Siamo tutti concentrati sul numero dei tamponi, sul numero dei nuovi infetti, sulle terapie intensive, sul numero delle vittime che ci addolora sempre più. Ansiosi osserviamo l’andamento dell’indice di contagio: in alcune regioni sale, in altre scende, la media nazionale, che non vuol dire molto, non aiuta a tranquillizzarci.

Il panorama è confuso è l’immagine potrebbe essere quella di un termitaio attaccato da un grosso formichiere. Chi governa il termitaio cerca di porre riparo, propone rimedi, dispone interventi, provando a proteggere per quanto possibile tutte le termiti, ma è un’impresa improba al limite dell’impossibile. In effetti ci sono aree che per caratteristiche proprie non rientrano nella rete di protezione messa in opera dal governo.

Una di queste aree è il lavoro nero.

Il lavoratore in nero, se non in casi estremi, non dirà mai di essere infetto, se lo facesse perderebbe il lavoro e con esso l’unica possibilità di sostenere la famiglia perchè non ha accesso ai così detti “ristori” messi in campo dal governo.

E’ difficile che il lavoratore in nero si metta in fila per il tampone, perchè in caso di positività verrbbe obbligato a mettersi in quarantena e non  se lo può permettere.

Come è noto il lavoro nero è abbastanza diffuso nel nostro Paese in particolare in molte aree del Sud. In molti saggi di economia si afferma che il sommerso nell’economia nazionale ha un ruolo importante nella creazione del PIL nazionale.

Sarà anche vero, ma in piena pandemia, il sommerso rischia di essere una falla enorme che può avere risvolti  sociali pericolosi. 

Se tutti i lavoratori in nero dovessero andare in quarantena, altro che le piazze dei negazionisti. 

Un altro risvolto del lavoro nero è che neanche il datore di lavoro in nero ha intenzione di denunciare il suo lavoratore affetto da Covid perché se lo facesse , emergerebbe la sua illegalità cosa che è bene tenere nascosta.

I presidenti di alcune regioni del Sud invocano la creazione di zone rosse, ma la zona rossa funziona se ci sono i controlli, che dovrebbero controllare non solo gli assembramenti, ma anche i posti di lavoro dove il lavoro nero è diffuso.

Chi conosce il Sud, e io lo conosco essendoci nato, sa che nei  paesi il controllo è assente o molto blando. Il virus circola anche perchè sono le condizioni sociali che impediscono una lotta senza quartiere e senza spiragli contro il covid.

Parlando di lavoro nero colgo un altro aspetto di questa piaga del nostro Paese.

Penso a tutti quei Bar, Ristoranti, Trattorie, Paninoteche, Negozi con servizio al ubblico, insomma a tutte quelle attività che avrebbero l’obbligo di battere lo scontrino, emettere fattura o ricevuta fiscale per ogni operazione effettuata. Credo che oggi i titolari di questi esercizi si stiano mangiando le mani per tutti gli scontrini o le fatture non emesse, perchè per accedere ai “ristori” devono presentare il fatturato del periodo corrispondente e per forza di cose accedono a rimborsi nettamente inferiori a quelli che avrebbero potuto incassare.

Questi signori avranno imparatoqualcosa? Non credo.

L’iilegalità è come la droga, se non si continua a praticarla si va in crisi di astinenza.

La pandemia colpisce ovunque, ognuno prova a difendersi come può, da solo o con l’aiuto della comunità, ma ci sono categorie senza protezione che rischiano in proprio e mettono a rischio anche la comunità, loro malgrado.

E’ difficile ma qualcuno dovrebbe dare un’occhiata.

Fidelio Perchinelli

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