Abbiamo motivi per essere ottimisti nonostante tutto …? Il comunicatore Claudio Maffei* ne ha individuati cinque dalla diminuzione della povertà all’aumento della solidarietà. Maffei ci propone anche otto consigli per andare verso il futuro con fiducia. Questa che pubblichiamo è la prima delle tre parti del suo lungo intervento.

Nel maggio del 2014 ero in vacanza negli Stati Uniti e stavo viaggiando sulla Route 66, la “Mother Road” che collega unendoli Chicago a Los Angeles. Lo fa attraversando tre fusi orari e otto stati: Illinois, Missouri, Kansas, Oklahoma, Texas, New Mexico, Arizona e California.

Come tante altre strade di questo genere, denominate Route, quella americana fu istituita negli anni venti del secolo scorso. L’intento era quello di creare una rete stradale che fosse adatta a soddisfare il crescente traffico automobilistico che derivava dallo sviluppo dell’economia, soprattutto nell’Ovest. Negli anni settanta venne sostituita dalla Interstate, una rete di strade a quattro o anche più corsie, in grado di rispondere alle nuove esigenze che si erano create.

Il mito della Route 66 però rimase sempre inalterato. Perché la Route 66 non è una strada, è un museo a cielo aperto, qualcosa di ineffabile, di indefinibile, piena com’è di ricordi, di simboli, di storia e vita.

Per questo motivo la Route 66 è rinata. E’ diventata un parco nazionale, caso unico al mondo per una strada, vincolata dal Ministero Federale dei Beni Culturali come un pezzo significativo della storia d’America. Rappresenta la corsa verso ovest, la ricerca dell’Eldorado, la voglia di libertà.

John Steinbeck vi ambientò il suo capolavoro, “Furore”, dandole il nome di Mother Road, la strada madre di tutti gli americani, e Jack Kerouac vi ambientò le sue opere migliori. Rappresenta la voglia di cambiamento, la fuga dal presente verso un futuro migliore. Occorre ricordare che, per molti americani, il sogno divenne realtà. Uno di questi fortunati individui, Bobby Troup, durante il trasferimento con la famiglia, scrisse una canzone “Get your Kicks on Route 66 che vendette a Nat King Cole, appena arrivato a Los Angeles. Il motivo ebbe un successo strepitoso e Bobby divenne ricco e famoso immediatamente.

Get your Kicks on Route 66, goditi il viaggio, divertiti alla grande sulla strada della tua vita. Nonostante tutto.

C’è solo la strada su cui puoi contare…

Questo è stato il primo spunto per una riflessione sull’inquietudine, quel sentimento che, se ben incanalato verso un obiettivo preciso, spinge a creare, a costruire, a inventare. E, ciò che più conta, non è così importante tagliare il traguardo, quanto apprezzare ogni momento, ogni passo del percorso che ha portato fino a quel punto. Mentre percorrevo la Route 66, tornavo con la mente alla mia gioventù, a quando ascoltavo i dischi di Bob Dylan, di Jimi Hendrix, di Jim Morrison. Risentivo dentro di me la stessa ammirazione per i miei miti e, insieme, lo stesso slancio di allora, la stessa pulsione verso qualcosa di nuovo, di migliore, in cui potessi ritrovarmi.

Nonostante tutto si cambia per realizzare i nostri sogni

La mia generazione sognava di cambiare il mondo e lo sognava intensamente. Forse non siamo riusciti a cambiarlo come volevamo, ma quel che più conta è che il mondo è davvero cambiato. E il cambiamento è stato velocissimo, addirittura travolgente anche se non sempre è andato nella direzione che avevamo immaginato. Si cambia perché qualcuno lo vuole, qualcuno lo immagina, è capace cioè di sognare. Di desiderare intensamente qualcosa ed è disposto ad agire per realizzare il proprio sogno.

