Il 31 maggio 2022 è scaduto il termine concesso dalla Corte Costituzionale italiana al Parlamento della Repubblica per l’adeguamento legislativo delle norme sull’ergastolo ostativo. Con la sua sentenza n. 263 del dicembre 2019 e con il suo successivo Comunicato del 15 aprile 2021, la Corte aveva sollecitato il Parlamento ad adeguare la propria legislatura a quanto definito dalla Convenzione Europea sui Diritti dell’uomo e sulle libertà fondamentali (C.E.D.U.) nel 1950, cui l’Italia aveva aderito nel 1955.

Il ricorso dell’avvocato Mascia per il caso di Marcello Viola

La questione era sorta a seguito del ricorso fatto alla Corte Europea sui Diritti dell’uomo (parimenti denominata C.E.D.U.) dall’avvocato Antonella Mascia del Foro di Verona e di Strasburgo il 12 dicembre 2016 in rappresentanza del detenuto italiano Marcello Viola. Quest’ultimo (laureatosi in Biologia e in Medicina durante la detenzione ) era il capo indiscusso della cosca mafiosa di Iatrinoli (rione della città di Taurianova -Reggio Calabria). Cosca esecutrice, il 3 maggio 1991, della cosiddetta “Strage di Taurianova” contro gli affiliati della cosca di Radicena (altro rione di Taurianova).

Nel corso di tale evento si verificarono quattro omicidi e, successivamente, altre decine di uccisioni si ebbero fra i componenti delle due fazioni rivali. Catturato e processato, il Viola fu condannato, il 16/10/1995, dalla Corte d’Assise di Palmi (RC) a 15 anni di reclusione per i quattro omicidi. E, in seguito, il 22/9/1999 , dalla stessa Corte, nel corso del processo “Taurus ”, all’ergastolo ostativo per  “associazione mafiosa, omicidi plurimi, rapimenti, detenzione di armi “. Oltre ad altri
reati minori. Dal giugno 2000 al marzo 2006 Marcello Viola fu sottoposto in carcere anche al regime previsto dall’art. 41 bis della legge 354/1975 dell’Ordinamento penitenziario.

Benefici penitenziari diversi per gli ergastolani

Ricordiamo che l’”ergastolo ostativo” (da “ostare”, cioè opporsi, contrastare) è una pena detentiva stabilita nel 1992 con la legge 356 che precludeva al condannato la
concessione dei “benefici penitenziari” (semilibertà, permessi premio). Benefici  previsti a favore degli ergastolani “comuni” dopo 10 anni di buona condotta. Questa legge venne modificata nel 2002 con la 279 per consentire anche agli ergastolani “ostativi” di accedere a tali benefici. Ma solo a determinate condizioni come un sincero pentimento, totale distacco da associazioni mafiose, collaborazione con la Giustizia. Inoltre l’art. 41 bis della legge 354/1975 (modificato poi alcune volte nel tempo sino alla legge 94/2009) definisce le restrizioni da applicare ai condannati per delitti riconducibili a matrice di criminalità organizzata.

Il ricorso dell’avvocato Mascia chiamava la C.E.D.U. ad esprimersi sulla compatibilità
delle norme previste dalla legge italiana 356/1992. E dell’art. 41 bis della legge italiana
354/1975 con quanto disposto dall’art. 3 della C.E.D.U.. (“Nessuno può essere sottoposto a torture, a pene o a trattamenti inumani e degradanti”). L’eventuale espressione favorevole della C.E.D.U. sulla sussistenza di tale incompatibilità avrebbe consentito al ricorrente – in base alla legge 279/2002 – di richiedere la sospensione e l’annullamento del regime carcerario ostativo cui era stato sottoposto.

Italia sollecitata a rivedere l’ergastolo ostativo

Tale ricorso era stato motivato anche dal ripetuto respingimento da parte di vari Tribunali italiani, di analoghe richieste presentate in precedenza da altri legali. La Prima Sezione della C.E.D.U., in data 13 giugno 2019 accolse il ricorso Mascia e sancì la “non conformità” dell’art. 41 bis della legge italiana 354/1975 con l’art. 3 della Convenzione C.E.D.U.. Contestualmente invitava lo Stato italiano – in qualità di Membro del Consiglio d’Europa e a norma dell’art.46 della Convenzione – a produrre una riforma del regime dell’ergastolo ostativo che consentisse a questi condannati l’accesso alla revisione delle loro pene.

Il Ministero di Grazia e Giustizia si oppone alla C.E.D.U.

Il Governo italiano, tramite il suo Ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede, fece opposizione a tale pronunciamento della C.E.D.U.. Sostenendo che il detenuto Viola, pur avendo ottemperato a due delle condizioni previste dalla legge 279/ 2002 per ottenere la remissione dello stato ostativo del suo ergastolo (sincero pentimento e abbandono di ogni rapporto con organizzazioni mafiose da oltre 10 anni) non si era dichiarato disposto, per tema di ritorsioni della mafia sulla sua famiglia, a “collaborare con la Giustizia”.

Il tempo per adeguarsi sono terminati

La C.E.D.U. a sua volta respinse tale opposizione in data ottobre 2019,
affermando e definendo che la non collaborazione del condannato con la Giustizia non
può essere considerata “conditio sine qua non” per negargli l’accesso alla richiesta di
revisione della sua condanna. Sollecitò quindi lo Stato italiano ad adeguarsi a quanto
definito dalla Convenzione del 2019. A favore di questo ultimo sollecito si espresse
anche la Corte Costituzionale italiana che, in data 20 marzo 2021, concesse al
Parlamento della Repubblica un anno di tempo ( sino al 31/5/2022) per adeguare la sua legislazione alle relative normative europee . Ogni provvedimento in tal senso è stato però sospeso in Italia dal Parlamento nel maggio 2021 con la legge 51 emessa in
seguito all’emergenza provocata dall’avvento dell’epidemia da Coronavirus ,
demandando all’anno successivo ogni decisione in merito. La definizione della vicenda legislativa relativa all’ergastolo ostativo è pertanto e tuttora, in Italia, “sub judice”.

Gustavo Ottolenghi

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