Dopo intervista del 13 marzo a Bruno Segre in cui si è parlato di pace, L’Incontro torna a interpellare l’avvocato per fare chiarezza su un altro tema molto caro al nostro giornale.

Il secondo tema sul quale desidero intrattenermi con lei è quello del “socialismo”. Che cosa è, in breve, e perché nasce il socialismo?

“A prescindere da alcuni pensatori che potremmo definire ‘utopisti’ (basti pensare addirittura a Platone o a Tommaso Moro), i primi che introdussero idee socialiste furono Saint – Simon, Fourier, Proudhon e Lassalle nella Francia del 1800. Il socialismo si sviluppò soprattutto nella classe operaia allorché il progresso scientifico e la c.d. ‘rivoluzione industriale’ portarono alla creazione di industrie che necessitavano di un numero elevato di maestranze (anche donne e fanciulli): basti pensare alla tessitura, alle prime industrie meccaniche ed alle ferrovie.

I lavoratori erano uniti da identiche condizioni sociali di miseria estrema e povertà, vivevano in case e quartieri degradati e formavano la forza – lavoro per far muovere le macchine ed ottenere la produzione. Essi, come dirà bene Marx, non erano proprietari di altro che della propria ‘forza – lavoro’ che dovevano ‘cedere’ al datore di lavoro per salari modestissimi, al limite della mera sopravvivenza. Per queste ragioni il socialismo, che propugnava migliori condizioni di vita e di salario, se non addirittura l’eguaglianza materiale, iniziò ad avere successo tra i lavoratori”.

E in Italia cosa avvenne?

“Si può dire che gli ideali socialisti di eguaglianza sostanziale, di sostegno ai lavoratori, di tutela del lavoro dei minori e delle donne si svilupparono a fatica, a causa della grande arretratezza del nostro Paese, ove l’agricoltura era ancora, per la maggior parte, di mera sussistenza e le poche industrie erano concentrate in alcune regioni del Nord. Ancor prima di costituire un Partito socialista vero e proprio, il che avvenne solo nel 1892, crebbero in pratica, del tutto spontaneamente, forme di cooperazione tra i lavoratori che diedero vita alle prime ‘società di mutuo soccorso’ e/o ‘cooperative’.

Le prime erano associazioni che avevano lo scopo di assistere gli operai ammalati, gli indigenti, anche con scuole di formazione per uomini e donne ed anche di svago; mentre le cooperative, sia di lavoro sia di consumo, rappresentarono la prima forma di unione di lavoratori che si ponevano in concorrenza con gli imprenditori. Non posso dilungarmi oltre sulla storia del Partito Socialista Italiano che ebbe una vita lunga, drammatica durante il fascismo e tormentata da successive scissioni.

Posso solo concludere dicendo che l’ingresso del P.S.I., dopo molti decenni di opposizione, nell’area di governo, a partire dal 1962 in poi (1° governo MORO), non ha affatto portato al Paese quei frutti che ci si sarebbe aspettati e, anzi, ha poi contribuito a quella gravissima crisi che ha cancellato, negli anni ’90, praticamente tutti i Partiti tradizionali, cioè D.C., P.S.I., P.C.I., Partito Liberale ed altri, lasciando spazio a Berlusconi, alla Lega ed ai populisti, quali i 5 Stelle”.

Quale è la sua visione personale del socialismo e dei suoi meriti/demeriti?

“Aldo Schiavone, storico di valore internazionale, in un recente volume dal titolo “Sinistra! Un manifesto (Ed. Einaudi) afferma che “al pensiero progressista serve una rottura radicale. Con al centro una nuova idea di eguaglianza – svincolata dalle rovine del socialismo – e la visione di un mondo globale guidato non solo dalla tecnica e dai mercati, ma da un modello universale di cittadinanza oltre la cornice degli Stati”.

Schiavone correttamente individua le radici della crisi attuale, dal punto di vista storico, nella scomparsa del mondo di produzione tradizionale dell’800 e ‘900 e della stessa classe operaia che ne era il soggetto principale. Ora – continua Schiavone – i lavori sono ‘granulari, individualizzati, competitivi, a legami deboli e fluidi’, con la conseguenza che ‘nulla sarà più come prima’.

A mio avviso, i valori del socialismo – migliori condizioni di vita e sistemi di ‘welfare’ (quali sanità, pensioni, ecc.) – dovranno rimanere, ma non devono più essere i mezzi attraverso i quali regimi dispotici (quali l’URSS di Stalin) hanno in passato illuso le masse. Anche nei Paesi democratici è in crisi proprio il concetto socialista della solidarietà tra tutti i cittadini e/o tra le generazioni: basti pensare a ciò che sta avvenendo in Francia, dove invece di ideali di solidarietà sociale, appaiono prevalere forti egoismi personali. In definitiva anche se si potrebbero aggiungere molte altre considerazioni, non possibili in questa sede, non sono ottimista sul futuro del socialismo, né dei suoi ideali, anche in considerazione dei gravi errori e degli orrori che sono purtroppo avvenuti in passato”.

Alessandro Re

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