Corfù. E’ quasi l’una di notte.

Non immaginatevi cicale e stelle cadenti. La cittadina di Ipsos è viva la sera, perché meta di tanti giovani. Anche italiani.

Davanti alla casa che ci ospita ce n’è un folto gruppo, per esempio. 

Sono gioiosamente rumorosi. Ascoltano la musica a volume un po’ troppo alto, forse. Ma lo fanno fino a una certa ora. Poi escono e attorno a noi scende un po’ di quiete.

Così ogni giorno, ma non stasera. Oggi sono restati a casa e nonostante l’ora tarda la musica è ancora accesa e le loro voci riecheggiano…

“In fondo è estate”, penso. E’ stato un anno di silenzio e solitudine. Va bene così; e tra questi pensieri decido di andare a dormire.

Non passa molto, però. Qualcosa richiama la mia attenzione. Una musica, insolita.

Mi tiro su. Ascolto. Il volume è stato alzato. Qualcuno canta. 

“Non può essere” mi dico. Ma è così: nell’aria di Corfù si diffondono le note e le parole di Faccetta nera e quei giovani canticchiano e rievocano la bella abissina.

Resto un attimo stordita. Penso, ma non più di un attimo. Lo stesso attimo necessario a vestirmi, uscire, attraversare la strada e piazzarmi davanti al cancello di quei ragazzi intimando loro di spegnere immediatamente la musica.

Loro mi guardano. Hanno l’aria stupita, ma non dicono nulla. Spengono e io torno a casa. Ma dormire è impossibile. Mi aspettavo una reazione diversa, forse…e allora penso.

Rifletto su quanto possono apparire vuote parole come fascista o antifascista per persone – molti dei nostri giovani – che del fascismo sanno poco o niente. E non per pigrizia o disinteresse, ma perché le agenzie che dovevano formarli hanno preferito non approfondire. La scuola, per esempio: meglio soffermarsi un po’ di più su assiri e sumeri, piuttosto che rispondere a possibili domande scomode… così il Novecento finisce con l’appiattirsi su date e luoghi, lasciando altre considerazioni alla buona volontà di qualche professore che ci prova a far guardare oltre le parole di quei miseri “box” stampati sui libri di storia, che sintetizzano in poche righe la tragedia di popoli cui anche noi italiani abbiamo contribuito.

Rifletto sulla banalizzazione di un’epoca, quella fascista. Abbiamo preferito anestetizzare il giudizio piuttosto che confrontarci con il nostro passato…e ora ci scandalizziamo se i nostri giovani non avvertono l’orrore di quegli anni. Come potrebbero fare altrimenti quando le leggi sul divieto di ricostituzione del partito fascista non vengono applicate; quelle sul reato di apologia di fascismo sono intrepretate dalla giurisprudenza molto blandamente; il linguaggio dei nostri rappresentanti politici è sempre più infarcito di retorica nazionalista?

Rifletto sul fatto che non abbiamo elaborato il nostro passato e per questo non riusciamo a percepire la gravità di certe nostalgie, che nei giovani conducono a mitizzazione; ma soprattutto, per questo, non siamo in grado di assimilare fino in fondo i valori della nostra Carta, che è ontologicamente antifascista e non ha bisogno di dirlo.

E allora mi accorgo che forse dovremmo davvero smettere di dirci di per sé antifascisti per cominciare a essere prima di tutto e concretamente intransigenti difensori della Costituzione e dei suoi valori. 

Mi convinco che è da qui che dovremmo ripartire, raccontando la genesi della nostra Carta, per riconoscerne l’essenza profondamente incompatibile con quello che il fascismo è stato. 

Basterebbe credere nella Costituzione e applicarla secondo i principi che la animano, e che parlano di garanzia del pluralismo, protezione della dignità umana, limitazione del potere; basterebbe far studiare la storia, costruire memoria e difendere la Costituzione per proteggere davvero la nostra Repubblica da rigurgiti di fascismo, che oggi si presenta con facce sempre nuove e subdole, non solo in Italia.

Raccontiamo ai nostri giovani quel che ha vissuto il nostro paese senza avere paura di affrontare i nostri fantasmi.

Spieghiamo la nostra Costituzione. 

I ragazzi che, non curanti del passato, l’altra notte facevano risuonare inni fascisti in queste isole, che dal nostro esercito vennero invase, non sono dei neofascisti…forse sono solo ragazzi a cui nessuno ha mai avuto la voglia o il coraggio di spiegare che gli italiani non sono sempre stati “brava gente”… ma hanno saputo superare la notte e rinascere con la Costituzione del 1948.

Anna Mastromarino

Anna Mastromarino

Professoressa Associata di Diritto Pubblico Comparato Delegata di Dipartimento per la Mobilità Internazionale Dipartimento di Giurisprudenza Università di Torino

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