Da un anno non ci sentiamo. È stato un anno complicato, peraltro. Ecco quello che ci hai lasciato: il gusto di capire che le cose sono complesse. Ecco perché le nostre telefonate non duravano mai meno di mezz’ora.

Perché se c’è una cosa che ho imparato da Ben era la voglia della discussione. Su posizioni anche un po’ distanti. La distanza siderale dalla voglia di “spararla grossa”, di riassumere tutto per slogan. Si iniziava una ricostruzioni di cause-effetti che spesso arrivava fino agli anni complessi della Prima Repubblica.

Era una scuola di politica. Punto. Era una scuola di giornalismo d’approfondimento in quella specificità tutta italiana delle riviste di commento che si stanno diffondendo tra i più giovani e che Ben avrebbe apprezzato senza giovanilismo, ma con la curiosità dell’intellettuale.

Ci manca Ben per i tempi lunghi e lo sguardo più lungo ancora.

Tutte le volte che ci siamo parlati, dal primo incontro all’ultima telefonata, la cosa che mi ha sempre colpito è stato il ritmo della sua chiacchiera. L’impressione forte è che tra una parola e l’altra ci fosse il peso del ragionamento. E non per assecondare l’interlocutore. Senza ruffianerie. Anzi. A volte anche assestando qualche “dritto” dialettico da KO.

La difficile eredità di Ben è quella di concentrarsi su come si tende l’arco, come si prende la mira e come si trattiene il respiro. A quel punto sarà più semplice “spararla” giusta. Perché “spararla” grossa non è proprio quel che ci interessa.

Alessandro Cappai

Alessandro Cappai

Giornalista. Insegna giornalismo digitale al master in giornalismo “Giorgio Bocca” all’Università di Torino. È un orgoglioso iscritto dell’Online News Association. È stato speaker al Festival...

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