Le morti accidentali del presidente e del ministro degli esteri iraniani hanno sollevato una serie di volgari ingiurie sui social di cui è stato fatto segno l’Iran. Non importa se tutti i capi di governo e di Stato, anche di Paesi apertamente nemici dell’Iran, abbiano inviato le dovute condoglianze. Provocano amarezza e indignazione gli indecorosi sberleffi del popolo della rete, compreso quello che si dichiara di sinistra.

La cosa mi indigna per il mancato rispetto dei morti, e perché dimostra come il popolo sia succube di una propaganda scientemente costruita. Si induce l’opinione pubblica ad assumere un atteggiamento aggressivo verso un popolo e un governo sconosciuti ai più. Un’operazione propagandistica di diffusione dell’odio il cui scopo è spostare l’attenzione dalla corruzione dilagante delle democrazie occidentali. Ancor peggio: a preparare un’altra guerra.

Quando si contesta questo atteggiamento volgare sostenendo che anche noi abbiamo molti scheletri nell’armadio quanto a repressione, violenza della polizia eccetera, la risposta che si riceve è sul tono di: “Noi facciamo schifo, ma l’Iran è peggio di noi”. Valutazione persino condivisibile ma che rappresenta un pensiero al ribasso necessario a una società che ha perso ogni speranza di migliorarsi. Se non può migliorarsi va alla ricerca di chi sarebbe peggiore e smette di rispettare le diversità culturali da cui ritiene di non dovere imparare nulla. Un atteggiamento perdente.

La cultura di sinistra, fino alla caduta del Comunismo, aveva con forza sostenuto il relativismo culturale e lo strutturalismo ispirato da Levi Strauss. Talora persino con eccessi. Riteneva che si dovessero sostenere le diversità e che il nostro modello di democrazia, di economia e il “sistema di valori” fossero solo uno dei tanti possibili.

Questo modo di pensare costituiva la vera superiorità di noi occidentali quando ancora eravamo capaci di assorbire modi di pensare diversi pur preservando la nostra identità. Ed era la superiorità della sinistra che tollerava e incoraggiava le diversità rifiutando il pensiero unico.

Si era arrivati persino ad alcuni eccessi tanto che io stesso negli anni Ottanta – a seguito di alcune letture, incontri e riflessioni – rivalutai la necessità di ritornare a concentrarci sui principi e i valori universali. Con la caduta del Comunismo e la dissoluzione del cosiddetto Terzo Mondo, l’arroganza americana (ed europea al seguito) è cresciuta al punto da non ammettere alcuna altra forma di democrazia e di organizzazione sociale che non sia la nostra o non sia alleata alla nostra. Una democrazia che nel frattempo, anziché rinforzarsi e allargare i diritti, è andata dissolvendosi.

Il governo iraniano e il popolo che lo esprime e sostiene, nonostante gli sforzi occidentali di intromettersi, sono diversi da noi e vanno rispettati. Siamo liberissimi di criticarli su alcune questioni, come loro non condividono il nostro modo di vivere. Ma la democrazia liberale dovrebbe dimostrare rispetto. La destra prospera sulle discriminazioni, sull’odio e sui conflitti, quindi non è a essa che ci si può appellare per una politica di pace e di rispetto.

Da qualche tempo sembra che il più grande problema dell’Iran siano i diritti delle donne, perché questo tema suscita l’emozione del popolo. In realtà è una scusa per impadronirsi delle risorse, per impedire la crescita economica e per paura della potenza militare anche nucleare. Nonché per il timore dell’alleanza con Russia e Cina. Il mondo è cambiato. Fino a due decenni fa si parlava ancora di Terzo Mondo. L’Iran, la Cina e l’India erano inclusi: oggi si parla di BRICS e se ne teme la concorrenza. La paura, anziché spingere a migliorarci e prenderne atto, suscita reazioni di dileggio e di aggressività.

Il caso della ragazza uccisa dalla polizia perché non portava correttamente il velo è emblematico della propaganda. Lo si riporta ancora come un mantra ogni qualvolta si parla di Iran. Ma si continua a ripetere bugie. Anzitutto, (a) non è stata assassinata, ma è morta in ospedale dopo essere stata effettivamente arrestata. È possibile e verosimile che abbia subito violenze e traumi, ma non è stata assassinata come viene ancora riportato. (b) Non è stata arrestata solo perché portava il velo in modo scorretto, ma perché ha reagito provocatoriamente nell’ambito di una manifestazione.

(c) La polizia si è comportata probabilmente in modo violento e inaccettabile… tanto quanto le polizie americane, italiane e di tutto il mondo, ma, a differenza che con i Paesi amici, i media hanno identificato la polizia con tutto lo Stato. (d) Non si hanno notizie se i poliziotti che hanno eventualmente commesso abusi siano stati sottoposti a provvedimenti disciplinari e se sia in corso un processo.

Non intendo sostenere (anche perché al pari di chi ne parla a iosa ed esprime opinioni forti nemmeno io conosco l’Iran) che in quel Paese non ci sia repressione e violazione di alcuni diritti da noi meglio tutelati. Le mie osservazioni hanno lo scopo di dimostrare come passino notizie tendenziose e false allo scopo di creare un nemico e di trascurare i nostri problemi. Basti pensare al trattamento che la polizia americana ha riservato allo studente italiano in Florida e alle proteste del Black Lives Matter. Ne abbiamo di cui discutere senza andare a mettere il naso in Iran!

Non sono in grado di valutare i dettagli della situazione odierna in Iran, ma è troppo evidente che il modo in cui gli Stati Uniti e Israele (e l’Europa al seguito) si comportano con l’Iran sia finalizzato a provocare o giustificare una guerra, e inibire lo sviluppo economico e militare di un grande Paese con una forte identità. Il tutto motivato dalla paura di un mondo occidentale in crisi e in ritirata.

Corrado Poli

Corrado Poli

Corrado Poli, docente di geografia politica e urbana, editorialista e saggista

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