La Presidente della Commissione UE Ursula Von der Leyen ha dichiarato, a marzo scorso, che l’Europa è una “free Lgbt zone”  dando così ulteriore slancio al dibattito per rendere realmente efficace la prevenzione e la punizione dei crimini d’odio fondati sull’orientamento sessuale.

Nell’Unione Europea sono infatti già puniti in 22 Paesi (in 28 nell’ambito del Consiglio di Europa) e si sta discutendo di passare dalla definizione di omofobia e transfobia, come termini che motivano la condotta e che vengono attribuiti  all’autore del reato, all’enunciazione puntuale delle “condizioni personali protette, includendo sia l’orientamento sessuale che l’identità di genere” .

L’Italia invece, come la Bulgaria e la Repubblica Ceca, si distingue per arretratezza culturale poiché stiamo ancora discutendo del “se” introdurre un’aggravante per questi crimini e decine di voci si alzano contro il ddl Zan, l’unica proposta sensata che ci farebbe fare un passo determinante verso la civiltà.

Una sequela di affermazioni infondate, di parole “come sassi” che, nella migliore delle ipotesi,  riflettendo la propria pochezza, vogliono compiacere un elettorato bigotto, nella peggiore nascondono quel disprezzo verso le diversità che il ddl vorrebbe invece tutelare.

Il senatore Pillon , acerrimo nemico del disegno di legge,  in una intervista a Vanity Fair , dichiara  che  “si tratta di un gigantesco esperimento di ingegneria sociale per distruggere la famiglia naturale “.  Si inizierà, a suo avviso,  con l’impossibilità di poter  esprimere la propria opinione , si arriverà a consentire il matrimonio gay, si consentirà l’utero in affitto, si introdurrà la teoria gender nelle scuole secondo la quale ognuno “può sentirsi uomo o donna , in base  a come si sveglia la mattina”.

L’onorevole Giorgia Meloni, ritiene che il vero obiettivo della legge  sia quello di introdurre il reato di opinione : “si chiama regime e noi lo combattiamo” e, aggiunge, “considero l’utero in affitto una pratica barbara…Voglio difendere il sacrosanto diritto di un bambino di avere un padre e una madre”.

Il professor Massimo Gandolfini, leader del Family Day, ritiene invece proprio inutile la legge poiché i reati contro la persona sono già presenti nel nostro codice penale e quindi la persona Lgbt , i disabili e le donne, sono già tutelate. Non c’è bisogno di alcuna aggravante specifica anzi, anche secondo lui, il rischio concreto è che con il ddl verrebbe introdotto il reato di opinione,  “evento tipico di tutte le dittature”.

Lasciando da parte la prosa del senatore Gasparri che in un post su Facebook dichiara “la #famiglia VERA è quella diversa da quella con “diversi” cioè coppie di sesso uguale ma diverse dalle coppie non diverse “ (!) non stupisce che quasi tutti gli esponenti del centro destra si schierino contro il ddl trasponendo sullo stesso le  modalità liberticide e manipolatrici delle idee , anche dei bambini, proprie,  quelle sì, delle dittature che hanno ammorbato l’Europa della metà del 1900.

Sorprende invece, e non poco, che un gruppo di associazioni del mondo femminista  (le Terf, cioè le transescludenti) e  l’Arcilesbica ritengano che “l’identità di genere viene oggi brandita come un’arma contro le donne”.

L’espressione indentità di genere non sarebbe ammmissibile perchè sostituirebbe il sesso e diverrebbe dunque “il luogo in cui tutto ciò che è dedicato alle donne può essere occupato dagli uomini che si identificano in “donne” o dichiarano di percepirsi taliÈ la premessa all’autodeterminazione senza vincoli nella scelta del genere a cui appartenere , è l’essere donna a disposizione di tutti”.

In California – si legge  in una loro nota – un gruppo di 261 detenuti che si identificano come donne hanno chiesto il trasferimento in carceri femminili suscitando il  terrore delle detenute.

Le Terf ritengono che l’identità di una persona sia legata solo al suo corredo biologico. Quindi solo le donne cisgender sono “vere donne”. Quelle trans sarebbero invece uomini effemminati, in incognito, che “potrebbero facilmente stuprare una donna cisgender approfittando dell’intimità concessa dagli spazi condivisi”.

Traiamo dunque una prima conclusione : nei paesi europei dove la comunità Lgbt è tutelata la libertà di espressione è stata soppressa, la famiglia naturale non esiste più o sta scomparendo, si assiste ad un inquietante mercato di uteri e all’incremento di violenze sessuali ai danni di donne cisgender da parte di uomini che di definiscono trans solo per entrare, con turpi scopi, nei bagni delle signore.

