E’ passato più di un mese (l’offerta è del 25 aprile) ed ancora l’operazione di acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk non si è perfezionata. Nel frattempo non sono mancati i colpi di scena.

Subito dopo la presentazione dell’offerta, Musk ha iniziato a lavorare sulla struttura finanziaria dell’operazione coinvolgendo alcuni investitori internazionali. Da Larry Ellison patron di Oracle, a Binance, che opera nel settore delle criptovalute. Da  Brookfield e Sequoia Capital che sono degli asset management per finire con il Principe Saudita Alwaleed Bin Talan Bin Abdulaziz Alsaud.

Il Principe ha poi scritto su Twitter “Io credo che tu sia l’unica persona in grado di far emergere il potenziale di Twitter”. Ma cosa ha convinto questi investitori a puntare ancora una volta su Elon Musk? Musk ha dichiarato che vuole rendere maggiormente libero il social e dopo pochi giorni ad un convegno organizzato dal Financial Times sul futuro dell’automotive ha dichiarato che avrebbe annullato l’esclusione nei confronti di Donald Trump.

Gli errori del boss di Tesla nella comunicazione alla SEC

Twitter aveva sospeso definitivamente Donald Trump dalla piattaforma nel gennaio 2021, a seguito all’assalto a Capitol Hill. Ma se Donald Trump dovesse decidere a ricandidarsi per le elezioni americane del 2024, che impatto potrebbe avere la presenza su un social con 80 milioni di follower in Usa? Passano pochi giorni dalle dichiarazioni di Musk al FT ed emerge che la SEC (la Consob americana) ha aperto un’inchiesta per violazione delle regole di comunicazione. Musk avrebbe comunicato con ritardo il raggiungimento della quota del 5% nel capitale di Twitter.

Un piccolo ritardo per un grande risparmio

Il ritardo non è stato, pare, spiegato e alcuni stimano che abbia fatto risparmiare a Musk 143 milioni di dollari perché se il mercato lo avesse saputo prima il titolo sarebbe salito e il 9,2% del capitale che Musk ha acquistato sarebbe costato di più.
Ma le sorprese non finiscono e pochi giorni dopo Musk gela Twitter e i suoi azionisti. Dichiara infatti che comprerà solo se i profili fake saranno meno del 5%, come gli era stato comunicato dal management del social, ipotizzando che possano essere ben di più (dal 20% al 90%).

Musk for President…?

Alcuni leggono in queste dichiarazioni il tentativo di rivedere il prezzo di 44 miliardi di dollari offerto, evidenziando che l’eventuale abbandono dell’operazione avrebbe per Musk un costo in termini di penale di 1 miliardo di dollari. Ma il pagamento di questa banale multa potrebbe non bastare a Musk per alzarsi dal tavolo se venisse provato il maggior danno. Se si considera che l’offerta di Musk era di 54,20 dollari per azioni e attualmente il titolo a Wall Street viene scambiato a poco più di 40 dollari, si può ipotizzare che ci sarà molto lavoro per gli avvocati se Musk dovesse abbandonare.

Ma le sorprese non finiscono mai in questa vicenda. Qualcuno ha ipotizzato che l’acquisto di Twitter sia propedeutico alla candidatura di Elon Musk a Presidente degli Stati Uniti nelle file repubblicane. Magari proprio contro Donald Trump. Ma sono passate poche ore da questa indiscrezione ed è subito uscita una notizia scandalistica. Che volutamente non riporto. Riguarda un presunto episodio risalente al 2016. A quando la parola fine a questa never ending story?

Giovanni Paviera

 

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