Tanto si scrive in America, ed ancor più si dice, dell’1%, cioè di quella parte della popolazione oltremodo ricca, ed oltremodo privilegiata, ancora in gran parte WASP — white Anglo Saxon Protestant.  Amata da pochi, e disprezzata da tanti.  E tanto si scrive e si dice del 90%, cioè il ceto meno abbiente, e che almeno da oltre una decade più ha sofferto le crisi economiche del 2008/2009 ed il trauma economico e sociale della pandemia. Per precisione, onde rientrare nell’1%, in USA uno deve avere un patrimonio netto personale superiore a $11 milioni o guadagnare almeno $758,000 lordi all’anno.  Di contro, ricadi nel 90% se il tuo patrimonio netto è inferiore ad $1 milione, o se guadagni meno di $105,000 lordi annui.  Queste cifre chiaramente subiscono variazioni in aumento quando si parla di reddito, o di patrimonio, familiare anziché individuale.

Non vi è dubbio che gli USA sono un paese di grandi, e crescenti, divari.  E non vi è dubbio che questi divari sono sempre più sentiti, sempre più evidenti.  Altrettanto, non vi è  dubbio che gli USA rimangono il paese delle grandi opportunità individuali e collettive.  Il sistema economico americano è imperfetto, ma a mio avviso, rimane il migliore.  Come quindi diminuire il divario, e migliorare la situazione economica della classe media? Del 90% in parole povere? L’Amministrazione Biden, ed il Congresso, operano ed opereranno per aumentare il peso fiscale sull’1%, e quello ci sta.  Ma non è la soluzione, anche se demagogicamente è attraente.  Non è la soluzione per due motivi.  Primo, i conti non tornano (i soldi così raggranellati non basteranno).  Secondo, coloro che rientrano nella categoria sono in grado di pianificare il loro approccio fiscale contrastando l’ulteriore imposizione.  E si rischia che semplicemente se ne vadano.

Il gioco invece dovrebbe svolgersi nel campo della fascia di mezzo, del 9%.  Questo è sempre stato il ceto forte e produttivo dell’America.  Imprenditoriale e professionale, questo è il ceto che effettivamente può cambiare la tendenza.  Non solo tramite la tassazione — la ridistribuzione della ricchezza fatta dallo stato mi lascia sempre molto cinico e perplesso — ma soprattutto tramite l’investimento in realtà produttive, la migliore occupazione, la crescita dei salari medi, l’espansione dei benefits a favore dei dipendenti, la disponibilità di borse di studio ed altri sostegni all’educazione.  Ho parlato di questo con imprenditori e professionisti, e tutti siamo uniti nel pensare che non solo questo approccio è un obbligo sociale, ma soprattutto è un beneficio comune.  La marea, quando sale, solleva tutte le imbarcazioni, ed il crescere insieme è un bene, un beneficio comune.  Ai remi dunque, assieme, per migliorare il Paese e tornare ad essere di esempio anche ad altri.

Antonio Valla

Nato a Milano e formatosi tra l’Italia e la California, ha fondato nel 2009 la Valla & Associates, Inc., P.C., dopo aver creato la Gilliss Valla e Dalsin, LLP nel 1994. Specializzato in casi di contenzioso...

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