Le vittorie, alcune incredibili, dei nostri atleti alle recenti Olimpiadi di Tokio impongono alcune brevi riflessioni.

1) In primo luogo non va sottovaluto il fatto che, nonostante la pandemia, esse si siano tenute, seppur con notevoli restrizioni, la principale delle quali è stata l’assenza di pubblico presente.

Gli attuali mezzi di comunicazione di massa, primo tra tutti la televisione, hanno comunque consentito ad una platea di spettatori di tutto il mondo di poter partecipare e, quindi, forse occorrerebbe cercare di convivere al meglio, in futuro, con tali situazioni (basti pensare alla scuola, alla giustizia, al lavoro), posto che probabilmente ancora per molto tempo dovremo fare i conti con i problemi causati dal virus.

2) Per quanto concerne il nostro paese i brillanti successi ottenuti in tante discipline sportive devono essere motivo di orgoglio e di ammirazione per i tanti giovani che vi hanno contribuito.

Il nostro non è certo paragonabile all’orgoglio che alcuni paesi, specie in passato, mostravano a fronte di una vittoria sportiva (anche a costo di sacrificare la salute degli atleti), né un fattore di prestigio politico, quanto piuttosto la consapevolezza della necessità di una preparazione attenta, che inizia anni prima delle Olimpiadi, con l’aiuto di allenatori competenti, di strutture idonee e con un ingrediente essenziale che tutti gli atleti  hanno riconosciuto nel corso delle interviste: lo spirito di sacrificio.

E’ evidente, infatti, che non ci si può improvvisare campioni, in qualunque sport, anche se madre natura può averti dotato di una particolare predisposizione fisica, senza una lunga preparazione, che può durare anni, fatta di sacrifici, rinunce e fatica.

Ecco, questa è forse la parola che più deve farci riflettere: in una società che tende ad abolire o ridurre, grazie alla tecnologia ed alle macchine, la fatica fisica, si scopre che questa è un fattore essenziale se si vuole primeggiare, in qualunque situazione ed attività, non solo nello sport.

 3) Credo che tutti gli spettatori siano stati poi positivamente colpiti, al di là del risultato sportivo, dalla capacità di questi giovani di comunicare la loro gioia e i loro sentimenti, anche nella immediatezza della fine della gara.

Ragazzi e ragazze che sanno spiegarsi in pubblico, anche in inglese, non può che farci piacere, considerato che essi rappresentano una generazione di ventenni/trentenni che solo ora si affacciano al mondo e che ci fa ben sperare per il futuro.

Così come non può non averci colpito il fatto che tutti gli atleti, indistintamente, al momento dei ringraziamenti, oltre, come è ovvio, a mogli, figli e genitori, hanno posto in luce il lavoro, spesso oscuro, di tutti i partecipanti al proprio “team”: dagli allenatori, ai fisioterapisti, ai nutrizionisti, sino ai motivatori.

È il segnale che il lavoro in equipe, forse in quasi tutti i settori, non solo nello sport, sta prendendo sempre più piede.

4) Un’ultima osservazione che non può non essere fortemente critica nei confronti del precedente governo che rischiava di non farci presenziare alle Olimpiadi come Italia.

Forse non tutti ricordano che solamente il 26 gennaio 2021, all’ultimo momento, prima che il CIO (Comitato Olimpico Internazionale) mettesse in atto la minaccia, che aveva già espresso, di non consentire all’Italia una partecipazione ufficiale ai Giochi, venne emanato dal Governo Conte bis un decreto legge che riaffermava e rafforzava l’autonomia del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) rispetto al potere politico.

Senza questa riforma dell’ultimo minuto, l’Italia avrebbe rischiato di dover partecipare ai Giochi di Tokio senza inno, senza bandiere, senza magliette identificative del nostro Paese, ammettendo gli atleti solo come “olimpici indipendenti”, come è avvenuto per la Russia.

In un momento in cui tutta la Camera, con tifo da stadio, applaudiva i nostri colori, nel momento delle vittorie di Jacobs e di Tamberi, assai opportunamente il Direttore di Tuttosport, Xavier Jacobelli, nel proprio articolo di fondo, intitolato “Il muro d’oro contro la cattiva politica”, apparso su quel giornale il 2 agosto u.s., ricordava questo grave fatto e concludeva:

“Oggi che lo sport italiano è citius, altius, fortius, lo rammenti la politica di qualunque colore, ordine e grado: ogni qualvolta punta a minare l’indipendenza del CONI va a sbattere contro un muro d’oro”.

Alessandro Re

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