Figuriamoci se per spostarmi da una località all’altra della Riviera Ligure io prendo l’autostrada! Non se ne parla. Se mai l’Aurelia, ma all’alba, per godermi lo spettacolo del giorno che arriva. E poi, quando vedo una stradina che sale, un nome di una località che mi incuriosisce, salgo. “Voze”. Su su su, per vedere il mare giù giù giù. Viti e ulivi e poi l’intrico del bosco appenninico. Su una piazzola dalla parte opposta della strada… ma chi è quello? Che cosa sta suonando?

Pandarossa fa inversione a U, mi fermo a distanza

Sembra un liuto. Attendo che finisca il pezzo, che armeggi con lo spartito e mi avvicino.
La conversazione si fa subito piacevole, vivace e incalzante. Scopriamo di essere stati entrambi nello stesso posto negli stessi giorni tanti anni fa. Era il Festival Pop del Proletariato Giovanile di Parco Lambro nel 1976. L’ultima edizione, quella che, per chi c’era, è rimasta nella memoria come “l’edizione dei polli”. Non starò a spiegare il perché e il percome, ma, insomma, “l’edizione dei polli” ci ha fatto mettere a fuoco quell’occasione. Franco Minelli, di Genova. Mi racconta brevemente delle sue avventure musicali e dell’impegno col Teatro, la “Compagnia del Suq”.

Canti delle comunità genovesi e veneziane sparse nel Mediterraneo

L’interesse per la cultura levantina, i canti delle comunità genovesi e veneziane sparse nel Mediterraneo. Mi dona un cd di Trallallero, canti popolari liguri. Sta suonando un oud, in sostanza un liuto turco. Esegue un pezzo virtuosistico e lo filmo. Mi racconta dell’ultimo spettacolo, quello dedicato a Grazia Nasi, che si è chiamata anche Beatrice De Luna e poi è ritornata ad essere Grazia Nasi. Una storia che ha dell’incredibile, l’Ebrea errante. “Verremo dalle tue parti”, mi dice. Ci sarò. E così, eccomi. Eccoci. Paderno d’Adda, un paesino sul percorso di Leonardo da Vinci: già questo accostamento è suggestivo. Lo spettacolo rientrava nel programma del Festival teatrale “Vus – voci dal mondo”. La formazione è di cinque elementi. Franco con liuto e chitarra è ben sostenuto da Angela Zapolla al violino, Olmo Andres Manzano Anorve alle percussioni, tutti a incorniciare la convinta voce narrante di Carla Peirolero, con la regia di Enrico Campanati.

Le canzoni della tradizione sefardita

Il canto di Alessandra Ravizza è chiaro, limpido e leggero come la cascata di un ruscello di montagna. A colpirmi in particolare sono le canzoni della tradizione sefardita che scandiscono il racconto. È la tradizione degli Ebrei espulsi dalla penisola iberica ed irradiati in tutta Europa. Vaganti e variamente perseguitati. Se avessero replicato lo spettacolo dieci volte, mi sarei fermato dieci-volte-dieci a rivederlo. L’anno prossimo vorrò non mancare al Suq – Festival Teatro del Dialogo a Genova, che giungerà alla ventiseiesima edizione. La vicenda narrata nello spettacolo merita di essere conosciuta: la marrana (cioè l’Ebrea convertita forzatamente al cristianesimo), vedova di un ricchissimo mercante di spezie, prosegue nell’esercitarne abilmente la proficua attività.

Questo salvarsi e questo salvare, questo partire sperando di stare…

Per ragioni di persecuzione inflitta agli Ebrei, però, è obbligata a fuggire ad Anversa e poi a Venezia e poi a Ferrara e poi ad Ancona e poi Ragusa (Dubrovnik) e infine a Costantinopoli. La sua missione è salvare gli Ebrei perseguitati. Mantiene una rete di sostegno efficientissima. Nel Cinquecento, quindi, mentre Spagna e Portogallo scoprono e conquistano le Americhe, lei cerca la sua America in Europa. Ma ogni volta si ritrova straniera in patria. Ogni volta in fuga e ogni volta in arrivo. Questo salvarsi e questo salvare, questo partire sperando di stare, i chiaroscuri dell’epoca e i primi ghetti. Questa umanità a fisarmonica che va e viene, si apre e si chiude, ora accoglie e ora stritola, ci fa venire in mente più di qualcosa…

Claudio Zucchellini

Claudio Zucchellini

Avvocato, Consigliere della Camera Civile di Monza, attivo in iniziative formative per Avvocati, Università, Scuole e Società Civile.

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