“Nemmeno l’ex fidanzato più violento riuscirebbe a uccidere una ninja”. Con questo titolo di un post che ho pubblicato sui miei social lo scorso 21 ottobre, ho sintetizzato, ricorrendo a un’iperbole, il mio pensiero sul dibattito scatenato dalla straziante morte di Giulia Cecchettin. Se parliamo di famiglie italiane normali (nel senso che non si trovino in situazioni di particolare disagio e non vivano in situazioni ambientali di grave degrado) i femminicidi non sono causati da modelli patriarcali più o meno annacquati e più o meno latenti.

La cultura maschilista (o, meglio, quel che ne rimane), non c’entra niente. Esiste una percentuale di persone che, indipendentemente dal sesso, soffre di turbe psichiatriche che possono portare anche a violenze omicide. I femminicidi sono più numerosi dei maschicidi (il tema meriterebbe comunque un approfondimento perché le statistiche sono contraddittorie) fondamentalmente perché le donne sono fisicamente più deboli degli uomini e quindi, in uno scontro, sono svantaggiate. Non sono gli uomini a essere più cattivi: il 57,5% dei bambini sotto i cinque anni uccisi, viene assassinato dalla mamma. Percentuale che si avvicina al 90% nel caso di bimbi sino a un anno d’età. Questi pazzi criminali uccidono chi è più debole.

Per questo la risposta al femminicidio non sta in corsi di educazione sentimentale, o in atteggiamenti paranoici, teorizzati da chi consiglia di non accettare mai l’invito di un ex fidanzato o di un ex marito. Capisco se l’ex ha dato segni di squilibrio, ma altrimenti è normale bere un caffè o uscire a cena con una persona con cui si è condivisa una parte di vita. La risposta sta nel sapersi difendere. Consiglio a tutte le donne di frequentare con impegno corsi di arti marziali. Meglio se estreme. Non parlo di qualche ora di palestra, ma di addestramenti massacranti che insegnino a combattere alla pari con chi è fisicamente più forte. Carla Bortolotti, attivista, che i nostri lettori conoscono per i suoi articoli a difesa degli animali, mi ha scritto: “ È esattamente quello che sostengo da sempre. Avessi avuto una figlia sarebbe diventata un’arma a due gambe! Bisogna sapersi difendere e per farlo bisogna saper picchiare più di un fabbro”.

Risparmiamoci discorsi politicamente corretti, lasciamo stare le ideologie e prendiamo in considerazione solo una cosa: se Giulia, che ha tentato di difendersi disperatamente (come testimoniano le ferite alle braccia) fosse stata una maestra di arti marziali, probabilmente non sarebbe morta, mentre Filippo sarebbe in ospedale. O, forse, non sarebbe stata nemmeno assalita. Perché questi squilibrati criminali (uomini o donne che siano), saranno probabilmente pazzi, ma non sono scemi e ci pensano due volte prima di aggredire chi ha lo sguardo e la postura da combattente. Perché le arti marziali forgiano non solo il corpo, ma anche lo spirito.

Per questo, ritengo che gli uomini non abbiano niente da rimproverarsi per la triste fine della povera Giulia. Del resto, non ricordo di aver letto che tutte le mamme avrebbero dovuto vergognarsi per l’orrendo delitto di Annamaria Franzoni, che spaccò la testa a Samuele, il figlioletto di tre anni. Così non rammento nemmeno, al tempo del delitto di Maurizio Gucci (uno dei casi di cronaca nera più famosi degli anni Novanta) che  presunti maître a penser avessero teorizzato che la colpa del delitto di Patrizia Reggiani (tra l’altro, delitto premeditato e non commesso in preda a un raptus)  andasse  ricercata nell’avidità e nell’arrivismo delle donne. Insomma in una diffusa cultura femminile per cui, pur di non perdere il proprio status, si potesse arrivare a commissionare l’omicidio del marito.

Milo Goj

Milo Goj

Milo Goj, attuale direttore responsabile de L’Incontro, ha diretto nella sua carriera altri giornali prestigiosi, come Espansione, Harvard Business Review (versione italiana), Sport Economy, Il Valore,...

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