L’escalation militare tra la Cina e Taiwan mette a serio rischio l’intero sistema industriale europeo qualora Taiwan non dovesse più essere in grado di esportare semiconduttori. Nel giro di 2-3 settimane si bloccherebbe completamente il nostro sistema industriale. Questo anche se gli europei sembrano non essere interessati a un conflitto così lontano. Eppure nel nuovo mondo globalizzato si dovrebbe capire come alle ripercussioni sulla nostra sicurezza possono sommarsi gravi conseguenze economiche.

Finalmente l’Unione Europea è sceso in campo. Ha stabilito un piano di investimento per ridare centralità al continente europeo in una delle grandi sfide della trasformazione digitale: la produzione dei microchip.

La Commissione europea ha lanciato l’European Chips Act, un progetto che mette sul tavolo 50 miliardi di euro di fondi pubblici per costruire in Europa “tre-cinque mega fabbriche“ di semiconduttori.
Negli anni Novanta l’Europa produceva il 20% del proprio fabbisogno di microchip. Oggi la produzione è scesa al 10%. Importiamo l’80% dei semiconduttori dall’Asia. Circa il 60% soltanto da Taiwan.

Una vera e propria schiavitù economica

Siamo in presenza di una vera e propria schiavitù economica. Il black out di Taiwan nella forniture di microchip porterebbe in un paio di settimane alla paralisi delle fabbriche che producono automobili. Ma non solo. Anche i produttori di frigoriferi e quelli che si occupano di telecomunicazioni sarebbero costretti a chiudere i battenti. Produzione interrotta, operai a casa e clienti senza prodotti.

L’obiettivo dell’European Chips Act è proprio quello di raddoppiare la quota di produzione europea entro il 2030, portandola al 20%. Il che significa che la produzione non dovrà semplicemente raddoppiare bensì quadruplicare dato che il valore del mercato globale raddoppierà nel giro dei prossimi 10 anni.

In Europa, ha sottolineato il commissario europeo Thierry Breton, esiste una consolidata esperienza ed eccellenza nel mondo della ricerca dei semiconduttori. Questa struttura diversificata sul territorio continentale aiuterà lo sviluppo del programma di nuovi e importanti insediamenti produttivi.

Sulla guerra Cina Taiwan manca consapevolezza

Come mai si è giunti a questa paradossale situazione in cui gli europei, pur apprezzati in tutto il mondo per le loro capacità di ricerca e sviluppo di semi conduttori, si sono ritrovati senza fabbriche e quindi senza produzione di microchip, delegando sostanzialmente tutto il mercato ai paesi asiatici? 

Le ragioni sono variegate. Negli ultimi dieci anni si è sviluppato in Europa un modello organizzativo che ha immaginato un impresa senza la fabbrica. Un modello di azienda con tanti camici bianchi e pochissimi operai. Con centri di eccellenza per la ricerca ma senza capannoni per produrre.

Sono stati così delocalizzate le produzioni e la Cina, il Messico e soprattutto Taiwan, Paesi con un basso costo della manodopera e con eccellenze nella ricerca e sviluppo, hanno incominciato ad assumere il ruolo di fabbriche mondiali dei semiconduttori.

Un piano europeo per aiutare la ricerca

Di qui è partita la riduzione delle produzioni in Europa a vantaggio di questi Paesi. Il piano europeo è articolato su tre verticali: la prima riguarda la ricerca nella quale Bruxelles investirà 12 miliardi di euro di fondi pubblici. Miliardi che serviranno per finanziare le linee guida per fabbricare i componenti con tecnologie all’avanguardia. 

La seconda verticale concentrerà una parte rilevante dell’investimento pubblico sull’aumento della capacità produttiva. E inoltre sulla costruzione di alcune grandi fabbriche in Europa. Investimenti possibili grazie a una revisione della normativa sugli aiuti di Stato, che consentirà ai governi di incentivare gli imprenditori interessati a sviluppare questi investimenti sul loro territorio.

Questo aspetto dell’European Chips Act costituisce ancora uno dei punti aperti, da sciogliere tra i membri dell’Ue. Gli Stati più piccoli sono contrari a questa ipotesi di deroga alle regole sugli aiuti di Stato in quanto ritengono che favorisca i Paesi più forti dell’Ue. Quelli in grado di offrire alle imprese interessate pacchetti economici, finanziari e fiscali molto più attraenti.

La terza verticale è costituita da un fondo (cogestito con la Bei) da 5 miliardi per sostenere investimenti nelle startup mirate a coprire ruoli rilevanti nella filiera dei semiconduttori. Per rispondere alle preoccupazioni e critiche dei paesi membri “piccoli”, la presidente Ursula von der Leyen ha detto che la deroga alle regole sugli aiuti di Stato sarà molto rigorosa per non alterare l’omogeneità dei mercati dell’Ue.

Bruxelles “batte un colpo”

Finalmente Bruxelles “batte un colpo” e aspira a riassestare la sua strategia e il suo posizionamento nella catena di approvvigionamento mondiale del settore. I microchip sono il petrolio del futuro, ha ricordato il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, e saranno fondamentali nella transizione digitale.

Per la prima volta facciamo evolvere le nostre regole sugli aiuti di Stato e per certi versi adattiamo anche la nostra politica commerciale. Un qualcosa di inedito nella storia della Commissione”.

Era ora, ci permettiamo di aggiungere. Questa grande opportunità per tutti gli Stati membri e soprattutto per l’Italia, non è stata colta e apprezzata nel nostro Paese. Ci giochiamo la possibilità di avere nel nostro territorio una delle mega fabbriche previste nel Chips Act: quindi incremento dell’occupazione, creazione di valore, aumento del  gettito fiscale.

Sarebbe davvero il caso di mettere il massimo focus su questo programma per valorizzarlo al meglio ma anche di informare gli italiani che il progetto ci riguarda direttamente. Merita attenzione e fiducia, arriva dalla tanto criticata Bruxelles dei “ragionieri” ma , finalmente, va nella direzione giusta. Ridare centralità prospettica al nostro continente in vista delle sfide mondiali, speriamo non militari ma economiche, dei prossimi anni.

Riccardo Rossotto

Riccardo Rossotto

"Per chi non mi conoscesse, sono un "animale italiano", avvocato, ex giornalista, appassionato di storia e soprattutto curioso del mondo". Riccardo Rossotto è il presidente dell'Editrice L'Incontro srl

Discussione

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *