L’attualità ci fornisce un continuo arricchimento fattuale ma anche intellettuale sul delicato e irrisolto problema del circuito nevrotico esistente tra la politica e la giustizia. Soprattutto sul bilanciamento tra il diritto di una comunità di cittadini all’informazione e la tutela del segreto di Stato e non, più o meno esistente.

Le attinenze tra il caso Assange e il recente scandalo di Uber

Proprio in questi giorni è scoppiato lo scandalo Uber e la politica spudoratamente lobbistica dei suoi fondatori e amministratori negli anni del lancio del progetto a livello mondiale, dal 2013 al 2017. Perché esistono attinenze ai temi scatenati dal caso Assange che abbiamo approfondito nei precedenti interventi su questa testata?

Il Guardian di Londra svela le tattiche spregiudicate di Uber

Perché, a tirar fuori lo scheletro dagli armadi dell’oblio e del segreto, sono stati ancora una volta dei giornalisti, questa volta quelli del Guardian di Londra. La redazione infatti aveva ricevuto negli ultimi tempi oltre 124 mila documenti, redatti nel periodo citato e cioè tra il 2013 e il 2017. Documenti che evidenziavano la strategia e le tattiche spregiudicate usate dal management di Uber per accellerare la penetrazione nei mercati di tutto il mondo.

L’autenticità delle informazioni al centro della stampa libera

Il Guardian, proprio per questioni di serietà e professionalità, ha trasmesso, prima di pubblicarlo, tutto il dossier all’Icij (International Consortium of Investigative Journalist) con l’obbiettivo di controllarne l’autenticità, e sistematizzandone il contenuto. Come in passato, proprio i casi WikiLeaks e Panama Papers, l’autenticità dei documenti è stata verificata positivamente.

Siamo di fronte di nuovo ad una espressa volontà di far rimanere segreti  documenti altamente imbarazzanti, in questo caso per un’impresa privata, che rivelano interlocuzioni tra i top manager di una multinazionale e i vertici politici, governativi e parlamentari di diversi Paesi che venivano raggiunti con l’intento di convincerli a “supportare” lo sviluppo dei fatturati di Uber.

Una strategia lobbistica per coinvolgere i governi europei

Come hanno descritto in questi giorni diversi mass media emergono carteggi elettronici intercorsi tra gli amministratori di Uber e, per esempio, Emanuel Macron, allora ministro dell’economia in Francia. Altri contatti intervenuti con rappresentanti del governo Renzi per un’analoga strategia lobbistica nel nostro Paese. In questo caso però il tema non è tanto se queste relazioni “di affari” abbiano concretizzato illeciti di natura penale o civile. Quanto il fatto che tutta questa strategia è rimasta segreta e quindi ignota alle opinioni pubbliche dei paesi interessati dai vertici di Uber.

Il diritto alla riservatezza si deve bilanciare con il diritto all’informazione

Assange fece emergere tutte le responsabilità dei vertici dell’amministrazione americana nella gestione dei prigionieri e delle carceri in Iraq e in Afganistan: omicidi, abusi, violenze rimaste segrete e impunite. In questo caso siamo di fronte ad un oggetto diverso, in cui il bilanciamento tra il diritto alla riservatezza e il diritto ad essere informati su cosa accada nel proprio Paese, deve trovare una adeguata soluzione.

Un’informazione trasparente aiuta la democrazia

Infatti – come ha giustamente rilevato Vladimiro Zagrebelskj – stiamo parlando della doverosa e trasparente informazione che ogni governo deve dare alla propria opinione pubblica fatti che abbiano una rilevanza per il dibattito politico ed economico interno. “E’ inutile legare la democrazia alle elezioni di parlamentari e governi – ha scritto l’ex magistrato – se chi vota non conosce i fatti rilevanti ed è vittima quindi di disinformazione.”

Non sui può negare la necessità del segreto imposto su certe vicende – ammette Zagrebelskj – per il tempo necessario. Ma sia i documenti pubblicati da Assange che quelli relativi ad Uber hanno un alto contenuto di portata politica e la loro segretezza ha comunque esaurito ogni potenziale giustificazione, se non quella del segreto per il segreto.

L’eccesso di segretezza tende ad annullare la conoscenza

E qui sta il punto centrale: quello mai risolto del bilanciamento di due diritti. La pretesa del Potere, pubblico e/o privato di agire in segreto in certi casi e il diritto dei cittadini alla conoscenza di fatti rilevanti nell’ambito della vita democratica del loro Paese. L’eccesso di segretezza annulla o tende ad annullare la conoscenza. Il ruolo e l’opera del giornalismo, cosiddetto di investigazione, è proprio quello di controllare il Potere perché non ci siano abusi dettati da un improprio utilizzo del segreto.

La stampa libera deve poter pubblicare senza compiacenze

Zagrebelskj, nel suo intervento sul quotidiano La Stampa, sottolinea inoltre come questo ruolo di una stampa libera e indipendente costituisca un deterrente all’espandersi di condotte nefande tendenti a nascondere azioni indifendibili. Se la stampa è il “cane da guardia” della Democrazia, occorre proteggere coloro che, violano i segreti che riguardano fondamentali aspetti della vita pubblica. Non si protegge la democrazia pubblicando solo ciò che è già noto, ciò che il potere crede utile comunicare, ciò che è compiacente o irrilevante”.

Il caso Assange va tenuto sotto controllo da tutti i democratici

Proprio in base a questi principi e a questi valori, anche etici, la vicenda processuale di Julian Assange va tenuta sotto controllo, nell’interesse di tutti noi cittadini del mondo. La speranza, al di là della simpatia o meno del personaggio, è che il ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani porti ad una possibile sospensione della esecuzione dell’estradizione di Assange.

Riguardo al dossier Uber, dobbiamo registrare che la società oggi viene accreditata di un valore di 43 miliardi di dollari, opera in 71 paese e gestisce 19 milioni di corse al giorno. Interpellata dai giornalisti dell’Icij, la presidenza di Uber ha risposto affermando di aver abbandonato quelle pratiche.

Rimane un dubbio: quanti di noi hanno visto con favore l’entrata sul mercato di Uber che andava a limitare il monopolio dei taxisti ormai impigriti nel loro dominio del mercato? E quanti di noi avrebbero magari letto l’entrata di Uber sul mercato in maniera diversa sapendo come i vertici della società si stavano “comprando” il consenso della politica? Su questi temi dobbiamo riflettere e comunque difendere sempre e senza Se e senza Ma una responsabile gestione del diritto di informazione, cardine di ogni sistema davvero democratico.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

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