Penso che il futuro sia qualcosa da costruire giorno per giorno, pezzo per pezzo, godendosi il viaggio come sulla Route 66. Quella stessa Mother Road che gli americani, con il medesimo animo dei pionieri, percorrevano con entusiasmo, fiducia, spirito di avventura. Alla ricerca della propria realizzazione, all’inseguimento di un sogno per se stessi e per le generazioni a venire. Una strada, insomma, che porti al futuro, e che ci permetta di arrivare alla meta in piena forma, felici di aver compiuto quel lungo viaggio.

Quando sento dire che quelli della mia generazione hanno lasciato ai giovani una realtà peggiore di quella che noi abbiamo ereditato dai nostri genitori o nonni, non sono del tutto d’accordo. A mio avviso, molto è stato fatto ed è sotto gli occhi di tutti. Dall’aspettativa di vita delle persone, alla mortalità infantile, all’alfabetizzazione, e questo grazie alla medicina, alle ricerche scientifiche, alla tecnologia.

Abbiamo alzato le nostre pretese

Per non parlare dei giovani che hanno il mondo nelle loro mani con la possibilità di spostarsi da un Continente all’altro, fare esperienze e conoscenze. E quando si parla di tecnologia, il pensiero va a Internet che ha dato spazio e possibilità di interscambi a tutti. E’ sicuramente uno strumento importante e, direi, oggi indispensabile per la nostra libertà d’azione e di espressione.

Non ritengo quindi che la qualità della vita si sia abbassata, penso piuttosto che siano le nostre pretese ad essersi alzate. Certo, il periodo che stiamo vivendo non è dei più rosei tra pandemia e guerra. Però sono convinto che il pessimismo dilagante sia inutile e controproducente. Io rimango inguaribilmente un ottimista, e voglio continuare a coltivare la fiducia. La negatività e il pessimismo possono fare “spettacolo”, ma non servono a progredire, ad andare avanti, guardare al futuro.

Certo, e qui mi riferisco ai giovani, non bisogna stare fermi in attesa di interventi salvifici dall’esterno. Nonostante tutto il futuro siamo noi e soltanto noi, insieme, saremo responsabili di come è, e di come sarà la nostra vita domani.

Cambia gli occhiali, adotta un punto di vista diverso

Riassumendo elenco cinque buone ragioni per guardare al futuro con curiosità e con fiducia.

La diminuzione della povertà. A dispetto di ciò che ci vogliono far credere, questo è un dato di fatto. La povertà assoluta è pressoché scomparsa. Chi oggi si definisce povero è in possesso di un cellulare, spesso di uno smartphone, può collegarsi a Internet, può mangiare ogni giorno, più volte al giorno. Ha in casa una vasta gamma di elettrodomestici ritenuti ormai indispensabili, ma assenti, fino a cinquant’anni fa, perfino dalle case dei più abbienti.

Nonostante tutto quasi ogni nucleo familiare in Italia possiede un’auto, moltissimi sono proprietari della casa in cui abitano. La povertà assoluta, checché se ne dica, è altro e, nel nostro Paese, è una condizione non così diffusa come si potrebbe pensare. Piuttosto, sono gli standard che si sono innalzati, che sono stati addirittura gonfiati dal consumismo degli ultimi decenni. Per questo, la sensazione è quella di essersi impoveriti, anche quando ciò non corrisponde a verità.

Negli anni settanta i computer non erano ancora entrati nelle case e i programmatori dell’epoca stavano molto attenti a risparmiare memoria, perché le memorie avevano un costo elevatissimo. Con gli anni, i costi si sono abbattuti. Quegli aggeggi, che sembravano destinati a ingegneri specializzati, ora sono nelle mani di una massa indifferenziata di utenti, massa che comprende perfino adolescenti e bambini. Possiamo dunque contare su strumenti tecnologici sempre più sofisticati e facilmente utilizzabili, il cui prezzo è destinato inesorabilmente a scendere. Strumenti oggi disponibili a un pubblico sempre più allargato. (continua I)

Claudio Maffei

Claudio Maffei

Claudio Maffei, professore, consulente, scrittore, giornalista, formatore, si occupa da sempre di comunicazione. E' stato uno storico presidente della Ferpi, Federazione relazioni pubbliche italiana.

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