Legittima difesa o eccesso di legittima difesa? O, peggio, omicidio volontario? Il dilemma continua a travagliare la coscienza degli addetti ai lavori, ma soprattutto del grande pubblico. La politica, a seconda dei casi, “mette il cappello” su aspetti più garantisti o più giustizialisti in stretta correlazione con il presunto “stomaco emotivo” dei suoi elettori… non aiutando certo la magistratura ad individuare un corretto bilanciamento tra i diritti in gioco.

Ogni qualvolta che la drammatica attualità che stiamo vivendo ci offre un caso di prospettata legittima difesa, si apre il “talk show” delle due curve a favore della vittima della violenza subita, ovvero a favore di un diritto che deve esistere ma non deve premiare le reazioni inconsulte, non contestuali e non commisurate all’offesa da parte di una vittima. Il caso del gioielliere di Grinzane Cavour è uno di questi. La vicenda vede protagonista il signor Mario Roggero, ultrasessantenne langarolo, che, di fronte all’ennesimo sopruso subito tra le mura della propria attività, dopo essersi liberato dal giogo dei rapinatori, li ha inseguiti e, una volta raggiunti, ha sparato ripetutamente loro alle spalle, lasciando a terra due morti e un ferito grave.

Di sicuro un nuovo compito per la magistratura sul tema tanto delicato qual è quello della legittima difesa, anche se, in questo come in altri casi simili, ha mantenuto il proprio orientamento. Infatti, il 4 dicembre 2023, la Corte d’Assise del Tribunale di Asti ha emesso il primo verdetto sul caso con cui ha condannato il gioielliere a una pena detentiva di 17 anni, nonché al pagamento di una provvisionale pari a 460.000 euro nei confronti dei parenti dei rapinatori, costituitisi parte civile.

L’attenzione suscitata da questo caso lo contraddistingue da altri episodi di presunta legittima difesa per due motivi di rilievo. In primo luogo, il bilancio delle vittime ha destato particolare scalpore. In secondo luogo, sin dalle prime ore dell’accaduto, una parte della classe politica ed alcuni giornalisti si sono schierati, senza se e senza ma, a favore di Roggero. Alcuni sostenendo la sua totale innocenza per l’accaduto, altri facendo proprio lo slogan, più consono all’America delle armi, “la difesa è sempre legittima”.

Questa interpretazione della (legittima) difesa presuppone l’innocenza come dato inequivocabile, che ignora la necessità di una valutazione giudiziaria approfondita susseguente all’azione che ha portato all’esito innanzi rappresentato. Nel contesto nazionale, non è insolito leggere sui quotidiani o ascoltare nei programmi televisivi di contenuto politico, richieste di “radicale” riforma dell’articolo 52 del Codice penale che disciplina, appunto, la legittima difesa.

I sostenitori di tale riforma, infatti, vorrebbero, ulteriormente, allargare le maglie del suddetto disposto normativo, permettendo così, in casi simili a quello di Grinzane Cavour, di non sottoporre l’agente al vaglio giudiziario e tanto sostenendo l’idea che ogni forma di difesa sia automaticamente considerata legittima. Con una visione di questo tipo, il rischio in cui si incorre è lo stravolgimento della legittima difesa che è sì un residuo di autotutela, ma che, tuttavia, si fonda sul principio del cosiddetto “bilanciamento d’interessi”. Fin dalla versione dispositiva del legislatore del 1942, era chiara l’idea che chi agisce per legittima difesa commette tecnicamente un reato, ma non deve essere punito in quanto, sulla base di un atto di ponderazione degli interessi tra l’aggressore e l’aggredito, si ritiene più opportuno dare maggiore peso al diritto di difesa del secondo, mitigando le conseguenze giuridiche per chi si trova nella situazione di dover reagire per proteggere sé stesso o altri.

Tuttavia, oggi, risulta evidente l’intenzione di sostituire il principio di bilanciamento per lasciare il passo a quello del “laissez faire” alla vittima, giustificando qualsivoglia reazione, essendo l’eccesso non più contemplato, tanto meno sanzionabile nelle aule di tribunale. Sotto questa pressione ideologica, il legislatore è già intervenuto nel 2019 con la legge n.36, modificando, in particolare, la disciplina della legittima difesa tenuta all’interno della residenza o del domicilio della vittima. In tali casi, in presenza di una indebita violazione del domicilio, la norma prevede la necessità della proporzionalità quando la persona presente nel proprio domicilio si difende utilizzando un’arma per proteggere la propria o altrui incolumità o beni, a condizione che sussista un concreto ed imminente pericolo di aggressione.

