupa delle 4.000 persone ancora in carcere in condizioni inumane. E a nessuno interesserà se noi moriremo di fame e di guerra”.

Troveremo il modo di farla venire qui, al salvo. Non ci possiamo arrendere perché sono tutti vittime di quelli che Gino Strada chiamava gli effetti collaterali della guerra che distruggono un popolo per anni anche dopo il cessate il fuoco.

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