L’articolo del Direttore sul pensiero Woke vuole lanciare uno stimolo di riflessione che volentieri colgo per guardare l’altro lato della medaglia. Iniziamo con la Howard University che avrebbe cancellato gli studi classici perché “propagandisti del suprematismo bianco”.

Per Howard è stata una sostituzione dovuta al profitto

Leggendo quanto riportato dal Washington Post e il report emesso dalla stessa università sembra che alla base della decisione ci sia una ricerca interna sui dipartimenti meno profittevoli e con alti tassi di abbandono. Quello di studi classici farebbe quindi parte, insieme a quello di Comprehensive Sciences – che comprende materie come Fisica e Computer e Società – e i programmi di anatomia, biologia, e ingegneria civile, dello stesso gruppo che non saranno oggetto di corsi completi [Major]. Ma che possono comunque essere offerti tramite altre facoltà.

I fondi premiano le università con più potere

Cornel West, filosofo e attivista politico americano, ha bollato la decisione come una catastrofe spirituale. Il Preside dell’Howard ha però precisato alcune cose. “West ha studiato e insegnato prevalentemente in università bianche e con grandissimi fondi a disposizione. Tra cui Harvard (che gestisce circa 42 miliardi di dollari), Yale (31 miliardi) e Princeton (27 miliardi)”. La Howard, invece, ha a disposizione un capitale di circa 700 milioni di dollari. “Mentre le istituzioni più rinomate raramente devo prendere in considerazione l’idea di eliminare un dipartimento, i migliori HBCUs faticano ogni giorno a fare ciò che vorrebbero per i propri studenti. Questa è la reale catastrofe spirituale”, conclude.

Ma quanto vale la cultura in termini economici?

Ci sembra allora che non esista “un pensiero unico di un’élite che impone cosa mangiare” ma un pensiero ben più pericoloso che nega la valenza della cultura in generale. Il nostro Giulio Tremonti affermò che “con la cultura non si mangia“. E addirittura Obama, ha incoraggiato i ragazzi presenti ad un incontro in Wisconsin a laurearsi in discipline che ​avrebbero consentito guadagni più alti “di quello che potrebbero con una laurea in storia dell’arte” .

Neanche con l’arte si mangia! Questo è il rischio vero, accanto a qualche scalmanato che vuole negare Platone per cultura Woke, Presidenti e Ministri che sacrificano la cultura al denaro. Detto ciò non c’è dubbio che qualcuno possa aver cavalcato la decisione della Howard University in stile Woke. E che gli eccessi possano dar fastidio ma è sempre salutare cercare di leggere la storia da un altro punto di vista.

La Woke culture, Cristoforo Colombo e il Messico di Cortés…

Cristoforo Colombo ai suoi tempi era definito un esploratore ma non ha scoperto nulla dal momento che l’America non era nascosta ma, casomai, “mai raggiunta”. Anche se abitata da popoli che sono stati confinati nelle riserve e che solo di recente hanno avuto voce nel reclamare i danni provocati dalla “conquista” delle loro terre. Così come è corretto sottolineare che l’artefice della conquista del Messico Hernán Cortés, tra il 1519 e il 1521 abbatté con la violenza l’impero azteco e lo inglobò nei domini spagnoli. Stesso destino riservato ai Maya.

È giusto per questo distruggere le statue e condannare i classici alla damnatio memoriae?

Dal punto di vista WASP certamente no. Ma penso che un afrodiscendente possa essere d’accordo con il governatore della Virginia, Ralph Northam che, a seguito dell’ondata di proteste innescata dall’omicidio di George Floyd e le manifestazioni di Black Lives Matter, ha annunciato l’intenzione di rimuovere la statua del generale confederato Robert E. Lee dalla città di Richmond. “Nel 2020 non possiamo più onorare un sistema che era basato sul comprare e vendere schiavi. Sì, quella statua è lì da un sacco di tempo. Ma era sbagliata allora ed è sbagliata oggi. Per questo la rimuoveremo”, aggiungendo che “rimuovere un simbolo è importante, ma è solo il primo passo”.

Tutto il potere alle Presidentesse…

D’altra parte mio padre mi racconta di aver assistito da bambino a Roma all’abbattimento dei busti di Mussolini e dei fasci littori. E nessuno ne ha mai sentito la mancanza. Infine proviamo anche a risolvere, con l’Accademia della Crusca, il dubbio sul giusto sostantivo da usare per una donna Vice Presidente. Non è errato chiamarla vice presidentessa ma “linguisticamente ambigenere, sono i nomi di professione uscenti in – ente che derivano dal participio presente dei verbi e variano il loro genere grazie all’articolo che li precede: il dirigente / la dirigente. In merito dunque all’oscillazione sulla forma femminile di il presidente, l’uso dell’articolo femminile senza aggiunta di suffissi può essere un buon compromesso. Però, non mischiamo tutto in un’unica insalata.

Cinzia Gaeta

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