“Un solo autovelox può fruttare incassi per centinaia di migliaia di euro l’anno”, Il Post.it del 24 gennaio scorso. “Il totale del valore economico da queste multe (ndr, da autovelox) è stato di 75,9 milioni di euro”, Panorama.it del 24 gennaio. E per finire: “Caccia a Fleximan. A Vicenza sorvegliato speciale l’autovelox da 100 mila multe”. Il Giornale di Vicenza.it del 27 gennaio, titola così un articolo in cui si spiega che il dispositivo per il controllo di velocità di via Moro, nella città veneta, rappresenta un “obiettivo sensibile” e come tale va controllato a vista dalle forze dell’ordine. Quasi fosse un super pentito della Mafia nei giorni precedenti un maxi processo.

Fleximan, il distruttore degli autovelox (i dispositivi abbattuti sarebbero già una ventina), è diventato un personaggio mediatico e avvolto nel mito. Non si sa se agisca da solo, né se si tratti di una sola persona o, più probabilmente, se abbia fatto proseliti-imitatori. Anche la sua arma è avvolta nel mistero. Il suo nome deriva dalla sega flex, ma potrebbe trattarsi di un’ipotesi. Nessuna sa con precisione quale strumento usi. Sui social è diventato protagonista, e la sua figura ha ispirato anche un’artista. Sabrina Ravanelli gli ha dedicato un ritratto “New hero identity”, che esporrà nella personale “Social identity”, in cartello da giovedì 8 febbraio presso la prestigiosa Fabbrica del Vapore di Milano. Ravanelli ha raffigurato Fleximan con le sembianze di Leatherface, il protagonista, armato di sega elettrica, della saga horror “Non aprite quella porta”.

La figura del “giustiziere di autovelox”, ha diviso l’opinione pubblica italiana. C’è un fronte ultra legalitario, ammantato di moralismo, che lo considera un vandalo, un criminale da perseguire. A questo si oppone chi applaude Fleximan come un eroe, che difende i cittadini vessati da un’amministrazione pubblica vorace. Almeno sui social, il secondo gruppo è di gran lunga più numeroso. Come sempre, non prendo posizioni personali ma cerco di analizzare il fenomeno. Nell’immaginario collettivo, gli autovelox non servono per ridurre gli incidenti e salvare vite, ma costituiscono un ennesimo ingiusto balzello. È la stessa stampa, sono le stesse dichiarazioni di alcuni esponenti della Pubblica amministrazione e della politica che, in qualche modo, avvallano questo sentiment. I tre articoli citati all’inizio del mio intervento (ma avrei potuto riportarne tanti altri) si soffermano sul business degli autovelox.

I danni causati da Fleximan non vengono per lo più misurati citando le vite umane salvate da un autovelox o, almeno, gli incidenti evitati. Al contrario, l’attenzione si pone su quanto “rendeva” in termini di multe. Insomma, gli amministratori pubblici, quando viene abbattuto un misuratore di velocità sembrano disperarsi più per la perdita degli introiti che per la sicurezza delle strade. L’opinione pubblica si chiede poi come mai, a fronte di manti stradali dissestati, di buche, potenziali cause di incidenti, trascurate per mesi se non per anni, insomma di una manutenzione mediamente vergognosa, l’Italia detenga il record europeo di autovelox: 11.130 contro 7.700 in UK, 4.700 in Germania e 3.780 in Francia (Fonte Codacons). Insomma, si trovano più facilmente i soldi per installare autovelox che per mettere in sicurezza le strade. Come ha riportato l’edizione on line de La Repubblica del 26 gennaio “Secondo la criminologa Simona Ruffini, il malcontento si allarga alla cittadinanza che si sente in qualche modo vendicata”.

Interessante l’articolo pubblicato il 6 gennaio da Il Gazzettino.it: “Ma come può un criminale, perché di questo si tratta, che va in giro di notte a danneggiare il patrimonio pubblico, trovare così tanta approvazione popolare?, si chiede il Coordinamento provinciale Sulpl Rovigo, il sindacato unitario lavoratori Polizia locale”, scrive la testata veneta, che continua: “ll motivo è semplice, e noi del sindacato unitario lavoratori Polizia Locale lo denunciamo da tempo – sottolinea il coordinatore provinciale Mirco Gennari -. Troppo spesso, anche se non sempre, per fortuna, con la scusa della sicurezza stradale, le amministrazioni comunali e provinciali hanno fatto spuntare autovelox come funghi, piazzandoli nei posti più disparati, tranne dove effettivamente servirebbero, più per rimpinguare le casse dei loro enti che per una reale volontà di ridurre gli incidenti stradali. Gli agenti in servizio della Polizia Locale diventano così il capro espiatorio a fronte dell’abuso di certe forme di controllo della velocità, quantomeno vessatorie”.

Come ho detto, anche questa volta non prendo posizioni personali. Devo ammettere però che mi inquieta la risposta che lo “Stato” nel suo senso più ampio, sembra dare. Al posto di capire perché un serial killer di autovelox stia diventando un eroe per larghe fette della popolazione, si fa sentire il tintennio delle manette. Non solo per Fleximan e i suoi imitatori, ma anche per chi si limita a esprimere ammirazione per le sue gesta. Alcune procure minacciano per “la claque degli estimatori che su Facebook esortano Fleximan a proseguire nella sua crociata”, come ha scritto La Stampa.it il 20 gennaio, l’incriminazione per “apologia di reato”. Il che prevede addirittura una reclusione da 1 a 5 anni. Per me, da sempre contrario al concetto stesso di reato d’opinione, si tratta di una pericolosa deriva autoritaria. Non dimentico mai l’insegnamento di Winston Churchill: “Se due persone fumano sotto un cartello che vieta di fumare, le multi; se le persone sono venti, chiedi loro di spostarsi; se diventano 200, togli il cartello”.

Milo Goj

Milo Goj

Milo Goj, attuale direttore responsabile de L’Incontro, ha diretto nella sua carriera altri giornali prestigiosi, come Espansione, Harvard Business Review (versione italiana), Sport Economy, Il Valore,...

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