Questa modifica introduce una presunzione di proporzionalità della difesa, sebbene la sua verifica rimanga di norma affidata alla valutazione del giudice caso per caso. La riforma del 2019 sulla legittima difesa “domiciliare” non è stata applicata al caso del gioielliere. Infatti, secondo la Cassazione la condotta di legittima difesa deve essere necessaria, caratterizzata da un pericolo attuale e concreto, come la mancata desistenza dell’aggressore colto sul fatto. Nel caso specifico, il Tribunale ha ritenuto mancante l’elemento fondamentale dell’attualità del pericolo, poiché l’azione omicidiaria si è verificata fuori dalla attività del gioielliere, quando gli aggressori erano già in fuga, configurando una vera e propria esecuzione.

Infatti, la sentenza, contestata da diversi esponenti della maggioranza di governo, ha riguardato specificatamente quanto accaduto dopo la fine della rapina, cioè quando i rapinatori erano ormai fuori dalla gioielleria (e quindi non vi era più minaccia per l’incolumità di alcuno) ed il Roggero ha inseguito i ladri, datisi alla fuga, sparando alle spalle e persino accanendosi contro di loro. Visionando i frame della videosorveglianza è lampante l’eccesso di violenza del Roggero, che, non solo colpiva da distanza ravvicinata, ma ha continuato a sparare in direzione dei criminali non con l’intento di difendersi ponendo in essere un comportamento simile ad una vera e propria esecuzione, scaturente dell’offesa ricevuta ormai interrotta dalla fuga dei criminali.

Le sequenze del filmato evidenziano l’intento vendicativo di chi vede violato il proprio privato; tuttavia, se da una parte è comprensibile l’intenzione di difendere sé e i propri cari, dall’altra è innegabile che la reazione del Roggero non può essere giustificata, dato che il pericolo non era più attuale attesa il comportamento dei rapinatori dai quali non vi era più nulla da temere attesa la loro fuga. Sebbene gli avvocati del gioielliere abbiano invocato la legittima difesa putativa, questa linea difensiva non è parsa convincente dato che non è stato possibile dimostrare che la reazione era necessaria, poiché i rapinatori, come detto, si erano oramai dati alla fuga non rappresentando più un pericolo attuale per il gioielliere e la sua famiglia. In sostanza, nonostante lo stato emotivo comprensibile del gioielliere, l’azione ha superato il confine della legittima difesa dal momento in cui quest’ultimo ha continuato a sparare oltre la necessità di proteggersi, con il chiaro intento di arrecare una offesa (l’omicidio) maggiore di quella ricevuta dai rapinatori.

Il nostro sistema giuridico considera non punibile chi compie un’azione giustificata dalla necessità di difendere un proprio o altrui diritto contro un pericolo attuale di un’offesa ingiusta, a condizione che la difesa sia proporzionata all’offesa stessa. Tuttavia, può capitare che, in situazioni così estreme, la vittima superi il confine della reazione difensiva legittima, divenendo essa stessa un colpevole. L’importanza del tempo trascorso tra l’atto minaccioso e le azioni successive è determinante.

Se, dopo aver puntato una pistola, il rapinatore fugge e viene inseguito, il contesto cambia radicalmente. Nel caso di Grinzane Cavour, l’inseguimento ha tramutato lo stato di difesa in un’aggressione. Sparare con le modalità viste in quella fase dell’evento, infatti, non può più ritenersi legittima difesa, ma rappresenta un reale e palese atto di aggressione. La legittima difesa, dunque, presenta requisiti ben definiti, che devono sussistere al momento del fatto. La frustrazione di Roggero, vittima dell’ennesima rapina, è comprensibile, ma non può trovare nessuna giustificazione normativa se ci si intende “difendere” con le modalità poste in essere e riportate in maniera inequivocabile dalle telecamere site all’esterno del negozio.

Guido Edoardo Principe

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