Sergio Gagliolo è un artista ligure, amico del pittore Ennio Morlotti e dello scrittore
Francesco Biamonti.  La Bordighera in cui nasce nel 1934 non è molto diversa da quella che ha stregato Monet a fine 800. E’ una città salotto colta, una città giardino elegante, regale. Natura lussureggiante, clima culturale da Belle Epoque, internazionalità, poi certo arriverà la guerra n. 2 ma per intanto Sergio cresce lì, un posto non qualunque dove diventare grandi.
Anche se non vuoi l’aria che respiri è quella: se vai al bar incontri uno scrittore, un pittore, un architetto o un rallysta seduti a fianco, dietro il bancone un barista colto e sportivo che non sa ancora che diventerà direttore sportivo Ferrari.
In pochi centinaia di metri si sono stratificati nel tempo storia-letteratura-pittura- architettura-sport, tutto ad alto livello (Margherita di Savoia, Charles Garnier, Clarence Bicknell, Lodovico Winter, Edmondo De Amicis, Helmut Newton, Francesco Biamonti, Ennio Morlotti, Daniele Audetto, Amilcare Ballestrieri… per citarne alcuni).

Il genius loci è questo

Cultura e coltura, motorismo e botanica, un giorno di luglio è anche passata di lì Evita Peron a inaugurare il lungomare Argentina e il suo meraviglioso bosco a filari di Araucaria excelsa. E intanto in Sergio Gagliolo cresceva una passione sfrenata: dipingere. Pittura intimistica e sofferta, sobria e solitaria, la sua. Ai confini dell’informale.
 
La sua poesia visiva racconta la Liguria dell’entroterra e i titoli dei suoi dipinti evidenziano in nuce le sue predilezioni: “pietre bianche, nudi e ulivi, paesaggio ligure, rose, muro al sole, muro e cielo, muro a secco, muro al tramonto, cieli”. La città di Bordighera gli dedica a partire da metà marzo la mostra Antologica “ Tracce”. Lo abbiamo intervistato in occasione dei suoi 90 anni.

1 – Sergio bambino cosa sognava di fare da grande…

Avevo cominciato con la musica,avevo dato l’esame, e poi avevo sbagliato una nota, non so… E allora mi sono detto, ma sì, lascia perdere la musica, vai avanti con la pittura. L’istinto mi ha detto la pittura e c’era Maiolino, questo pittore che mi ha aiutato molto nel disegno. Mi haconsigliato di andare a Milano a fare del disegno, e cosi’ sono andato a fare il corso all’Accademia di Brera, e a Milano ho anche avuto uno studio per una decina d’anni, poi sono tornato e ho continuato a lavorare qui intorno.

2 – C’è un suo colore su tutti ? Un colore che sente più suo?

Il bianco. Il bianco, ho fatto tanti quadri bianchi che non sono né gessosi né freddi. È un bianco che tutti si chiedevano come facevo a ottenere quel bianco lì senza cadere nel gessoso.  Avevo la mia visione.
Perché bisogna stare attenti,perché diventa del gesso, può diventare altre cose,però se lo controlli bene, in un certo modo, puoi andare avanti… Ricordo che c’era Ennio Morlotti che mi diceva ma come fai a fare questobianco così particolare ? Senti, gli dicevo, io vado avanti così, vedo che funziona, lo sento dentro, e ho sempre lavorato così.

3 – Se si guarda indietro è soddisfatto di quello che ha fatto, è contento?

Sì, beh contento… quello che ho fatto mi va bene, insomma, però… uno vorrebbe fare sempre di più (sorride). Lavoravo, volevo vedere le cose e cercavo di entrare dentro, di aprire un varco, un varco per me. E poi, insomma, alla fine ne sono uscito abbastanza bene.

4 – E Con Morlotti ? Uscivate insieme a lavorare ? Dove andavate?

Uscivamo insieme a lavorare, e la sera mi diceva: “Domani mattina, passo a chiamarti, così andiamo a lavorare. ” Andavamo sù a lavorare in campagna, nelle campagne di Francesco Biamonti. E lui faceva il suo quadro e io facevo il mio, in quel momento dipingevo i muretti. Nello stesso luogo lui faceva una cosa e io un’altra, ognuno sceglieva le sue cose.
 
E poi Francesco Biamonti, ha scritto queste cose su di me, le spiegava bene,era una specie di poeta, un poeta in prosa. Eravamo amici, siamo sempre stati grandi amici sia con Morlotti sia con Biamonti, uscivamo insieme.

5 –  C’è un segreto del suo dipingere? Adesso ce lo può dire, no?

No, no…non ho segreti.
Ho sempre lavorato come sentivo le cose.
Non andavo a cercare cose che poi avrei dovuto ricominciare ad approfondire, quello che sentivo dentro di me lo facevo.
Non era semplice, ma era importante lavorare, lavorare molto, perché solo così si può arrivare a creare una piccola cosa, che esce fuori.
Ho sempre lavorato pensando alle cose giuste, che sentivo dentro.

6 – Molto belli i suoi titoli, pensi ad “Anfratti e luminescenze” e certe sue poesie, ci ricorda “Le rose”… ?

…I bianchi petali leggeri come nuvole al vento, ondeggiano al respiro del tempo.
La bellezza è solo un ricordo, i petali rimasti sono striati di ruggine, lo stelo stanco e tremante. S’incurva. Il tuo profumo l’ha rapito il cielo.

7 – E “Tracce”, le va bene come titolo della mostra?

(Gli occhi che si illuminano)
Tracce sì, sì,tracce mi piace anche perché c’è un qualcosa… un qualcosa che si infila dentro… uno si butta dentro queste cose e cerca di scavare, questi anfratti…
 
“ Come la fenditura nella roccia di un sogno lontano “
( Francesco Biamonti )
Eraldo Mussa
eralmussa@gmail.com

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