Scorrendo le annate de L’Incontro del 2002 sono rimasto colpito dall’attenzione che il giornale aveva dedicato ad una tema che è stato allora e per tanti anni successivi del tutto sottovalutato. Mi riferisco alla globalizzazione, al clima ed al rapporto con gli abitanti del pianeta. Cosa era avvenuto?

In effetti l’ONU, tramite la propria organizzazione UNFPA (Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione) aveva pubblicato un proprio “Rapporto sullo stato della popolazione nel mondo” che era allarmante per le criticità che aveva indicato riguardanti sovrappopolazione, clima, povertà.

Le conclusioni del Rapporto sono, a distanza di 20 anni da allora, di grandissima attualità, soprattutto in considerazione del fatto che i Governi di tutto il mondo non hanno preso in considerazione neppure uno degli aspetti critici segnalato già allora. Con il conseguente aggravamente delle crisi, come appare oggi davanti agli occhi di tutti. Per la sua completezza ci richiamiamo quindi ampiamente a quanto allora riferito dal citato Rapporto.

Globalizzazione=disparità di redditi e degrado ambientale

La globalizzazione ha aumentato la ricchezza e accelerato la crescita economica, ma ha anche aggravato l’ineguaglianza dei redditi e il degrado dell’ambiente. La povertà fa sì che, per sopravvivere, molte persone povere aumentino la pressione su risorse naturali già fortemente compromesse. La limitata disponibilità di Terra spesso induce i poveri a concentrarsi in aree ecologicamente fragili.

La tendenza sempre crescente all’urbanizzazione rappresenta un’altra sfida. Ogni giorno circa 160 mila persone si spostano dalle zone rurali alle città. Oggi quasi metà della popolazione mondiale vive in aree urbane. Molte città nei Paesi in via di sviluppo si trovano di fronte a gravi problemi di salute ambientale e a un aggravamento delle condizioni di vita, legate alla rapida espansione demografica, alla carenza di infrastrutture adeguate all’aumento dei bisogni, la contaminazione dell’acqua e dell’aria e rifiuti in quantità superiore alla loro capacità di smaltimento.

Energia e combustibili troppo cari

I poveri spesso trascorrono molte ore a raccogliere combustibile e pagano l’energia a un prezzo unitario più elevato, mentre l’elettricità a prezzo sovvenzionato favorisce le élites cittadine. Soltanto un’impostazione integrata che punti a sconfiggere la povertà e a tutelare l’ambiente potrà consentire uno sviluppo sostenibile. Decentralizzare la gestione delle risorse e rispettare i saperi e la cultura locale sono un elemento essenziale di tale impostazione, insieme a investimenti in servizi per la produzione energetica e le infrastrutture, tecnologie “verdi” e politiche dei prezzi adeguate per l’acqua, l’elettricità e l’uso dei fertilizzanti.

Nel 2002 c’erano già 25 milioni di rifugiati ambientali

L’impatto umano sull’ambiente sta spingendo all’estremo l’intensità dei disastri naturali e i poveri sono i primi a soffrirne le conseguenze. “I rifugiati ambientali” sono già 25 milioni”. Vi sono già “in nuce”, ben individuati, tutti i problemi che ora si trova ad affrontare il nostro mondo“.

Un altro argomento interessante dimostra come già 20 anni fa, il nostro Paese fosse diventato sempre più multiculturale. Il titolo de L’INCONTRO dell’aprile 2000 era emblematico.
“I primi risultati del censimento. Un’Italia sempre più multiculturale”. Che cosa era avvenuto?

L’articolo era chiaro.  “I censimenti sono come fotografie di famiglia, scattate periodicamente. Osservandole, si scopre chi è invecchiato, chi non c’è più, come si vestiva, insomma un’occasione per riflettere sul percorso individuale e collettivo, sull’esistenza quotidiana”. Poi proseguiva facendo notare come i dati del censimento effettuato il 21 ottobre 2001 e pubblicati nei primi mesi del 2002 rendevano bene il mutamento della situazione in atto nel nostro Paese.

Il censimento del 2001 e l’incremento degli emigrati

All’appello del censimento hanno risposto 56 milioni di residenti, circa lo stesso numero degli italiani del 1991, cioè dell’epoca del precedente censimento. Se il numero complessivo è rimasto pressochè lo stesso lo si deve all’incremento dell’immigrazione. E’ risultato infatti che ogni 1.000 italiani ci sono 17,5 stranieri, che salgono a 25 nel nord – ovest e a 27 nel nord – est, il triplo di 10 anni fa. In totale quelli censiti sono circa un milione e mezzo, in maggioranza giovani (il 19% ha meno di 18 anni).

Ovviamente in tale numero non sono compresi gli immigrati clandestini che, proprio perché tali, sfuggono ad una precisa valutazione. Tuttavia, in confronto ad altri Paesi dell’Unione Europea, gli stranieri sono relativamente pochi in Italia. La loro presenza media nell’U.E. è superiore a 50 unità ogni mille abitanti, praticamente il triplo rispetto all’Italia. In Germania gli immigrati sono addirittura il 9% della popolazione, in Italia meno del 2%”.

Nel 2022 abbiamo gli stessi problemi nella sanità, pensioni, lavoro

Il nostro Paese, negli anni successivi, sino ad oggi, si è sempre più spesso dovuto confrontare con tale situazione, con il problema dei migranti regolari e dei loro figli (ormai italiani a tutti gli effetti eccetto che per la legge), e degli irregolari.Così come della denatalità che, seppur non sia di per sé un elemento negativo, come ritiene la Chiesa e parte delle forze politiche, inmpatta sul progressivo invecchiamento della popolazione. Con tutte le conseguenze del caso sulla sanità, sull’istruzione, sulle pensioni e sul lavoro dei giovani.

Alessandro Re

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