Raccontano le loro storie, la loro vita, il loro dolore, sono le donne ucraine che lavorano da molti anni nelle nostre case. Quella Ucraina è la seconda comunità straniera più grande d’Italia con 236 mila presenze, per il 77% composta da donne (fonte Domina, associazione nazionale famiglie datori di lavoro domestico).

Oltre 177 mila delle donne ucraine sono impiegate nei lavori domestici e nei servizi alla persona (il 65% sul totale). Il 15% lavora nella ristorazione, il 9% nei trasporti e nei servizi alle imprese, il 9% nell’industria, e il 2% in agricoltura, caccia e pesca (fonte Istat).

A loro affidiamo figli e nipoti, la cura e l’assistenza dei nostri anziani – a casa come in ospedale – , la gestione della routine famigliare, la cucina, il fare la spesa e il rassettare. A loro offriamo la nostra fiducia oltre che un discreto introito economico che, nel primo semestre del 2021, ha prodotto oltre 141 milioni di euro di rimesse destinate ai parenti rimasti in patria. Ne abbiamo intervistate tre.

Eugenia, anni di sacrifici andati in fumo

Eugenia è originaria della provincia di Chernivtsi. In Italia da 19 anni ha saputo adattarsi ai lavori che le venivano offerti. Ha iniziato come babysitter a Legnano, poi a San Giuliano Milanese e quindi a Milano. “Ho trascorso i primi anni a curare le case delle famiglie che mi ospitavano, fare da mangiare, fare la spesa. Poi ho iniziato ad accudire le persone anziane non autosufficienti”. Tutti i soldi che ha guadagnato ogni mese Eugenia li ha inviati ai suoi due figli, Albina – oggi 38enne – e Ivan Nocolaj – che di anni ne ha 35. “I miei risparmi sono serviti per costruire le loro case”, dice sconsolata. “Oggi è tutto abbandonato o distrutto. I mie figli con le loro famiglie sono dovuti scappare verso Odessa. Ho risparmiato per venti anni facendo sacrifici, pensando al mio ritorno, a quando mi sarei goduto la pensione con figli e nipoti. Ora è tutto svanito”.

Eugenia – che ha 61 anni – nel suo Paese ha lasciato anche il marito invalido di 70 anni che, come lei, fino a un paio di settimane fa non credeva nella guerra tra russi e ucraini. “In questi giorni insieme alla comunità ortodossa ucraina di Milano stiamo organizzando l’invio di beni alimentari ma soprattutto di medicine, garze, bende, kit sanitari”. Si metteranno mai d’accordo russi e ucraini? “Non credo”, dice sicura. “Siamo un popolo orgoglioso che non si inginocchia mai. Noi vogliamo proteggere la nostra libertà. Proteggiamo le nostre case, la nostra terra. Mentre i ricchi scappano il popolo combatte anche a mani nude.”

Lyuda, ho fatto mille lavori

La sfiducia sul possibile accordo tra russi e ucraini è un pensiero comune a molte ucraine. Come a Lyuda – 55 anni – da 20 in Italia con la madre invalida Maria. Arrivata in Italia in cerca di lavoro Lyuda pensava di ritornare in Ucraina dopo pochi anni. E invece… . “Invece ho trovato un compagno e ho fatto una figlia, Anastasia che oggi ha 18 anni e vive a Milano. All’inizio del mio soggiorno italiano mi sono adattata, ho fatto un po’ di tutto pur di lavorare”, spiega singhiozzando. “La badante per imparare un po’ la lingua, prima a Varedo poi a Milano, poi la colf, l’estetista, la massaggiatrice…”. Una successione di lavori precari che hanno accompagnata Lyuda così come molte donne ucraine.

Oggi il pensiero di Lyuda è rivolto ai maschi della sua famiglia rimasti in Ucraina – il figlio di 29 anni, il marito di 52 e il genero di 30 anni – mentre la sorella Lilla è riuscita a raggiungere la Polonia in autobus da Chmel’nyc’kyj, cittadina nel distretto di Leopoli. “Ogni estate sono sempre riuscita a tornare in Ucraina e di anno in anno la vedevo progredire, migliorare. La nazione si è sviluppata, tutti hanno voglia di fare e organizzare nuove attività, crescere. Non ci aspettavamo una cosa come quella che sta accadendo. Anche con Poroshenko (presidente prima di Zelenskyy ndr) l’Ucraina si era aperta verso l’Europa. In questi quattro anni con Zelenskyy l’edilizia è cresciuta molto, gli uomini hanno sempre lavorato bene.”

Lyuda è impegnata con la comunità ortodossa di via Meda a Milano nella raccolta di beni alimentari da spedire con i camion nelle poche città ucraine ancora non circondate. “In questi 20 anni ho rinunciato alle pizze, alle discoteche e ai divertimenti per che cosa?”. Sarà possibile una riconciliazione, le chiediamo. “Non si metteranno mai d’accordo. Ora ci sono troppi bambini e donne morte. Putin è andato sopra le loro vite. Lui non si fermerà facilmente. Cerca solo ricchezza”.

Svetlana, le donne ucraine resisteranno anche a mani nude

A Bologna abbiamo incontrato Svetlana, 42 anni “che significa luce” dice. A 23 anni è arrivata in bus a Napoli in cerca di lavoro perché in Ucraina “guadagnava una miseria”. (In provincia di Napoli risiede il più alto numero di cittadini ucraini (22 mila), seguita da Milano (19mila) e Roma (19mila). Svetlana ricorda con commozione di aver vagato per un giorno intero senza conoscere la lingua finché qualcuno si è avvicinata a lei e l’ha aiutata. Prima ha trovato lavoro come badante a San Nicola la Strada, poi è stata impiegata in una coltivazione di tabacco. La sua famiglia è originaria di un paese di montagna nei pressi di Bokovel vicino alla riserva naturale di Gorgany. In Ucraina ha lasciato il fratello Russlan con una bimba piccola, Victoria, che ha una sindrome di down. Sua madre malata, invece, l’ha raggiunta in Italia, a Bologna dove si è trasferita da alcuni anni. “La famiglia dove lavoro per le pulizie di casa è meravigliosa”, dice. “Il comune con gli assistenti sociali passano tutti i giorni per assistere mia madre che ha avuto una emorragia celebrare” .

“A Bologna abbiamo tanti amici ucraini e russi e c’è tanta solidarietà. Mai ci saremmo aspettati che potesse accadere una cosa del genere. Con la comunità dei miei connazionali ogni giorno preghiamo per l’Ucraina. Stiamo acquistando medicine e prodotti da farmacia come bende e disinfettanti. Ma anche giubbotti anti proiettili e caschi”. Qualcuno dice che in Russia la gente non sa cosa sta accadendo davvero in Ucraina. “Io penso invece che le madri non possono non sapere cosa stanno facendo i loro figli al fronte”. Alla fine di febbraio Svetlana sarebbe dovuta partire per l’Ucraina ma una sua vicina di casa russa che ha i figli in Russia l’ha avvisata di quello che stava succedendo. “In Ucraina abbiamo perso tutto. Case, terreni ma non la libertà a cui teniamo molto. Il popolo ucraino non si inginocchia. Vogliamo proteggere la nostra libertà e lo faremo con tutti i mezzi disponibili”.

Domenico Megali

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