Autore di pochi, ma meditati titoli come il distopico “Animali da cortile” o i divertissement rappresentati dai gialli apocrifi holmesiani, Sergio Kraisky torna in libreria con un romanzo di peso “La maledizione di Rasputin”. Edito da Voland, il libro dà la misura dello spessore letterario di questo scrittore, per il quale userei la metafora del minatore.

Uno scrittore che scende nelle viscere di se stesso

Ovvero uno scrittore che, come il minatore scende nelle viscere della terra per trarre materiali utili e preziosi, rivela di saper scendere a sua volta nelle viscere di se stesso, delle sue idee e riflessioni sulla Storia. Obiettivo? Trarre una narrazione il cui intreccio scagiona una grande energia che rende questo romanzo per certi versi unico, almeno per uno scrittore italiano. Certo, il suo cognome suggerisce lontane ascendenze slave, e c’è da dire che ne “La maledizione di Rasputin” emergono dagli orizzonti a cui guarda. La rivoluzione russa del 1917, anzi da prima ancora, a una notte del dicembre del 1916 quando il famoso Grigorij Rasputin, il monaco maledetto, fu prima avvelenato e poi finito a revolverate. Nello stesso tempo nasceva, con le stesse difficoltà che Raspuntin ci metteva a morire, Pavel Krotovskij, protagonista di questo romanzo. Non il solo: l’altro è una donna Sigrid Schmidt, nata a Berlino il 3 marzo del 1933. Ovvero, cabalisticamente, il 3/3 del 33 – che avrà la sventura, per l’epoca, di nascere da madre ebrea, Sara Liebermann.

La banalità del quotidiano e le tragedie del ‘900

Il lettore pertanto assisterà, con un coinvolgimento emotivo procurato dalla superba narrazione dell’autore in grado di affondare il bisturi nella banalità del quotidiano, alle tragedie prodotte dai totalitarismi del Novecento. La rivoluzione sovietica con l’immiserimento del popolo. “All’interno dei rioni popolari fin dall’alba era un continuo affaccendarsi di uomini e donne in cerca di pane. Se qualcuno riusciva a mettere le mani su una bottiglia di latte, doveva cercare di svicolare rasentando i muri perché rischiava di essere circondato da gente che gli avrebbe chiesto dove l’avesse trovato e ne avrebbero preso una parte” . E così via, senza contare stermini, non solo di nobili, ma di quanti non sottostavano agli espropri e ai programmi di collettivizzazione per i quali a pagare il fio con la morte e i gulag furono milioni di persone.

Un autore che sa costruire bene i suoi personaggi

Lo stesso Pavel vedrà il padre, Oleg Krotovskij , che pure aveva dato il suo contributo alla rivoluzione, confinato sul Caucaso. Lo perderà per sempre e costringerà lui e la madre – un personaggio ben caratterizzato da Kaisky – a fuggire dalla Russia. Per approdare in Italia, mentre, a capitoli alterni cresceranno, nella Germania nazista, i tragici destini di Sara Liebermann, barbaramente violentata dalle SA perché ebrea, mentre portava la piccola Sigrid a spasso in un giardino pubblico.  Magistrale il profilo psicologico di Sara, profondamente offesa dallo scempio subito, che Sergio Kraisky riesce a rappresentare, creando nel lettore una sorta di empatia dolorosa con la donna, tale, da sola, di far emergere tutta l’abiezione del nazismo e dei suoi accoliti.

Vite parallele e totalitarismi

Pagine intense che derivano da una narrazione capace di intrecciare a poco a poco, nel corso della grande Storia che accompagna, nel Novecento, le vite parallele di Pavel e della madre da una parte. Di Sigrid e Sara dall’altra, con la seconda guerra mondiale a far da spartiacque. Un mondo che vede Pavel, dimentico del destino paterno inflittogli dal comunismo, aderire a quella stessa ideologia dandosi da fare presso i comunisti italiani con l’obiettivo di raggiungere l’Urss. E poi avere notizie del padre e con risvolti esistenziali – matrimoni, amanti, un figlio poco seguito – non privi di elementi narrativi accompagnati da una scrittura che sa far uso anche dell’ironia. D’altra parte, Sara e Sigrid, riparatesi con marito e padre in Romania durante il nazismo, si trovano alle prese con una nuova dittatura. La dittatura popolare, che li colpisce in quanto tedeschi e, quindi, tout court nazisti.

Da qui una nuova fuga verso altri orizzonti, dal Brasile all’Afghanistan all’Australia, con le nuove generazioni, come quella di Sigrid stessa e di Alessandro, figlio poco amato di Pavel, che nel frattempo si sono imposti alla ribalta, con l’Italia a far da palcoscenico al loro incontro, per il resto inevitabilmente segnato dalla maledizione di Rasputin.

Diego Zandel

Sergio Kraisky, La maledizione di Rasputin, Voland, pag, 289, €. 17,00

 

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