Con una piroetta diplomatica degna del miglior Talleyrand, Mohammad bin Salman (per tutti i giornali del mondo ormai MbS) ha sottoscritto un accordo con l’Iran che pone fine ad una guerra ultra decennale che ha impegnato i due Stati, direttamente o indirettamente, anche in scontri militari in diversi scenari del nostro caldo Middle-East. E’ passato quasi sotto silenzio l’accordo tra i due ex nemici (“coperto” mediaticamente dalla guerra in Ucraina) e sono forse sfuggiti, anche per distrazione, alcuni aspetti di questa vicenda che schiudono nuovi e imprevisti scenari nel rimescolamento delle geo-mappe mondiali all’interno del Grande Gioco.

Proviamo ad individuarli e sviscerarli meglio.

  1. Innanzitutto, il grande mediatore, voluto e riconosciuto dai due contraenti, è stato il Presidente Xi-Jinping. Il leader cinese aveva bisogno di costruire un nuovo “mattoncino” del suo progetto di diventare il futuro leader mondiale non solo economico ma anche politico. Portare ad un tavolo di negoziazione e poi, soprattutto, ad un accordo, due nemici storici come Teheran e Riyad, di fronte alle telecamere di tutto il mondo, nella sua Pechino, diventata la capitale dove si “costruisce la pace del pianeta”, è stato un colpo mediatico e diplomatico incredibile.
  2. In secondo luogo, l’accordo di Pechino, oltre a porre fine a una serie di conflitti locali sempre esplosivi e comunque tragici in termini di vittime umane anche civili, scompagina il tavolo delle alleanze di quell’area infuocata del mondo.
  3. In terzo luogo MbS, quasi sotto traccia, fa uscire la sua Arabia Saudita da un accerchiamento di forze ostili legate proprio all’Iran: stiamo parlando dell’Iraq, del Qatar, del Libano, della Siria e, soprattutto, dello Yemen, dove da otto anni Riad è impegnata in una costosissima guerra contro la tribù sciita degli Houthi, supportata da Teheran.

Inoltre, il colpo di scena a Pechino, evidenzia anche una presa di distanza di Riyad nei confronti di Washington, alleato storico della dinastia saudita. Con l’aiuto di Xi-Jinping che per le ragioni sopra dette aveva tutto l’interesse a diventare il protagonista della riappacificazione, MbS ha voluto lanciare un messaggio ben preciso a Biden: da questo maggio 2023 Riyad e Teheran, dopo oltre dieci anni di gelo totale, ristabiliscono delle relazioni diplomatiche “a tutto tondo”.  Dopo aver considerato gli ayatollah e la loro rivoluzione komeinista come la causa di tutte le tragedie che affliggono il mondo arabo, MbS oggi dichiara pubblicamente sui media internazionali: “L’Iran è un nostro vicino per sempre e non potremmo sbarazzarci uno dell’altro”.

Come mai Teheran ha accettato questo improvviso e sorprendente accordo con il nemico giurato? Ha ottenuto una forte contropartita: Siria e Libano, i due più importanti territori di interesse strategico e politico per Teheran, rimangono dei suoi “protettorati” con l’endorsement di MbS. Da oggi in avanti non possiamo quindi escludere che MbS si candidi anche ad aiutare l’individuazione di una soluzione per la guerra in Ucraina. L’obiettivo strategico del suo programma, denominato Vision 2023, è quello di rendere l’Arabia Saudita indipendente rispetto al petrolio come unica fonte di sostenibilità per il paese.

Dunque a MbS interessa stringere dei legami con dei leader mondiali che consentano a Riyad di poter rivisitare tutte le alleanze consolidatesi nel dopoguerra con gli Stati Uniti e con gli europei. Gli americani hanno ovviamente reagito male all’accordo arabo-iraniano. Biden fin dal 2018 e quindi dall’uccisione del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ha sempre considerato MbS un alleato poco affidabile, imprevedibile, così cinico da pianificare anche l’eliminazione fisica dei propri avversari, come avvenuto con Khashoggi. Washington teme proprio che MbS colga l’occasione della guerra in Ucraina per assumere un ruolo centrale nei confronti delle Nazioni occidentali angosciate dalle forniture di idrocarburi dopo l’embargo nei confronti del petrolio russo.

Last but not… least, MbS ha voluto anche dare un ulteriore “ceffone” ai suoi avversari o ai suoi alleati malfidenti: lo scorso 19 maggio proprio a casa sua, a Gedda, ha convocato una riunione straordinaria della Lega Araba, riammettendo il dittatore siriano Bashar al-Assad a tutti gli effetti nel tavolo dei partecipanti. Assad era stato cacciato dalla Lega Araba nel 2012, un anno dopo lo scoppio della guerra civile in Siria. Tutti i leader arabi convocati a Gedda hanno approvato la decisione di assolverlo e quindi di liberarlo dal rischio di un eventuale incriminazione al Tribunale Internazionale contro i crimini di guerra o contro i crimini contro l’umanità.

La ragione ufficiale di tale decisione, che ha sorpreso e amareggiato le cancellerie di tutto il mondo, è stata quella di favorire, in tal modo, il ritorno nelle loro case distrutte dei quasi 6 milioni di profughi disseminati tra Giordania, Libano e Turchia e per permettere una più efficace assegnazione degli aiuti umanitari alla popolazione sconvolta non solo dalla guerra, ma anche dal recente terremoto al confine con la Turchia. Naturalmente l’unanimità ottenuta a Gedda da MbS sulla riabilitazione di Assad, è stata il primo risultato dell’accordo con Teheran, sottoscritto a Pechino. Dunque il Grande Gioco si arricchisce di nuovi protagonisti che non dobbiamo assolutamente sottovalutare anche se apparentemente strambi e a volte imbarazzanti come MbS.

Euro

Euro

Con lo pseudonimo Euro, si firma uno studioso italiano, apprezzato per la sua competenza nella politica internazionale, oltre che nelle questioni economiche e di diritto riguardanti l'Unione Europea

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