Siamo stati storicamente abituati a considerare gli Stati Uniti come un Paese di libertà e di progresso, ma la nostra prospettiva è sempre stata falsata, forse volutamente, dai mass media. Ora, da alcuni anni questa apertura di credito si è del tutto affievolita e l’elenco dei fatti che fanno ritenere gli US.A. . Un Paese poco rispettoso dei diritti è ormai lungo. Basti pensare a Guantanamo, con prigionieri da anni in attesa di giudizio. E ancora alla mancata adesione degli U.S.A. a numerose Convenzioni internazionali. E anche alle recenti manifestazioni sediziose “sponsorizzate”, se non addirittura organizzate da Trump, al fine di stravolgere il risultato elettorale a lui sfavorevole.

Su l’Incontro del 2003 il discorso di Al Gore

Mi ha colpito leggere su L’INCONTRO del novembre 2003 un articolo nel quale si riproponeva il discorso che Al Gore, ex Vice-Presidente degli Usa durante la presidenza Clinton, pronunciò alla “Constitution Hall”. Lo fece in occasione di un Convegno promosso dal gruppo liberale del Parlamento e dall’American Constitution Society che raccoglie giuristi ed avvocati. Il titolo de L’INCONTRO di allora, faceva notare come il discorso di Al Gore fosse polemico e l’accusa fosse nei confronti di Bush, di “aver violato le libertà costituzionali”.
Che cosa era avvenuto?

Leggi speciali contro il terrorismo

Era in effetti avvenuto che, sull’onda della forte emozione. E anche della preoccupazione suscitata dagli attentati dell’11 settembre 2001, sia l’Amministrazione che il Congresso si erano attivati per adeguare le leggi e per più fermamente contrastare le minacce dei terroristi.

Bush rivendica il diritto ad agire liberamente contro gli attacchi esterni

Ecco cosa disse Al Gore. “Sono avvenuti anche molti altri cambiamenti che la maggior parte della gente ignora e che potremmo definire sgradite sorprese. Per la prima volta nella storia del nostro Paese, cittadini americani sono stati arrestati e imprigionati dal potere esecutivo senza essere stati formalmente accusati di alcun crimine. Senza un processo, senza un avvocato e senza nemmeno la possibilità di comunicare con i familiari. Il Presidente Bush rivendica il diritto unilaterale di agire così contro gli “attacchi nemici”.

Questa è la formula magica. Quando il Presidente, a suo insindacabile giudizio, lo ritiene il caso, una persona può essere rinchiusa e tenuta in isolamento a tempo indeterminato. Questo senza che alcuna Corte abbia il diritto di valutare se le circostanze giustificano un simile trattamento.

Il diritto alla libertà e alla ricerca della felicità è inalienabile

Così, se il Presidente commette un errore, o riceve informazioni false e mette in carcere la persona sbagliata, per questa diventa impossibile dimostrare la propria innocenza. Dal momento che non può parlare né con un avvocato, né con i parenti e che non sa nemmeno di cosa è accusata. Così il diritto alla libertà e alla ricerca della felicità, garantito dalla Costituzione e che, forse con spirito un po’ antiquato, pensiamo inalienabile, può essere scippato a ogni americano dal Presidente senza che nessun organo del governo possa intervenire”.

La Patriot Act ha dato alle autorità il diritto di intervenire ovunque

Ed ancora. “Nei primi 212 anni di storia americana se la polizia voleva perquisire una casa privata doveva prima convincere un giudice indipendente e ottenere un mandato. Quindi si presentava alla porta, gridava “aprite” ed eventualmente, se non aveva risposta, buttava giù la porta. Se trovava qualcosa doveva rilasciare una ricevuta. Così, se alla fine non se ne faceva nulla, gli interessati potevano riavere indietro le proprie cose. Tutto questo non è più. Da due anni a questa parte gli agenti federali hanno ricevuto, grazie al “Patriot Act” piena libertà d’azione, anche quando non si tratta di terrorismo. Possono introdursi in una casa, di nascosto, in assenza del proprietario, e dirglielo mesi più tardi.

