Quando torni in Italia dopo qualche mese all’estero, in Germania, in Inghilterra, in Svizzera, in USA ci sono alcune cose della vita quotidiana a cui ti devi riabituare: fare la coda in “assetto variabile”, il vocio ad alto volume nei ristoranti, gli insulti agli avversari negli stadi, etc. Non è piacevole, ti conferma un po’ quell’idea di italiani che c’è all’estero e che forse proprio il nostro vittimismo aiuta a confermare.

Le strisce pedonali restano l’abitudine persa che più ti mette a rischio. All’estero appena ti affacci su un attraversamento pedonale, le auto si fermano; anche gentilissime e bionde signorine sui loro imperiosi SUV germanici attivano con dolcezza le loro potenti pinze frenanti, l’auto quasi si inchina per farti passare. L’italiano medio non lo confesserà mai ma quasi si sente in colpa, attraversa impacciato, ringraziando, non capisce.

Non appena tornato in Italia, è fondamentale per sopravvivere riapprendere l’arte dell’attraversamento. Sta tutto nel guardare negli occhi il guidatore per capire se ha intenzione di fermarsi o se ha fretta e vorrà far valere la legge del più forte, poi bisogna abbozzare un passo per far capire che si è determinati a passare a costo di finire sul cofano dell’auto e alla fine decidere chi dei due l’ha spuntata. Ogni attraversamento è un misto tra un balletto e una sfida all’O.K. Corral.

Il fatto che il balletto avvenga sulle strisce pedonali è del tutto indifferente: spesso sono sbiadite e appena si vedono e non risulta che mai un italiano abbia allungato di cento metri il suo percorso per raggiungerle.

Il tutto si presterebbe ad un’ulteriore invettiva contro gli italiani e il loro DNA basato su disordine e furbizia, ma poi mentre cerchi di reimparare l’arte italiana dell’attraversamento vedi una vecchietta acciaccata che si affaccia nel mezzo di un corso a percorrenza veloce. Sarà un attimo e sarà spacciata. Invece le auto inchiodano, rischiando tamponamenti e quasi vedi il guidatore che avvisa i suoi colleghi in arrivo sulle altre corsie che si impone la fermata. Non solo, se una mamma o un bambino si affacciano sulla strada, strisce o no, il traffico si blocca.

La cosa più incredibile è che le auto in Italia inchiodano anche all’apparire sulla strada di un pallone. Qualche commentatore asburgico ci potrebbe montare un’invettiva sull’Italia e il dio pallone, lui non sa come tutti gli italiani che pochi secondi dopo il pallone arriva il bambino.

Il modo con cui noi guidiamo dovrebbe essere studiato, è la dimostrazione di cosa significa saper convivere e avere buon senso. Certo il confine tra buon senso e furbizia, tra generosità e prevaricazione è sottile e non ha mura a definirlo. Non si può stabilire una regola o un processo per stabilire cosa è buon senso e cosa è la furbizia, nella convivenza entrambi sono frutto di anni di cultura, di modo di fare le cose.

Un italiano vive immerso nella cultura, vede il mare, le alpi, chiese fatte dai più grandi architetti della storia, può vedere Roma, Venezia, Firenze, Bologna, la Sicilia. Può respirare l’aria fredda delle montagne più alte d’Europa e il vento caldo della valle dei Templi. Siamo il primo paese che ha governato il mondo conosciuto, e per farlo ci vuole buon senso, come ci ha dimostrato chi ha cercato di farlo dopo. Siamo la culla del Cattolicesimo e del Rinascimento. Siamo il secondo paese con più metri di coste sul Mediterraneo dove le culture si incontrano, in pace o in guerra da millenni. Il primo è la Grecia e non è un caso che da lì arrivi la cultura alla base dell’Occidente.

E se avessimo ragione noi su come si attraversa la strada? Certo il mondo del buon senso e della generosità permette alla furbizia e alla prevaricazione di farsi strada, di dilagare e distruggere secoli di buon senso. Il nostro compito è essere fieri del nostro buon senso, della nostra generosità e schifare la furbizia e la prevaricazione.

L’attualità ci offre un esempio interessante. Davanti ad un ordine perentorio un bambino di dieci anni si tiene il cellulare e un professore di quaranta non ammanetta i suoi allievi. Furbizia o buon senso? E quando a dare l’ordine è un pazzo armato, è furbizia o buon senso? Coraggio?

Come definiamo i Carabinieri in servizio alla stazioncina di San Donato che sono saltati sulla loro utilitaria di servizio e mentre uno brandiva i pugni incazzati all’autista gli altri facevano uscire gli ostaggi da dietro; una volta messo in salvo tutti a rischio della loro stessa vita, hanno preso il matto, gli hanno dato quattro cazzotti e lo hanno portato in caserma, vivo. Furbizia, buon senso? Prevaricazione o Generosità? Coraggio?

Vogliamo pensare cosa sarebbe potuto succedere in altri paesi? Elicotteri, forze speciali, irruzioni dal cielo con M16 spianati, spari, terrorista crivellato di colpi esposto ai media, danni collaterali (in questo caso bambini) e alla fine una scia di polemiche, ritorsioni, odio.

Vogliamo dirci che quei Carabinieri sono degli eroi, non solo hanno rischiato la vita ma hanno usato buon senso e sono stati generosi. Vogliamo dirci che quel professore e quei ragazzini sono degli eroi, non solo hanno rischiato la vita ma hanno usato il buon senso e sono stati generosi.

Il confine tra buon senso e furbizia, tra generosità e prevaricazione è sottile, secoli di storia e di cultura ci hanno aiutato a definirlo e le sfide di oggi hanno ancora più bisogno che questo buon senso non sia furbizia.

Sentiamoci un po’ orgogliosi di essere Italiani e di fermare le nostre auto all’apparire di una vecchietta, di una mamma, di un bambino e di … un pallone.

Bernardo Bertoldi

(Docente di Family Business Strategy, Università di Torino – bernardo.bertoldi@unito.it)

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