E dopo ogni elezione, arriva l’analisi del voto. Da tempo, oramai, pochi analisti si accorgono che il risultato non è più una questione di simboli, bensì di chi vota e quando vota. È questo il parametro che fa la differenza. Più la percentuale dei votanti si abbassa, più si può estrapolare che sono le persone in età che votano e che i più giovani latitano da questa importante funzione. Perché? Perché le persone che hanno vissuto e si sono formate al concetto di Stato democratico sanno che comunque, qualunque sarà l’offerta politica del momento, qualsiasi candidato si presenti, anche il più antipatico, votare è un diritto importante che hanno conquistato e che possono esercitare. Prima ancora della considerazione che votare sia la base per mantenere l’assetto democratico di un paese.

Giovani spersonalizzati

I giovani invece, i trentenni, i quarantenni, i cinquantenni di questo periodo storico, ubriacati dalla sensazione di essere cittadini del mondo, come la tecnologia avanzata li ha addestrati a credere, non vogliono più sentire l’appartenenza ad un territorio, ad una città, elemento fondamentale ad esprimere la partecipazione al suo governo. La non appartenenza al territorio in cui vivono, li proietta verso una realtà da persone singole che non fanno parte di un insieme. È quell’insieme che sta stretto a questo nuovo tipo di mentalità e che procura, in realtà, maggiori disagi e poche consolazioni. Ma per quest’ultime sono stati inventati i tanti drink da assumere per stordirsi e le droghe a facile diffusione adatte a perdere il senso di sé stessi come individui su questo mondo.

Le responsabilità maggiori per questi nuovi stili di vita, assunti da almeno la metà della popolazione del nostro Paese, sono imputate all’organizzazione delle grandi città metropolitane o, meglio, alla decadenza che esprimono. Non riuscendo più ad essere miti e modelli di formule progressiste, ma oramai solo come luoghi in cui difendersi in continuazione e di sopravvivenza, non fanno attecchire una sana relazione di esserne membri attivi. Meccanismo che si riflette a cascata su tutti gli altri più piccoli agglomerati, sviluppando individui che tendono a non sentire radici e radicamento.

Questa spersonalizzazione, non produce più la sensazione di essere cittadini di uno stato, e se perdo questa importante funzione come individuo, non vado più a votare, mi lamento con costanza di tutto ciò che esprime un’organizzazione statale e sogno: o lo stesso caos della grande città metropolitana, dove ho la sensazione di poter fare ciò che voglio senza limiti, o meccanismi punitivi continui dettati da qualcuno, che sono il contrario di una buona democrazia partecipativa.

Paola Gelsomino

Professionista delle strategie di comunicazione in progresso

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