Nel 1930 Keynes prevedeva che entro 100 anni gli uomini avrebbero lavorato solo tre ore al giorno, tra sette anni non raggiungeremo questo traguardo ma la strada è segnata, il numero delle ore lavorate in Italia è in costante calo, dai 70 miliardi dell’inizio secolo ai 40 miliardi del 2019, in una nazione che nello stesso periodo ha quasi raddoppiato il numero di abitanti. L’intelligenza artificiale, da quando Chat GPT è diventata open e di domino pubblico, è diventata la star del momento, tutti ne parlano e commenti, saggi e convegni non si contano; le reazioni dividono le persone tra “Apocalittici”, che disegnano scenari distopici in cui gli esseri umani saranno prima soppiantati e poi dominati da SW e robot, e “Integrati” che immaginano futuri in cui vivremo grazie all’IA.

L’Economia della Creazione

Molte sono le persone che sprecano il loro tempo a dimostrare i limiti di Chat GPT, “le ho fatto scrivere una poesia di Carducci ma Carducci le scriveva meglio”, “non è stata capace di prevedere l’andamento della borsa” (sic). Si perdono così di vista i dati essenziali del problema, l’intelligenza artificiale, come scrive  il prof. Mario Rasetti nelle Nuove Parole del marketing, svolgerà la funzione di “ridare forma all’intero ventaglio di quella complessa catena di relazioni che lega il mondo della produzione al mercato, le aziende e i clienti”, e per certo assorbirà una parte considerevole del nostro lavoro e non solo di quello ripetitivo a basso valore ma anche quello dei White Collar, riducendo la necessità di lavoro umano.

Questa, lungi dall’essere una pessima notizia, potrebbe liberare l’uomo da impegni gravosi e lasciare il tempo per attività creative, entreremmo in quella che Alessandro Donetti definisce l’Economia della Creazione. Certo dobbiamo prepararci, il nostro modello educativo, sostanzialmente basato su un mondo analogico in cui la memoria, con conseguente immagazzinamento delle nozioni, è la variabile critica di successo, non è adeguato alla sfida che l’accelerazione esponenziale della tecnologia impone. Questo già oggi sta creando un fenomeno pesante di Analfabetismo Funzionale, persone anche di buona cultura che non hanno le skill di base per vivere nel mondo contemporaneo. Stiamo assistendo al sorgere di scuole a pagamento che forniscono elementi di base (Inglese, Scrivere e Parlare, Competenze Digitali) che ormai la scuola, chiusa nel suo formalismo gentiliano non è in grado di fornire. Questo avrà come conseguenza la perdita di valore del percorso scolastico e un progressivo abbandono, soprattutto dei ceti più abbienti e colti, verso forma di istruzione privatistica ed alternativa.

Questi sono i problemi di oggi, ma ci sono quelli di domani, rispetto ai quali siamo attualmente sprovvisti di chiavi di lettura ed interpretazione. Il primo è come remunerare le persone che di fatto non lavoreranno o lavorano molto meno e il secondo come gestire l’attuale identificazione del proprio io con il proprio ruolo nella filiera del lavoro. Tutto è iniziato con il fenomeno dell’urbanizzazione dopo l’anno mille. A partire da quel momento, con l’avvento della società mercantile prima e del capitalismo poi, la soluzione che abbiamo escogitato per condividere il valore, che si veniva a creare con l’attività di trasformazione capitalistica, è stato il salario. Una parte del valore restava all’imprenditore (profitto) e una parte veniva suddivisa tra i lavoratori sotto forma di salario. Questo sistema ha creato modelli organizzativi (sindacati), teorie interpretative della realtà, partiti e movimenti politici con forti tensioni sociali ma ha sostanzialmente permesso una evoluzione equilibrata della società e uno sviluppo del benessere.

Questione di equilibri

Eppure, con l’accentuazione dell’evoluzione tecnologica, le diseguaglianze nella suddivisione del valore tra i diversi soggetti sono diventate via via crescenti. Nel momento in cui il valore viene creato dalla tecnologia, lo stesso si trasforma sempre di più in profitto e sempre di meno in salario, creando gravi disparità sociali e un aumento dell’indice di Gini della equità sociale. L’IA e potrebbe creare delle differenze assolute, nel momento in cui di fatto non ci sarebbe più bisogno di persone che lavorano.

Questo a me sembra il problema a cui dobbiamo dare una risposta e su cui varrebbe la pena soffermarsi: come suddividere in maniera più equa il valore prodotto, nel momento stesso in cui questo in larga parte sarà prodotto dall’IA e non più dal lavoro umano. Ad oggi mi pare che ci siano sul tappeto due ipotesi, una che presuppone un ruolo determinante dello Stato, che acquisirebbe la quota fondamentale del valore, per poi ridistribuirlo (modello cinese) e un secondo modello, che traspare tra le righe di alcuni teorici come il filosofo come Maurizio Ferraris, che, valutando come questa nuova economia si basa sui dati che noi tutti contribuiamo a produrre, prevede forme di remunerazione in funzione del contributo alla produzione degli stessi.

Può darsi ci siano altre ipotesi, e per certo altre saranno sviluppate, ma questo sarebbe un modo più proficuo di sviluppare il dibattito su l’IA, piuttosto di illudersi di bloccarla o peggio ancora di deriderla come troppo spesso è dato leggere. Per certo la nostra capacità di stare al mondo non è solo definita dalle capacità del fare ma anche dalle capacità di introdurre un “ordine plausibile”. Oggi è evidente che l’accelerazione tecnologica sta imponendo un mondo e delle prassi per cui manca un modello interpretativo. Una fase economica (il capitalismo) si sta chiudendo e non si vede ancora all’orizzonte il profilo della nuova.

Riusciremo ancora a identificarci?

E proprio questo cambiamento di modello economico pone anche un problema piscologico ed antropologico cha va affrontato dalla cultura. Il capitalismo ha imposto il lavoro come esperienza fondamentale non solo formativa ed etica ma anche in grado di definire la posizione delle persone nella scala sociale, il lavoro ci qualifica e ci identifica dicendo moltissimo di noi in modo sintetico, “buon giorno sono Francesco Rossi avvocato”. Cosa succederà quando il lavoro non ci sarà più a identificarci? Saremo capaci dopo mille anni passati ad esser ciò che facciamo a identificarci in modo differente? Greci e Romani non lavoravano, per loro lavoravano gli schiavi, l’IA potrebbe essere la nuova classe di schiavi, ma questo apre dei problemi economici sociali e psicologici che dobbiamo cominciare ad affrontare in maniera non ideologica. Ragioniamo su come liberaci dal lavoro e vivere felici come diceva Hegel, piuttosto che voler svuotare il mare dell’IA con il cucchiaino della conservazione.

Domenico Ioppolo

Domenico Ioppolo è amministratore delegato di Campus (Gruppo Class) e direttore scientifico del Milano Marketing Festival. È stato Managing Director Emea di Nielsen Media, Ad di WMC, Initiave Media e...

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