Spazi di democrazia limitati

La nuova legge fornisce un ottimo alibi per ogni tipo di intrusione: basta dire che la perquisizione è legata a un’indagine che coinvolge i servizi segreti stranieri. Questo sposta la questione alla competenza di una Corte segreta che all’incirca ha il compito di avallare tutto ciò che fanno gli agenti federali“.

In Italia contro il terrorimo non sono state utilizzate leggi speciali

Un quadro certo inquietante perché pensiamo sempre che queste situazioni possano avvenire solo in Paesi quali la Cina, la Russia e la Turchia, ma non nei democratici Stati Uniti!
Due brevi considerazioni finali. Il nostro Paese, nonostante lutti e difficoltà di ogni tipo, ha combattuto il terrorismo, sia “rosso”, sia “nero”, senza far ricorso nè a leggi speciali, né a Tribunali speciali. Gli U.S.A., viceversa, hanno progressivamente limitato gli spazi della democrazia. Al punto che Trump, nel momento della proclamazione del risultato delle elezioni a lui sfavorevole, ha ritenuto lecito non già agire legalmente nei Tribunali. Ma, al contrario, aizzare i suoi “desperados” alla rivolta violenta, addirittura assaltando il Campidoglio, cioè il simbolo stesso della democrazia negli U.S.A.

Si confida che il processo in corso nei confronti di Trump tolga dall’arena politica un tale squallido personaggio. Ma il problema rimane e le sue folli idee ben potranno essere riproposte da altri. In definitiva, ritengo che anche negli U.S.A la democrazia non sia affatto in buona salute.

L’INCONTRO dell’aprile 2004 titolava “AMERICA AMARA – IGNOBILI SEVIZIE AI DETENUTI IN IRAK”. Che cosa era avvenuto?

Va ricordato in primo luogo cosa prevede l’art. 5 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. “Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, disumane o degradanti”. Ebbene, in palese spregio a tale principio di civiltà, gli U.S.A., dopo la conquista dell’Irak e la liberazione di questo Paese dalla feroce dittatura di Saddam Hussein, si resero responsabili di gravissimi crimini. Crimini contro i prigionieri, la cui situazione non mutò affatto rispetto a prima. Sotto il regime di Saddam essi erano incarcerati senza alcuna specifica accusa e spesso torturati sino alla morte; dopo la caduta del regime i militari statunitensi si comportavano nello stesso modo!

La violenza di Hussein nella prigione di Abu Ghraib

Lo scandalo scoppiò in questo modo. “Un modesto militare americano della riserva, assegnato alla Polizia Militare nell’Iraq, diede l’allarme su quanto succedeva nella prigione di Abu Ghraib. La famigerata per le migliaia di vittime torturate e uccise dal regime di Saddam Hussein. Infilò un documento sotto la porta dell’ufficio di un suo superiore per informarlo degli orrori commessi dai carcerieri americani sui prigionieri iracheni.

Gli Usa hanno detto no alla Corte suprema internazionale

Ben presto la stampa e la TV degli USA hanno divulgato le orribili fotografie di quanto avveniva da tempo, sconvolgendo l’opinione pubblica mondiale”. Ed ancora. “Di fronte a questa incredibile vicenda che ricorda i metodi nazisti, il Presidente Bush e il Ministro della difesa Rumsfeld hanno chiesto scusa alle vittime e alla popolazione irachena. Ora comprendiamo perché il governo americano ha rifiutato di aderire alla Corte Penale Internazionale che punisce i crimini di guerra, i delitti contro l’umanità, il genocidio.

Se avesse aderito sarebbero perseguiti dalla Corte gli abusi commessi non solo nell’Iraq, ma nella base di Guantanamo (Cuba). Lì dove i terroristi prigionieri sono incatenati, in piccole celle non protette dalle intemperie, senza assistenza legale, né processi”. I principi di legalità, anche e soprattutto nei confronti di prigionieri, non possono e non debbono essere mai disattesi.

Alessandro Re

 

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