Giovedì scorso Domenico Ioppolo, guru del marketing, nonché apprezzata firma de L’Incontro, ha partecipato al corso di “Media planning e comunicazione d’impresa” che tengo presso l’Accademia di Belle Arti Acme. Durante la lezione, Ioppolo ha sottolineato un aspetto che personalmente mi ha sempre colpito: la sproporzione tra l’impatto mediatico di una vicenda e la sua reale rilevanza. Tema peraltro presente anche nell’articolo di Nestar Tosini, “Re Giorgio e la deriva woke”, pubblicato lo scorso 8 aprile sulla nostra testata.

Gli esempi portati da Ioppolo riguardano da un lato il crollo di un cantiere collegato a Esselunga, che lo scorso febbraio causò quattro vittime, e lo scandalo dello sfruttamento della manodopera in cui risulterebbe invischiato il gruppo Armani. Dall’altro il caso Chiara Ferragni-Balocco e quello della statua della maternità bocciata dalla Commissione del Comune di Milano preposta a decidere sulla collocazione di opere d’arte in spazi pubblici.

Dei primi due casi si è parlato poco. Ormai sono quasi scomparsi dai media, e non accendono dibattiti sui social. Dei pandori della influencer cremonese, a distanza di quattro mesi,  si discute ancora, mentre non si placano sui social le polemiche sulla scultura della donna che allatta. Ora, è vero e legittimo che ognuno abbia una personale scala di valori e di interessi. Però trovo sorprendente e inquietante che morti sul lavoro e sfruttamento della manodopera vivano un impatto mediatico ridicolo rispetto a una promozione commerciale discutibile e a un dibattito sul collocamento di una scultura.

Siamo iper garantisti e fino a quando la giustizia avrà terminato il proprio iter non addossiamo alcuna responsabilità a Esselunga e al gruppo Armani. Ma ci si sarebbe potuto aspettare che il solo accostamento dei nomi di due protagonisti assoluti del cosiddetto Sistema Paese a situazioni che infrangerebbero gravemente i diritti dei lavoratori avrebbe creato enorme rumore. Invece non è accaduto nulla di tutto ciò.

Sembra evidente che il circolo mediatico, che comprende anche i social (controllati, come i media mainstream, da pochi gruppi economici-finanziari) abbia abdicato al proprio ruolo di informazione della pubblica opinione. C’è da chiedersi il motivo.

Milo Goj

Milo Goj

Milo Goj, attuale direttore responsabile de L’Incontro, ha diretto nella sua carriera altri giornali prestigiosi, come Espansione, Harvard Business Review (versione italiana), Sport Economy, Il Valore,...

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