L’ultimo numero de L’Icontro del 2013 annunciava che il 5 dicembre era deceduto l’ex Presidente del Sud Africa Nelson Mandela. Si tratta di una figura di straordinario spessore, morale ed ideale, che ha superato la prova durissima di anni di carcere inflittigli dal regime razzista del suo Paese. E che ha saputo condurre il Sud Africa alla liberazione dall’”apartheid” ed alla democrazia, rappresentativa di bianchi e neri, senza ricorrere alla violenza. Ce ne vuole parlare?

Sono lieto di ricordare Nelson Mandela che, insieme a Gandhi, ha rappresentato il versante “buono” di un secolo, il 1900, afflitto da due guerre mondiali e infinite guerre locali.
Come Gandhi è riuscito a traghettare l’India, pacificamente, dalla dominazione coloniale dell’Inghilterra alla democrazia, così Mandela riuscì, con la sua lotta tenace, pacifica e disarmata, dopo essere stato scarcerato (nel 1990, dopo ben 27 anni di prigionia!) a condurre il proprio Paese ad elezioni libere e democratiche.

Mandela nel 1993 fu eletto Presidente della Repubblica del Sud Africa

Grazie al prestigio acquisito in Patria ed all’estero divenne il Presidente della Repubblica del Sud Africa e ricevette anche nel 1993 il premio Nobel per la pace. L’Incontro ricordava che “il sogno di Mandela si realizzava senza vendette o rappresaglie. Infatti egli attuò la politica del perdono, della conciliazione, a patto che i colpevoli riconoscessero i propri torti. Così Mandela, con la collaborazione del vescovo nero Tutu, diventò la bandiera dell’intero Paese, anche dei bianchi spossessati del loro passato di dominatori”.

L’attenzione de L’Incontro verso la storia di Nelson Mandela

Per la sua importanza L’Incontro pubblicava ampi stralci del suo storico discorso di difesa dinnanzi ai giudici.“Sono in possesso di una laurea e ho esercitato per vari anni, assieme a Oliver Tambo la professione di avvocato. Sono un prigioniero condannato a 5 anni di reclusione per essere uscito dal Paese senza un permesso e per avere incitato la gente a scioperare alla fine del maggio 1961. […] La mancanza di dignità umana sperimentata dagli africani è un risultato diretto della politica di supremazia dei bianchi. Essa implica l’inferiorità dei neri. La legislazione atta a mantenere la supremazia dei bianchi rafforza questa idea. I lavori umili in Sudafrica sono invariabilmente svolti da africani. Quando ha bisogno di trasportare o pulire qualcosa, l’uomo bianco si guarda intorno per cercare un africano che lo faccia per lui, indipendentemente dal fatto che l’africano sia o meno al suo servizio. Con questo atteggiamento, i bianchi tendono a considerare gli africani una specie animale diversa. Non li considerano persone che hanno una famiglia, non si rendono conto che hanno emozioni e si innamorano come fanno i bianchi, che vogliono stare con le mogli e i figli come i bianchi, che vogliono guadagnare in modo adeguato per mantenere le loro famiglie, nutrirle e vestirle e mandarle a scuola. E quale house-boy (domestico) o garden-boy (giardiniere) o bracciante potrà mai sperare di riuscirci?”.

Un manifesto della politica pacifista

E a chiusura della sua difesa, che costituiva anche il manifesto della politica pacifista che egli seppe introdurre nel Paese nel momento delle libere elezioni, nelle quali, molti anni dopo, l’ANC (African National Congress) trionfò, egli disse le parole che segono.

Gli africani vogliono percepire un salario che permetta loro di vivere. Gli africani vogliono fare il lavoro che sono capaci di fare e non un lavoro che il governo dichiara che sono capaci di fare. Gli africani vogliono vivere dove trovano un lavoro e non essere cacciati da un’area perché non sono nati lì. Gli africani vogliono avere la possibilità di possedere la terra nei luoghi dove lavorano e non essere obbligati a vivere in case in affitto che non potranno mai sentire come proprie. Gli africani vogliono far parte della popolazione e non essere confinati a vivere nei ghetti. Gli uomini africani vogliono che le mogli e i figli vivano con loro dove lavorano e non essere costretti a vivere un’esistenza innaturale negli ostelli per soli uomini. Le donne africane vogliono stare con i loro mariti e non essere lasciate in uno stato di vedovanza permanente nelle riserve. …… Soprattutto vogliamo pari diritti politici, perché senza di essi i nostri handicap saranno permanenti. So che ai bianchi di questo Paese ciò sembra rivoluzionario perché la maggiornza degli elettori sarà africana. E questo porta i bianchi ad avere paura della democrazia. Ma non si può permettere che questo timore blocchi la strada dell’unica soluzione che garantisce l’armonia tra le razze e la libertà per tutti. Non è vero che la concessione a tutti del diritto di voto porterà ad una dominazione razziale. La divisione politica basata sul colore della pelle è totalmente artificiale e quando scomparirà, scomparirà anche la dominazione di un gruppo su un altro”.

Promesse mantenute

Quando Mandela prese il potere mantenne tutte le sue promesse e il suo Paese passò dalla dittatura della minoranza bianca e segregazionista alla democrazia senza spargimenti di sangue. Gandhi, Mandela e M. Luther King ci hanno dimostrato che la forza delle lotte pacifiche per i diritti e la libertà è più forte di qualsiasi regime reazionario, basato sulla segregazione razziale.

Alessandro Re

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