Ma la conclusione è errata e appare invece evidente che nessuno dei citati personaggi ha letto (o capito) il breve testo del ddl  Zan.

Per provare a sgomberare il campo da ideologie retrive iniziamo da una importante decisione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che, nel 2012 ha affermato : “non costituisce ingerenza illegittima nell’esercizio delle libertà di espressione condannare chi renda dichiarazioni di incitamento all’odio nei confronti degli omosessuali” specificando che il diritto di espressione  “trova un limite invalicabile nel rispetto dei valori fondamentali di una società democratica quali la tolleranza ed il rispetto della reputazione dei diritti altrui. Pertanto, a condizione che le pene siano proporzionate, è legittimo che gli Stati membri si dotino di una legislazione penale che sanzioni l’omofobia”.

E leggendo il ddl Zan con onestà intelletuale si capirebbe facilmente che non comporta nessuno dei pericoli sopra paventati.

Non il primo articolo che, utilizzando categorie  già note,  definisce cosa si deve intendere per

  1. sesso (quello biologico o anagrafico);
  2. genere (qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso);
  3. orientamento sessuale (l’attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso o di entrambi e iv) identità di genere (identificazione percepita e manifestata  di sé in relazione al genere anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”).

Sull’ultimo punto si focalizzano maggiormente le critiche ma a chi si chiede ancora cosa sia l’identità di genere e a tutti  coloro che lo ritengono un concetto nuovo e pericoloso per il nostro ordinamento,  suggeriamo di leggere la Sentenza n. 221 del 2015 della Corte Costituzionale la quale ha stabilito che l’identità di genere è un elemento costitutivo “del diritto all’identità personale , rientrante a pieno titolo nell’ambito dei diritti fondamentali della persona”.

Se poi volessero approfondire,  potrebbero riferirsi  alla “Raccomandazione sulle misure per combattere la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o identità di genere” del Comitato dei ministri del Consiglio di Europa e la “Raccomandazione 15/2015 della Commissione Europea contro il razzismo e l’intolleranza”, entrambe adottate dall’Italia, evidentemente all’insaputa dei difensori della famiglia e dell’eterosessualità.

E nessun pericolo proviene neanche dall’aggiornamento dell’ art. 604 bis del c.p. poiché alla  formula “ (è punito con…) chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici o religiosi “ è solo aggiunta la frase “ oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere o sulla disabilità”. Si introduce cioè la tutela “per ciò che si è”,  perché proprio quell’essere donna, Lgbt, disabile ha troppo spesso dato luogo a intolleranza, persecuzione e violenza.  E questa aggiunta è necessaria così come lo era l’introduzione nel c.p. del  femminicidio: ora come allora la discriminazione, la violenza, la soppressione della vita sono contro la persona in quanto disabile, donna, lesbica, gay o trans.

Infine in nessun articolo del ddl è prevista la modifica della legge sul cambio di genere o l’autorizzazione ad interventi medici per rallentare lo sviluppo sessuale di bambine/i che manifestano una incertezza sulla propria identità sessuale ed è fatta salva “la libera espressione di convincimenti ed opinioni”. Dunque, nessuna manipolazione delle idee, nessuna sostituzione ingegneristica della specie “uomo/donna”, nessun bavaglio.

Se questa lettura è corretta non rimane alcun alibi a chi osteggia l’introduzione di una legge che ci costringe a guardare la vita con lenti nuove per capirne e accettarne la complessità se non il rifiuto della diversità che è invece stata richiamata dal presidente della Repubblica come elemento di arricchimento della società.

Il 17 maggio, nella giornata contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia, ha infatti voluto dare una guida di civiltà confermando la necessità del “rifiuto assoluto di ogni forma di discriminazione ed intolleranza (…)” e aggiungendo “le attitudini personali e l’orientamento sessuale non possono essere motivo per aggredire, schernire, negare il rispetto dovuto alla dignità umana perché laddove ciò accade vengono minacciati i valori morali su cui si fonda la stessa convivenza democratica (…) Disprezzo , esclusione nei confronti di ciò che si ritiene diverso  da sé rappresentano una forma di violenza che genera regressione e può spingere verso fanatismi inaccettabili (…) La ferita inferta alla singola persona offende la libertà di tutti” .

E non credo ci sia altro da aggiungere.

Cinzia Gaeta

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